Sasso: «Diossina impressionante il rapporto Arpa»
«Proprio questa mattina (ieri, ndr) ho riletto il rapporto dell’Ar pa sulle emissioni in atmosfera di diossina provenienti dall’Ilva. E’ una relazione impressionante».
Alba Sasso, deputato uscente, è n. 2 al Senato (alle spalle di Pietro Folena) nella lista de «La Sinistra - L'Arcobaleno» e ieri sera ha concluso una manifestazione pubblica organizzata dai rappresentanti locali del suo raggruppamento politico. All’iniziativa di ieri, inoltre, hanno partecipato anche il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno ed il suo vice, Alfredo Cervellera.
Onorevole Sasso, cosa l’ha colpita di più del rapporto elaborato dai funzionari del professor Assennato?
«La serietà, direi. Il rigore. Del resto, il professor Giorgio Assennato è persona stimata anche oltre i confini regionali».
Per la prima volta, grazie all’Arpa, i cittadini di Taranto sanno quanta diossina c’è in atmosfera. Il 2009, quindi, potrebbe essere l’anno della riduzione delle emissioni. Condivide questo cronoprogramma?
«Non proprio. E, nel frattempo che si fa? Si muore? La premessa dev’essere chiara a tutti. Ovvero, a Taranto, vi è un’incidenza particolarmente alta (rispetto alla media nazionale) dei casi di patologie tumorali che colpiscono l’apparato respiratorio. Per non parlare poi delle allergie. Se partiamo da questa considerazione, allora si può ragionevolmente pensare di ridurre i tempi d’intervento per ridurre le emissioni di diossina inatmosfera».
Occorrono, però, interventi complessi. E, peraltro, attualmente quadro normativo è poco chiaro.
«Ed allora, specifichiamo meglio queste leggi in materia. Non bisogna essere generosi con chi inquina, non le pare?».
Qualcuno sostiene che anche l’industria di Stato (l’Italsider) inquinasse ma, all’epoca, nessuno protestava. E’ una tesi filoindustrale questa?
«Direi piuttosto anacronistica. Anzi, sbagliata. Negli Anni Sessanta e Settanta non c’era, indubbiamente, tra la popolazione, la coscienza ambientalista che c’è adesso. E’ sba gliato questo modo di ragionare. Se è per questo, a Bari, dieci-quindici anni fa, nessuno pensava che la Fibronit inquinasse ed invece...».
Il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, ha proposto al ministero dell’Ambiente di finanziare degli screening di massa, a campione, per stabilire un collegamento tra la presenza industriale ed alcune patologie. Come valuta quest’iniziativa?
«Ottima, direi. Anzi, mi rattrista che il ministero non abbia ancora dato alcuna risposta. Quella del monitoraggio della situazione è sicuramente la strada più efficace da percorrere».
Se avesse di fronte un esponente del gruppo Riva, cosa gli chiederebbe?
«Direi semplicemente che un’azienda così importante, per fatturato e per la posizione preminente nel settore della produzione d’acciaio, dovrebbe assumere un atteggiamento più responsabile verso i propri dipendenti e verso i cittadini che abitano a ridosso dello stabilimento stesso».
Secondo lei, in Italia, c’è una reale percezione della gravità della questione ambientale di Taranto?
«Non so, forse non completamente. Di certo, io da donna pugliese impegnata in politica attiva l’avverto particolarmente».
Trovata l’intesa sul regolamento referendario, al momento al vaglio della commissione Affari generali, approvato il testo, sarà poi possibile far partire la raccolta di firme per l’indizione del referendum consultivo. Come si ricorderà, alla fine dello scorso anno, il comitato «Taranto futura» ingaggiò una vera e propria battaglia per riuscire a «imporre» l’idea di sondare i tarantini sull’ipotesi di chiudere l’Ilva. Nella sua prima uscita pubblica, a novembre del 2007, il comitato referendario, guidato dall’avvocato Nicola Russo e da altri professionisti cittadini, chiarì che l’obiettivo era quello di
stimolare la classe politica ad una severa presa di posizione nei confronti della grande industria, e in particolare dell’Ilva.
Il comitato referendario parte da un presupposto: così com’è accaduto in Liguria, a Cornigliano, e poi a Bagnoli e a Piombino, sarebbe utile sentire i tarantini sul futuro dei rapporti con il colosso siderurgico. Se, cioè, essi ritengono di poter contemperare salute e lavoro chiedendo all’Ilva di lasciare Taranto e ricollocando i lavoratori dello stabilimento siderurgico nella grande bonifica delle aree dismesse.
In alternativa, «Taranto futura» chiede ai tarantini se non sia il caso, com’è successo a Bagnoli, che la dismissione riguardi solo l’area a caldo, con lo smantellamento dei parchi minerali e l’impiego dei lavoratori in altre attività. Si tratta, è evidente, di un referendum che punta a chiedere un parere ai tarantini e ad incidere sull’opinione pubblica.
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