La responsabilità sociale degli scienziati

Più si sviluppa la scienza, più c’è bisogno di pace

Oltre a essere un imperativo morale, la pace è una necessità affinché un mondo altamente tecnologico come quello occidentale possa sopravvivere. Più cresce la scienza, più si sviluppa la tecnologia, più c’è bisogno di pace.
29 dicembre 2004
Vincenzo Balzani (Dipartimento di Chimica Ciamician, Università di Bologna)

La Scienza

La scienza, attività umana che usa la ricerca per produrre conoscenza, è uno degli strumenti più importanti per cercare di capire come funziona il mondo. Gli scienziati per lungo tempo sono stati essenzialmente esploratori della natura. Poi, man mano che hanno accumulato conoscenza hanno iniziato a fare cose nuove, a inventare oggetti e processi che non esistono in natura e che quindi vengono chiamati artificiali. E’ nata così la tecnologia, che può essere considerata il braccio (purtroppo, spesso il braccio armato) della scienza. La tecnologia oggi tocca, direttamente o indirettamente la vita di tutti, basti pensare alle materie plastiche e alla televisione.
La scienza, intesa come sapere ha caratteristiche di oggettività e rigore. Per esempio, per conoscere come funziona il processo di fotosintesi nelle piante si sono fatti esperimenti e si è verificato che nelle foglie c’è un pigmento, la clorofilla, in grado di assorbire la luce del sole e di iniziare una reazione chimica di trasferimento elettronico. Tutti gli scienziati, atei o credenti, di destra o di sinistra, che hanno studiato la fotosintesi sono giunti a questa conclusione. In questo senso, per quanto riguarda il sapere, la scienza è neutrale proprio perché rigorosa e oggettiva.
La scienza, però, non è solo sapere, è anche agire e lo scienziato, come un qualsiasi altro uomo, agisce in base a fini e valori, che non sono mai neutrali. Per esempio, uno scienziato può svolgere ricerche per capire come funziona la fotosintesi, o può fare ricerche per creare nuove armi.
Si potrebbe obbiettare che se la ricerca applicata non può essere neutrale, lo deve però essere la ricerca pura, il cui fine è semplicemente quello di scoprire tutte le verità. In realtà anche la ricerca pura, quand’anche fosse veramente tale (ed è difficile che lo sia) non può essere esente da un giudizio etico concernente l’agire, in riferimento al modo in cui opera e alle risorse che usa. Il primo punto riguarda particolarmente (ma non solo) il campo medico e le biotecnologie, dove per fare ricerca bisogna agire su esseri viventi. Ogni ricerca volta a studiare come funziona la vita implica una manipolazione della vita stessa, così che la ricerca del sapere è strettamente intrecciata a un agire che potrebbe non essere lecito.
Riguardo le risorse impiegate, bisogna ricordare che la ricerca scientifica, anche quella pura, è oggi molto costosa, particolarmente in certi settori. Per esempio, nel campo della fisica delle alte energie (ricerca pura?) si usano apparecchiature molto sofisticate e costose, lunghe decine di chilometri; e per portare un uomo su marte (ricerca pura?) bisognerà stanziare miliardi di euro. Poiché i finanziamenti che una nazione può dedicare alla ricerca sono limitati, ne deriva che se si privilegiano certe ricerche non se ne possono finanziare altre.
Ecco dunque che anche la ricerca pura pone questioni etiche. Nella ricerca scientifica sapere e agire sono sempre fortemente intrecciati, per cui la scienza non è mai neutrale.

La Tecnologia

Se la scienza è fatta di sapere e di agire, a volte con predominanza del sapere, la tecnologia è essenzialmente agire. La tecnologia, infatti, è applicazione delle scoperte scientifiche volte alla costruzione di oggetti, macchine e congegni che abbiano una funzione. E’ ovvio che la tecnologia può essere molto pericolosa; questo vale per le sue invenzioni più recenti e più complesse (un computer può essere usato per controllare la sala di rianimazione di un ospedale o la batteria di missili di un incrociatore), ma anche per quelle più antiche e più semplici (un coltello può essere usato per tagliare il pane o per uccidere un uomo). Non si possono e non si devono mettere al bando computer e coltelli; bisogna però usarli bene. Gli scienziati non sono responsabili per l’agire malvagio che trae origini dal loro sapere, ma prima e ancor più di tutti gli altri cittadini, devono intervenire nell’arena politica e sociale per bloccare i modi di agire malvagi.

La Pace

Quanto sopra esposto si collega direttamente al tema della pace. Secondo la definizione data dai vocabolari (“pace è la situazione contraria allo stato di guerra”) e il pensiero comune (“Per amor di pace”, “mettersi il cuore in pace”, “lasciare in pace”), pece è il sinonimo di condiscendenza, tranquillità, quieto vivere, rassegnazione; in altre parole, è una situazione statica, è mancanza d’azione.
In realtà la pace vera è tutt’altro: non è vivere isolati in un guscio o chiusi in una torre d’avorio; non è rinuncia, ma è azione, anzi è relazione positiva col mondo. La pace, quella vera, porta a ricercare la verità, a esercitare giustizia, a vivere nella libertà, a perdonare le offese, ad amare il prossimo e a praticare la misericordia. In una parola, pace significa agire secondo principi etici. Allora, se l’agire della scienza e della tecnologia s’interfaccia all’agire della pace, il mondo sarà più giusto e più solidale; se invece l’agire della scienza e della tecnologia s’intreccia all’agire della guerra, della menzogna, della sopraffazione, del menefreghismo e dell’odio, la Terra diventerà un luogo inabitabile. Di fatto, inabitabile lo è già per il miliardo di persone che soffrono per la fame e per la povertà.

Più si sviluppa la scienza, più c’è bisogno di pace.

Il biologo Stephen J. Gould, parlando della situazione dell’umanità, ha introdotto un concetto molto interessante indicato come “la grande asimmetria”: la tragedia umana, e anche la fonte della grande potenzialità cattiva della scienza, sta nel fatto che la realtà, le leggi naturali, sono caratterizzate da una grande asimmetria. Per fare qualcosa di buono, ci vuole molto tempo; per rovinare tutto basta un attimo. Così la biblioteca di Alessandria, dove erano raccolte le conoscenze di un millennio, è stata distrutta in un giorno di fuoco; e un attentato può compromettere in un attimo anni di colloqui di pace.
Questo concetto è quanto mai attuale. Negli ultimi decenni si è avuto un forte sviluppo della scienza e, di conseguenza, della tecnologia; basti a pensare ai trasporti aerei, ai computer, ai telefoni. Nello stesso tempo è diventato praticamente impossibile controllare le frontiere (sbarchi degli immigrati), gli aeroporti (11 settembre 2001), persino le caserme dei soldati (strage di Nassirya). E ci si è accorti che basta un nulla- un albero che cade o altri piccoli incidenti -per causare blackout disastrosi anche nelle nazioni più avanzate. Tutto questo dimostra chiaramente che i sistemi tecnologici che sorreggono il mondo occidentale, pur essendo molto funzionali ed efficaci, sono per contro estremamente fragili e vulnerabili. E’ illusorio pensare che il benessere possa essere difeso con le guerre perché le guerre seminano odio, l’odio alimenta il terrorismo e il terrorismo ha buon gioco proprio per la fragilità delle nostre strutture.
Questo significa che la pace, oltre ad essere un imperativo morale, è una necessità dal punto di vista puramente logico:o si vive in relazione positiva con tutto il mondo, o il sistema su cui si basa lo sviluppo della civiltà occidentale è destinato ad entrare in crisi.
Si potrebbero fare tanti altri esempi, tutti a sostegno di questa conclusione: un mondo altamente tecnologico come quello della civiltà occidentale può sopravvivere solo nella pace. Più cresce la scienza, più c’è bisogno di pace.
Ma ci può essere la pace in un mondo dove l’uno per cento più ricco della popolazione mondiale dispone di ricchezze pari a quelle del 57 per cento più povero? Dove un quarto della popolazione mondiale vive con meno di un dollaro al giorno(ma nell’Unione europea gli agricoltori ricevono tre dollari al giorno per ogni mucca che allevano)? Dove in certi paesi (Italia) c’è un medico ogni 169 persone e in altri (Ciad e Eritrea) uno ogni 50.000? Dove ogni statunitense consuma energia come circa dieci cinesi, venti indiani o trenta africani?
Ci può essere pace in un mondo dove, pur scarseggiando le risorse e aumentando in modo drammatico l’inquinamento, siamo esortati “a consumare di più” e a rottamare cose ancora funzionanti.
E’ evidente che bisogna cambiare con urgenza l’attuale modello di sviluppo, come sostengono con forza gli scienziati più illuminati.
L’unico modo per andare verso un mondo più pacifico è che ci sia più solidarietà; bisogna che le risorse della Terra siano equamente condivise. Perché questo non comporti un sostanziale abbassamento del livello di vita a cui siamo abituati noi, abitanti del mondo ricco, bisogna che la scienza faccia altri passi avanti e che si sviluppi ancor più la tecnologia: una tecnologia buona, volta ad un uso migliore delle risorse ( prima tra tutte , l’energia solare) che sono disponibili su questa astronave, chiamata Terra, che vaga nello spazio infinito e che è l’unico luogo che c’è stato dato per vivere.

Note: http://www.ciam.unibo.it/photochem/balzani.html
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