"Taranto da Cito a Di Bello", ancora un libro su Taranto.
C'è più d’un motivo per procurarsi e divorare Il corpo e il sangue d’Italia, una cavalcata attraverso il Belpaese, scandagliandone l’identità sommersa, che minimumfax ha affidato ad otto giovani scrittori, un réportage con taglio narrativo di agevole lettura e contenuto assai duro. Intanto, degli otto ben due sono tarantini d’origine, anche se ormai vivono felicemente nella capitale (sigh!).
Poi, ambedue parlano di Taranto, in apertura e chiusura del libro («omaggio» all’essere la nostra città il paradigma dei mali e delle follìe del XXI secolo all’italiana). E se Ornella Bellucci, giornalista militante, trascorsi a Primavera Radio Taranto, collaborazioni con Radiotre Rai (in questi giorni, dal 19 al 30 novembre, va in onda ogni sera alle 20 una sua interessante serie su Moravia), affronta, per la prima volta su scala di pubblico nazionale, la questione del conflittuale rapporto Ilva/città, Alessandro Leogrande, saggista e segretario di redazione delal rivista Lo Straniero, ci racconta il ritorno di Cito, attraverso il candidato sindaco ectoplasmico, il figlio mai apparso, arrivato quasi al ballottaggio, prendendo le mosse da una sorta di intervista postuma con l’ex braccio destro di Cito ed ex sindaco Mimmo De Cosmo, scomparso pochi giorni dopo la lunga chiacchierata.
Inquietante la profezia di De Cosmo, che Leogrande ammette suo malgrado di trovarsi a condividere, e che pochi giorni fa è stata nella sostanza rilanciata, dopo la defenestrazione, dall’ex vicesindaco Carrozzo: «chiunque vinca le elezioni, dopo sei mesi il Comune sarà assaltato, arriverà proprio la folla... e dopo altri sei mesi cadrà e si tornerà a votare. Taranto è ormai una città finita». Nelle migliori librerie a 16 euro. Di taglio storico-cronachistico, invece, il libro di Pinuccio Stea, dirigente politico di Sinistra col pallino dell’investigazione storico- politica, terza parte della sua storia contemporanea della nostra città attraverso le vicende dell’amministrazione comunale.
Dopo gli anni della giunta Cannata e quelli da Cannata a Cito, siamo arrivati agli anni più recenti: Taranto da Cito a Di Bello, con presentazione di Roberto Nistri e prefazione di Beppe Vacca ed un illuminante sottotitolo: come «gioiosamente» si dissesta un Comune. 1994/2006. «L’ottica prevalente - specifica l’autore - è sempre quella del rapporto tra le forze politiche, in anni segnati da profondi mutamenti, dopo l’inchiesta “Mani pulite”, che modificarono lo scenario politico», con trasformazioni, scissioni e scomparsa di partiti tradizionali, il passaggio dal proporzionale al maggioritario e la nascita di Forza Italia, «con la scesa in campo di un imprenditore, Silvio Berlusconi, il cui obbiettivo era quello di opporsi alla possibile affermazione della sinistra ». Il maggioritario debutta nelle politiche ‘94 «con l’affermazione di Silvio Berlusconi che portava nel governo i post fascisti di Gianfranco Fini».
«A Taranto - evidenzia Stea - la vittoria di Giancarlo Cito si dimostrava non una parentesi nella vita cittadina, ma il prologo ad un’operazione politica che rendeva strategicamente stabile la presenza della destra al governo della Città, sino al disastroso epilogo dell’esperienza Di Bello sfociata nel dissesto e nel fallimento del Comune di Taranto. I nodi fondamentali della vicenda di questi anni a mio parere sono:
1) il rapido declino di Cito causato anche da un cumulo di errori derivanti dal suo sentirsi “onnipotente” ed il conseguente avvio dell’operazione politica che, traghettando l’elettorato di Cito, porterà ad una stabilizzazione del centro-destra con l’avanzare di gruppi dirigenti complessivamente rinnovati;
2) le comunali del ‘96 con la vittoria di Gaetano De Cosmo su Ezio Stefàno, sia per come quella campagna elettorale si sviluppò e si concluse, sia per il dibattito che nel centro-sinistra si sviluppò determinando un orientamento preciso nel rapporto da costruire col centro-destra;
3) le elezioni del 2000 (punto d’approdo dell’analisi fatta soprattutto da settori importanti del centro-sinistra negli anni successivi alla sconfitta del ‘96) che videro la vittoria della Di Bello di fronte ad un candidato del centro-sinistra assolutamente inadeguato e che sembrava oggettivamente predestinato alla sconfitta».
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