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Per il rilancio della città il Sindaco scelga un grande City Manager

Intervista al prof. Pirro, Docente di storia dell’industria apparsa sul Corriere del Giorno del 170607 e risposta della locale sezione del PDCI: "Pirro non conosce il programma di Stefàno"
23 giugno 2007

22062007(01) - Taranto vista dal mare L’intervista rilasciata al Corriere da Fabrizio Nardoni, responsabile del Centro studi di Confindustria Puglia e imprenditore edile, non ha lasciato indifferente il prof. Federico Pirro. Docente di Storia dell’Industria all’Università di Bari, consulente di grandi imprese private e della Provincia di Lecce ed ex responsabile, fra il 1995-2000, della task force regionale per l’occupazione con la presidenza di Salvatore Distaso, il professor Pirro è da sempre attento alle dinamiche che riguardano l’intera area ionica e di Taranto in particolare. Professor Pirro, come giudica la proposta di Confindustria di attribuire un assessorato ad un rappresentante del mondo delle imprese?

«In termini assolutamente positivi, perché dimostra che il mondo imprenditoriale locale ha piena consapevolezza del ruolo che può (e deve) svolgere per un grande rilancio della città. Poi, certo sarà il sindaco – cui vanno i miei personali auguri per il difficile ma esaltante compito cui è stato chiamato – a decidere se, chi e con quale delega un imprenditore possa essere chiamato a fare l’assessore. Ma per il presente e i futuro di Taranto non si può prescindere da imprese e sindacati. L’area dispone di una Confindustria forte e di altre associazioni di categoria qualificate. Le si chiami a raccolta, su programmi chiari e senza indugio».

Taranto è città del dissesto, dell’emergenza occupazionale e di quella ambientale. Secondo lei la città dei due mari offre soltanto ombre?

«Solo ombre lei mi chiede? Ma Taranto è una delle grandi capitali mediterranee ed europee dell’industria moderna! Non lo dimentichi nessuno, neppure per un istante. Nella sua area industriale è in esercizio l’Ilva, la più grande fabbrica manifatturiera per numero di dipendenti diretti d’Italia, che supera anche la Fiat Mirafiori a Torino, oltre che il più grande stabilimento siderurgico a ciclo integrale d’Europa. Da Taranto partono tubi e coils per l’industria italiana dell’auto, della cantieristica e degli elettrodomestici e per i grandi oleodotti mondiali. Ma in città operano anche, pur con i loro problemi, il più grande Arsenale della Marina Militare con quello di La Spezia, una delle maggiori raffinerie italiane che sta per essere raddoppiata dall’Eni nella sua capacità di lavorazione, la Cementeria, la Vestas – più grande fabbrica in Italia di aerogeneratori – la centrale dell’Edison, l’Evergreen, un vasto indotto impiantistico di imprese metalmeccaniche, aziende agraolimentari, aziende di terziario avanzato, dinamiche aziende edili come quella del dott. Nardoni che acquisisce lavori anche in Toscana. E poi non ci è accorti che vi sono imprese impiantistiche, come ad esempio il Gruppo Cemit, che stanno riportando la produzione di moduli off-shore sugli yard del porto? Gli abitanti di Taranto devono tornare a sentire l’orgoglio di questa loro antica civiltà del lavoro industriale».

Nell’intervista rilasciata al Corriere da Fabrizio Nardoni, il rappresentante di Confindustria parla della necessità di un riassetto urbanistico della città. Lei condivide questa necessità?

«Direi proprio di sì, innanzitutto verificando l’impiego dei fondi che erano stati destinati alla città nell’Atto di intesa con Regione e Ilva. Erano 56 milioni di euro. Sono stati impiegati? Quando poi saranno recuperate le aree del demanio militare, se ne decida rapidamente l’utilizzo – senza dibattiti sfiancanti che durano anni – e si mobiliti il capitale privato locale, nazionale e internazionale. Come arriveranno con il progetto Westland 900 milioni di euro sul porto per il secondo terminal container e annesso distretto tecnologico – sperando che tutti gli enti competenti ne accelerino al massimo le procedure autorizzative - così ne possono arrivare altrettanti su grandi aree urbane da destinare anche a strutture turistiche in collegamento, fra l’altro, con i grandi poli di Castellaneta e del Salento, nell’ottica, appunto, del Grande Salento».

Il sindaco Stefàno eredita una situazione difficile. Da dove gli suggerisce di cominciare.

«Ovviamente da una buona, ordinaria amministrazione, utilizzando cronoprogrammi di lavoro e di delibere, precisi nei tempi e nelle modalità di attuazione. Si scelga un grande city manager – un lavoratore instancabile che voglia lavorare con il sindaco anche il sabato e la domenica - di sua assoluta, totale fiducia e non guardi in faccia nessuno nello sceglierlo. Deve essere il dott. Stefàno a farlo e basta. Non indulga poi alla cultura del dissesto. Anche Napoli lo è stata per lunghi anni, eppure Bassolino la fece rinascere, con l’aiuto dello Stato, certo, ma anche lavorando sodo con le energie locali».

Taranto capitale dell’acciaio ma con grandi potenzialità turistiche e un porto che potrebbe
essere utilizzato meglio.

«Certo. A Taranto – che deve restare grande capitale dell’industria del Mediterraneo – si potrebbe puntare anche ad un arricchimento del tessuto produttivo proprio con il turismo, ovvero l’industria dell’ospitalità, come giustamente dice l’assessore regionale Ostillio. Fra Museo della Magna Grecia – e speriamo che a fine anno si riapra nella sua sede storica –, centro storico, Castello aragonese, Museo dell’Arsenale, il Vittorio Veneto se diventerà Museo del Mare, con l’Università, con un grande Museo dell’industria e del lavoro - dalla tradizione “arsenalotta” ai giorni nostri –, i riti della Settimana santa e con un grande Acquario (sul modello di quello di Genova) Taranto potrebbe tornare ad essere capitale “turistica” della Magna Grecia con, ripeto, la collaborazione, l’apporto e le sponsorizzazioni delle grandi industrie moderne e non contro di esse, come vorrebbe qualche estremista dell’ambientalismo locale».

E il porto?

«Il porto, a sua volta, è una struttura gigantesca, il secondo d’Italia nel 2006 per merci movimentate con oltre 49 milioni di tonnellate. Se lo si volesse, si potrebbero creare nel suo ambito non meno di 5.000 nuovi posti di lavoro, nei prossimi quattro anni se tutti faranno presto e bene il loro dovere». Il dissesto ha creato sofferenze nelle piccole e medie imprese tarantine molte delle quali sono state costrette a delocalizzarsi.

Cosa bisogna fare per riportarle in riva allo Jonio?

«Dare certezze di programmi e di tempi di attuazione, ponendo fine fra l’altro, e subito, ad una sorta di guerra civile permanente da parte di certi settori locali contro le grandi imprese e il loro impatto ambientale ma non può portare ad una criminalizzazione permanente come qualcuno vorrebbe di grandi imprese, dirigenti e proprietari».

Quanto è importante secondo lei poter contare su una macchina amministrativa efficiente
e motivata?

«Ovviamente tanto. Consiglierei al sindaco, dopo avere scelto un grande city manager, di seguire personalmente, passo passo, di scrivania in scrivania, oserei dire, l’iter di delibere e atti decisi in giunta. La trasparenza dovrà essere assoluta, è ovvio, ma bisogna ribadirlo sino alla noia. Ma il sindaco ne è perfettamente consapevole».

Taranto ha un futuro?

«Ma Taranto ha già un grande presente! Non è una battuta la mia, mi creda. L’Italia ha bisogno dell’industria tarantini – senza la quale dovrebbe importare beni dall’estero - e allora deve aiutare Taranto, ma non in logiche di pura assistenza. Taranto produce ricchezza per l’intero Paese. E giusto allora che l’Italia se lo ricordi e restituisca, sia pure in parte, a Taranto quanto essa offre in termini di pil ogni giorno al Paese».

Il raccordo tra enti è importante. Intanto c’è il rischio che alla Provincia si apra la crisi.

«Per questo mi sento di dire: si conservi il governo della Provincia. Il presidente Florido è stato sconfitto, certo, ma rimane per storia e prestigio personale una risorsa per la città e la sua provincia».

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Il PDCI risponde "Pirro non conosce il programma di Stefàno"

22062007(02) - Taranto vista dal mare Sorprende, ma non troppo, il contenuto dell’intervista del prof. Pirro al Corriere del Giorno di domenica 17. Egli ripresenta, esattamente nel metodo e nei contenuti, il programma uscito sconfitto del ballottaggio per l’elezione del sindaco di Taranto. Come non accorgersi,ci chiediamo, a differenza di ciò che lui afferma, che Taranto è sì una grande capoluogo del meridione d’Italia ma che da decenni vede un’enorme crescita delle aziende collocate sul suo territorio ma non il corrispondente sviluppo del comune che è il vero parametro di riferimento per noi cittadini?”. Una crescita economica senza sviluppo”, cita infatti il programma del sindaco Stefano! Taranto “vede” solo transitare enormi ricchezze per la produzione dell’acciaio, della raffineria, del cementificio, dell’energia elettrica ed altro a fronte del ritorno di modesti salari tra i più bassi d’Europa e di una percentuale di disoccupati tra le più alte della Puglia! Oggi si raddoppia la produzione Eni a fronte di qualche decina di posti di lavoro con la costruzione in essa di una grande, sproporzionata, centrale termoelettrica. S’investono 600 milioni d’euro in Ilva per la costruzione di un’altra mega centrale che costituirebbe il sogno realizzato da qualche politico locale e dal prof. Pirro della creazione di un gran polo energetico in aggiunta a quello brindisino. Come non ricordare, il disegno sarà riproposto, che tutto dovrebbe essere “condito” da un rigassificatore necessario a tale progetto?

Il prof. Pirro dimostra di conoscere molto bene il programma di qualcun altro ma non del sindaco Stefàno! Con lui è chiaramente indicata la via d’uscita dai grandi mali che assediano da decenni la nostra città. La rinascita economica deve essere anzitutto della città, della sua gente, il riscatto sarà per questo anche sociale e morale! Abbiamo dato tanto, forse troppo, agli interessi nazionali sinora, oggi contribuiamo alla grande economia privata surrogata dal mercato, è il momento riteniamo di essere risarciti. Vogliamo recuperare il capitale naturale, la ricchezza di noi tutti, che ci è stata depredato. Vogliamo imporre il principio sacrosanto che nessuno si possa sentire padrone in casa sua, quando in gioco c’è la proprietà di tutti, quella rappresentata dall’aria che respiriamo, dall’acqua del nostro mare, dal sottosuolo delle aziende che inquinano, dalla salute e dalla vita dei nostri giovani che lì lavorano, in due parole chiediamo rispetto e dignità! Per questo nel programma è ben specificato che l’Atto d’Intesa va riscritto e concordato con chi finalmente legittimamente rappresenta oggi la città. Non ci affascina il “riassetto urbanistico” delle aree demaniali da dismettere. Non siamo tra coloro che vogliono “criminalizzare” le grandi imprese che operarono in loco per via del grande ed innegabile impatto ambientale. Noi vogliamo aggredire i problemi per risolverli non chi li produce. Vogliamo, però il rispetto delle leggi che prevedono la tutela dell’ambiente e quindi della salute dei lavoratori e dei cittadini che vogliamo e dobbiamo rappresentare. Esigiamo,da subito, strumenti di monitoraggio e controllo dell’aria che respiriamo a tutela di tutti. Vogliamo investimenti, quindi occupazione e benessere,che vadano solo in questa direzione, un indotto che cresca in sinergia con la grande industria e compatibile con la nostra vera “antica civiltà del lavoro” a cui il prof. Pirro, storico dell’industria, dice di richiamarsi.

Ci sembra assolutamente improponibile la presenza nella futura amministrazione comunale di rappresentanti di confindustria, come apertamente sollecitato dal professore. Occorre invece aprirsi ai soggetti competenti nei vari comparti facente parti dell’associazionismo, delle organizzazioni democratiche, del volontariato, gente semplice che vuole dare senza ricevere nulla in cambio se non l’orgoglio di partecipare alla rinascita della nostra città. Ad ognuno il proprio compito, ruolo e dovere. Noi faremo certamente il nostro.

Comitato Cittadino
sezione “Latanza”
PdCi Taranto

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