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«Diossina, non rinviabile l’adeguamento dei valori-limite»

”Atti formali, non parole”. E’ quello che chiede a gran voce il Comitato Taranto Futura all’indomani della riunione tra Regione Puglia, Provincia e Comune di Taranto, seguìta alle rilevazioni dell’Arpa relative alle emissioni di diossina dai camini dell’Ilva.
7 agosto 2008
Sabrina Esposito
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno

- Il portavoce del Comitato, l’avvocato Nicola Russo, ha parlato di “comportamento anomalo” delle pubbliche amministrazioni che, in questo frangente, si sarebbero limitate a bonarie dichiarazioni di intenti senza annunciare ferme decisioni conseguenti all’ordinanza del Tar, emessa in sede di sospensiva di un ricorso presentato da Taranto Futura, nel quale si chiedevaespressamente l’annullamento dell’accordo di programma tra Ilva e gli enti locali in materia ambientale.

Il giudice amministrativo, ha sottolineato Russo, ha chiaramente affermato l’obbligatorietà per la pubblica amministrazione di adottare i parametri internazionali riguardanti i limiti massimi di emissione di diossina, fissati in 0,4 nanogrammi per metro cubo, a fronte dei 10 stabiliti dal codice ambientale italiano. Di tanto non si sarebbe fatto parola nel corso della riunione tra Regione, Provincia e Comune e questo farebbe pensare ad una preoccupante sottovalutazione delle prescrizioni del Tar.

La Regione, ricorda l’avvocato Russo, avrebbe a disposizione due strumenti per uniformarsi all’ordinanza del Tar: emettere un proprio regolamento modificativo (strada scelta, tra l’altro, dalla regione Friuli Venezia Giulia in un caso similare), oppure emanare una legge regionale che imponga parametri più restrittivi alle emissioni inquinanti rispetto alla normativa nazionale. Tale possibilità è prevista dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 4 del gennaio di quest’anno e costituisce una espressione del cosiddetto “principio di sussidiarietà”.

Tali misure risulterebbero quanto mai necessarie, ha sottolineato ancora Russo, in quanto, anche se la Regione dovesse negare all’Ilva l’Autorizzazione integrata ambientale, l’azienda avrebbe sempre la possibilità di ricorrere al Tar chiedendo eventualmente la sospensiva, forte della vigenza della legge nazionale (il codice ambientale), che consente emissioni ben più corpose di quelle imposte dalla normativa internazionale. Inoltre, l’ordinanza del Tar ha messo nero su bianco la piena legittimità degli organismi dei cittadini a partecipare alle decisioni in materia ambientale. A settembre si potrà verificare il rispetto o meno di questa prescrizione.

Nulla si è detto poi circa la responsabilità riguardante la bonifica dei siti inquinati che, anche secondo quanto stabilito dal Piano strategico territoriale della Regione, spetterebbe proprio all’Ilva.

Intanto si è in attesa della decisione del Tar sul comportamento omissivo del Comune di Taranto che non ha permesso l’indizione del referendum proposto da Taranto Futura relativo alla opportunità di chiudere o meno l’area a caldo dell’Ilva, o l’intero stabilimento, fatti salvi i livelli occupazionali.

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