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Il piano strategico per Taranto

Storicamente capoluogo di una Provincia ricca, la più ricca di Puglia per reddito pro capite, Taranto continua a proporsi come città di grandi contraddizioni. Ma la rinnovata attenzione per la città è un'occasione da non perdere
21 maggio 2008
Mauro Scionti
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

- Negli ultimi mesi l'attenzione data a Taranto dalla stampa, in particolare da quella regionale, è cresciuta con ritmo esponenziale. Certo non mancano i fatti di cronaca, ma l'avviarsi del risanamento del bilancio comunale insieme con una rinnovata capacità d'indirizzo e di finanziamento, sia pure reso lento e discontinuo dalle vicende nazionali, ha riproposto attese da troppo tempo sopite, tutte rilette oggi alla luce dell'eco-compatibilità e della tutela dell'ambiente.

Storicamente capoluogo di una Provincia ricca, la più ricca di Puglia per reddito pro capite, Taranto continua a proporsi come città di grandi contraddizioni. Grandi opere ed indotto, ha certo, ogni volta, calmierato la disoccupazione, ma quando si è trattato di costruire un tessuto imprenditoriale locale capace anche di esprimere autonome vocazioni e di emergere in piena autonomia, non c'è mai stato un vero e proprio salto qualitativo. Questo fenomeno è ancor più evidente sotto l'aspetto ambientale. Taranto è una città troppo progettata e pianificata, ma che, con troppa facilità, ha dimenticato di portare a compimento quelle parti dei suoi progetti di sviluppo che avevano a che vedere con la qualità dell'ambiente, la tutela del territorio, la salute dei cittadini.

Lo ritroviamo, nel secondo novecento, nel fallimento della Fiera del Mare e della riqualificazione del Galeso e delle sponde di mar Piccolo, ed, ancora oggi, nello stentato avanzare dei piani di recupero della città vecchia e del borgo ottocentesco, come anche nella mancata riqualificazione del palazzo degli Uffici, come nell'irrisolta questione della sdemanializzazione delle isole e dell'arsenale vecchio.

Oggi che s'incominciano a tessere le fila di un nuovo piano strategico territoriale di "area vasta", architetti, pianificatori, paesaggisti, conservatori, di Taranto si sono proposti come garanti nell'attivazione di un vero e proprio osservatorio scientifico permanente capace di assicurare trasparenza e partecipazione nei processi di trasformazione dell'intero territorio tarantino, di asseverarne la compatibilità ambientale delle scelte in uno scenario di sviluppo compatibile, di monitorarne la loro più completa attuazione.

Tema di progetto che ha a che vedere tanto con lo sviluppo sostenibile dell'intera provincia insieme con quello della città quanto con quello dello sviluppo, ugualmente sostenibile, delle quattro città di Taranto, ciascuna chiusa in un proprio recinto invalicabile: il porto, l'area industriale, le basi navali militari e l'insieme delle aree demaniali dismesse, la città dei cittadini. Senza capacità d'incidere sulla qualità ambientale del porto e dell'area industriale, e senza volontà d'incidere sulla riconquista alla città quanto meno delle aree militari dimesse, presenti sulle isole, a mar Piccolo e tutto attorno a mar Grande, la scommessa Taranto potrà dirsi perduta in partenza se traguardata solo entro un ambito municipale.

Forse, con l'attuazione del piano strategico territoriale di "area vasta" sarà possibile aggregare nuove forze e nuovi soggetti e Taranto potrà tornare ad essere città che "vive tra i riflessi in un'atmosfera traslucida adatta a straordinari eventi di luce", come ha scritto Piovene nel 1957, memore delle visioni estasiate dei viaggiatori del "grand tour". Con questo progetto di piano, Taranto cerca così di ritrovare un equilibrio che l'aiuti a traghettare nel XXI secolo, ripartendo dalla ricchezza e dalla varietà dell'intero territorio della sua provincia

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