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C’è una Taranto che scrive, e c’è una Taranto di cui si scrive.

Dagli Ulivi agli Altiforni, cosi Taranto è cambiata

Fra il dissesto, la diossina, le morti bianche, l’altissima incidenza tumorale, la sfida elettorale dello scorso anno tutta a Sinistra, Taranto è diventata una location perfetta per romanzi, saggi, telefilm e film.
6 gennaio 2008
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno

Ulivi secolari di Puglia C’è una Taranto che scrive, e c’è una Taranto di cui si scrive. Fra il dissesto, la diossina, le morti bianche, l’altissima incidenza tumorale, la sfida elettorale dello scorso anno tutta a Sinistra, che sembrava riproporre lo schema del primo anno dell’elezione diretta dei sindaci, il ‘93, Taranto, per parlare nell’Itangliano tipico di questi nostri tempi, è una location perfetta per romanzi, saggi, telefilm e film (anche se il versante televisivo e cinematografico è largamente sottodimensionato rispetto alle potenzialità).

Fra le iniziative editoriali più interessanti dedicate alla nostra città (o anche alla nostra città) ci sono due lavori a più mani: Il corpo e il sangue d’Italia, edito da minimum fax, otto inchieste sulla nostra Italia sconosciuta di otto giovani narratori e saggisti, a cura di Christian Raimo, con i testi di apertura e chiusura (di Alessandro Leogrande e di Ornella Bellucci) centrati su Taranto, e il monumentale primo tomo del volume terzo della storia tarantina contemporanea (dall’Unità d’Italia, per capirci) pubblicata dai fratelli Mandese, librai- editori in Taranto.

Dopo La città al borgo, incentrato sulle vicende urbanistiche, economiche e culturali di fine Ottocento e della Belle Epoque, e Taranto da una guerra all’altra , che abbraccia la prima metà del Novecento, apparsi nel 1983 e 1986, con un salto di oltre una ventina d’anni, siamo arrivati a Taranto dagli ulivi agli altiforni (656 pagine, 60 euro), a cura di Roberto Nistri, uno dei pochissimi superstiti della redazione dei primi due volumi.

Il libro, sul quale ovviamente ritorneremo, prende in esame il nesso politica/cultura nel cruciale periodo fra la fine della II Guerra Mondiale (anzi, per quel che riguarda Taranto, dal 1943 in cui arrivano gli Alleati e si forma il «Regno delle quattro Province», con capitale a Brindisi, cobelligerante contro i Tedeschi e contro i loro alleati della Repubblica Sociale Italiana) ed i primissimi anni Sessanta, quando decolla l’industrializzazione. A corredo del testo numerose fotografie (anche se non ci sembra del tutto felice la soluzione del portfolio fotografico in coda ai saggi), alcune rare e molto belle, talune, ahinoi, sgranate e riprodotte non al meglio. Molte di queste foto vengono dagli archivi di uno dei più grandi fotografi e fotoreporter italiani della seconda metà del Novecento, il «nostro» Ciro De Vincentis, autentico «mago» come ebbe a definirlo (scusate...) Giuseppe Ungaretti in una sua venuta nella nostra città per il Premio Taranto.

I saggi sono ineguali per dimensioni ed attualità, danno l’idea di un lavoro più antologico che preordinato, ma nella miseria estrema in cui è piombata Taranto (anche le varie istituzioni delle quali campeggiano i saluti nelle prime pagine non è che abbiano contribuito più di tanto...) non si poteva fare diversamente. La diseguaglianza si trasferisce quindi anche nello spazio accordato ai vari temi, che prescinde del tutto dalla gerarchia della notizia (basti dire che le occorrenze di Antonio Rizzo e della sua Voce del Popolo oltrepassano alla grande quelle di monsignor Motolese, per non dire dei protagonisti, politici no, della ricostruzione prima, dell’industrializzazione poi, o del quotidiano tarantino, quel Corriere del Giorno che fu per decenni l’unico quotidiano meridionale fuori di Napoli e Bari).

Matteo Pizzigallo ripubblica, in sintesi, suoi antichi scritti su Taranto e l’industrializzazione; Francesco Terzulli traccia una cronistoria che parte dagli anni dell’occupazione militare alleata e si estende fino al 1965 (decisamente, la parte più intrigante e meglio riuscita è quella sugli anni dal ‘43 al ‘48); Vittorio De Marco indaga sul rapporto tra Chiesa e città; Roberto Nistri tenta una indagine sul rapporto politica/cultura, ma non si occupa quasi per niente delle importantissime dinamiche interne nelle forze politiche e sindacali di quegli anni cruciali, preferendo soffermarsi sulla pur interessante vicenda della nascita e morte di iniziative culturali di quei tempi (Premio Taranto ecc.).

Sullo specifico delle arti 1947/69 si sofferma Antonio Basile, mentre Daniela De Vincentis rilege le vicende degli anni Quaranta e Cinquanta, e dei primissimi Sessanta, attraverso gli scatti di suo padre, Ciro, che corredano anche altre sezioni del libro.

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