Lorenz, la violenza e l'uomo preistorico

12 marzo 2004
Alberto Giovanni Biuso
Fonte: GUERRA, AGGRESSIVITÀ E VIOLENZA
http://web.tiscali.it/carpanix_main/html/guerra.htm

“C’è del marcio nella specie Homo Sapiens” (Otto peccati, 127). Questa è la semplice, financo banale, ma importantissima constatazione da cui parte Konrad Lorenz per descrivere i rischi e le storture di cui è vittima l’umanità contemporanea. I più importanti fra essi sono: la sovrappopolazione che scatena aggressività , la devastazione dello spazio vitale, la competizione esasperata fra gli uomini, il venir meno dei sentimenti, il deterioramento dello stesso patrimonio genetico, il rifiuto violento della tradizione, l’indottrinamento esasperato, le armi nucleari (Otto peccati, 137).

Con aggressività si intende il conflitto intra-specifico, diretto contro membri della stessa specie e non quello delle varie specie fra di loro (inter-specifico). La lotta per la sopravvivenza, di cui parla Darwin, è appunto questa ed è la sola che faccia progredire l’evoluzione. Senonché tale lotta è diventata “nell’attuale situazione storico-culturale e tecnologica dell’umanità il più grave di tutti i pericoli” (Aggressività, 66). La concorrenza sfrenata fra gli uomini per l’utilizzo delle risorse rischia, infatti, di cacciare l’evoluzione in un vicolo cieco non-funzionale e dunque potenzialmente autodistruttivo.

Lorenz cerca prima di tutto di spiegare i nessi causali che hanno condotto a un simile risultato. Tutti i grandi predatori hanno dovuto sviluppare, nel corso della filogenesi, una radicale inibizione a usare le loro potenti armi naturali contro membri della stessa specie, pena l’inevitabile estinzione. Un lupo, ad esempio, non ucciderà mai un altro lupo che gli offre la gola in segno di sottomissione, e basterebbe un semplice morso. Qui l’inibizione è fortissima e agisce sistematicamente. Nell’uomo invece essa è assente in quanto egli è privo di armi naturali con le quali possa, in un sol colpo, uccidere una grossa preda: “nessuna pressione selettiva si formò nella preistoria dell’umanità per generare meccanismi inibitori che evitassero l’uccisione di conspecifici finché, tutto d’un tratto, l’invenzione di armi artificiali portò lo squilibrio fra la capacità omicidiale e le inibizioni sociali”( Aggressività, 314-315). Da qui il proliferare patologico di una violenza senza freni, esercitata mediante armi che colpiscono da lontano e in modo anonimo, rafforzata dall’evidente contrasto fra la nobiltà dei valori etici -come la tolleranza e il cosmopolitismo- e il permanere di istinti fondamentali e atavici come la difesa del proprio gruppo e del proprio territorio contro qualunque invasore ed ogni possibile minaccia.

PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.15 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)