Taranto Sociale

Lista Taranto

Archivio pubblico

«Racconto Taranto il vero laboratorio del postmoderno italiano»

Nel romanzo Il paese delle spose infelici, si intrecciano, ben legate dalla tensione narrativa del racconto discorsi sociali, politici, antropologici. La città di Taranto, fa da sfondo alla bella storia, sempre più si impone, con le sue aspre contraddizioni, quale paradigma dell'Italia presente.
18 novembre 2008
Enzo Mansueto
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

- Nel nuovo romanzo di Mario Desiati, Il paese delle spose infelici, si intrecciano, ben legate dalla tensione narrativa del racconto, problematiche a noi assai vicine e ricorrenti nell'attualità dei discorsi sociali, politici, antropologici. La città di Taranto, ad esempio, che fa da sfondo alla bella storia, sempre più si impone, con le sue aspre contraddizioni, quale paradigma dell'Italia presente. E ciò spiega, tra l'altro, l'interesse che vanno suscitando le proliferanti scritture tarantine, da Cosimo Argentina a Giancarlo De Cataldo, da Alessandro Leogrande a Omar Di Monopoli, Flavia Piccinni, Gianluca Antonacci.

Il taglio offerto dal romanzo di Desiati è però particolarmente interessante, poiché dislocato nello spazio e nel tempo, filtrato dallo sguardo del letterato, eppure presentissimo negli effetti. Il capoluogo ionico è visto con gli occhi della provincia e colto in un decennio evidentemente cruciale per la storia recente, quegli anni Ottanta di cui tanto, in ogni campo, si parla. Abbiamo raggiunto Desiati a Cuneo, domenica pomeriggio, ospite della manifestazione «Scrittori in città», dove era impegnato proprio in un dibattito dal titolo «Ottanta senza fine: il tempo che non se ne va».

Allora, Desiati, qual è per lei il valore emblematico di quel decennio?

«Per me sono i veri anni della rivoluzione sessuale, molto più di quella del 1968, cambia l'immaginario, con le televisioni private che trasmettono film proibiti, si vedono cose impensabili. Poi sono i primi anni in cui la simulazione della realtà diventa la realtà, come racconta bene Letizia Muratori nel romanzo La casa madre, per Adelphi, nel quale un gruppo di bambine crede e vive in funzione delle bambole Cabbage Patch con i riti, i gesti, addirittura la burocrazia - con i certificati della casa madre - di una vita parallela».

Arriviamo a Taranto, che ricorre oggi in diverse scritture: come mai?

«Taranto e la sua provincia sono stati e sono il laboratorio del postmoderno italiano, ci tengo alla locuzione postmoderno italiano perché è molto diverso dal postmoderno occidentale, un luogo e una terra dove si innescano i processi dell'industrializzazione più selvaggia e con conseguenze drammatiche - vedi l'inquinamento - e luoghi tipici del nuovissimo turismo, quello dell'ultima frontiera, cosiddetta slow life, che oggi fa della Valle d'Itria l'Itriashire».

Tra il pulp-western, il reportage, il crudo realismo, qual è il registro più efficace per rappresentare questo territorio?

«Dipende dalla voce di uno scrittore, l'importante è trovare quella giusta e poi usarla secondo le proprie inclinazioni. Il reportage narrativo ha sicuramente una sua forza editorialmente più efficace, ma la letteratura di pura finzione, con una visione partecipata e autentica dell'autore, può arrivare ai lati più oscuri».

Lanciamo un'idea: dopo la Bari di Carofiglio, non sarebbe il caso di un volume su Taranto nei Contromano di Laterza, magari collettivo?

«Credo che ci sia già un bel libro collettivo chiamato Un nodo d'acciaio:
è una raccolta di racconti e testimonianze su Taranto, il suo conflittuale rapporto con l'acciaieria, pubblicato in proprio da una piccola associazione che si chiama Taranto Viva. Per me è stato un libro molto utile in chiave di studio durante la stesura de Il paese delle spose infelici ».

La Taranto del siderurgico, ma anche la Taranto di Cito: pornografia, televisone e politica, nelle sue pagine scopriamo un intreccio fatale!

«Vedendo l'attuale classe politica mi sa che ho scritto solo un pallido report dello stato delle cose».

Ma ritroviamo anche il bello delle tv locali!

«La televisione locale è un simbolo di libertà e cultura, oggi questo è molto sottovalutato dalla politica. Si guarda al satellite, al digitale terrestre, al web, ma ancora la maggioranza degli italiani ha solo un televisore senza decoder e parabola e poca alfabetizzazione su internet. La vera democrazia non è soltanto incentivare la gente a comprare un decoder per vedersi le partite, ma aiutare anche le televisioni locali che fanno prodotti di qualità. Telenorba con Teledurazzo
per me resta un esempio, avevo quindici anni e in quel miscuglio di ironia, politica e comicità l'ho sempre trovato un punto di riferimento ideale».

Al terzo romanzo, spicca nella sua narrazione la capacità di raccontare tranche de vie attraverso storie giovanili appassionate, al limite, melodrammatiche. Quali sono i riferimenti alti di questa scrittura?

«Condivido l'idea di una pluralità di registri, ho mille riferimenti quando scrivo, alcuni restano, altri vanno via. Ma per me il modello resta una scrittura che fa i conti con le cose e con la realtà: Parise, Moravia, Pasolini, Siciliano».

La figura di Annalisa, ci pare di quelle destinate a restare nella memoria dei lettori: esiste un personaggio dei suoi scritti al quale è particolarmente affezionato?

«Annalisa per sempre».

Abbiamo saputo che il romanzo potrebbe diventare un film, diretto da Mezzapesa: a che punto è il progetto?

«C'è un produttore che ha opzionato i diritti, con Pippo Mezzapesa stiamo scrivendo il soggetto, conosco e apprezzo il suo talento dai tempi del David di Donatello che prese con Zinanà, lui è cresciuto e vissuto in atmosfere simili a quelle dei protagonisti delle Spose, ha uno sguardo e una visione fuori dal comune, può essere la persona giusta».

Tra i ringraziamenti conclusivi si staglia quello a Vittorino Curci: qual è il ruolo di Curci nella promozione delle scritture di Puglia?

«Vittorino è uno degli ultimi umanisti puri che ho conosciuto, pochi intellettuali hanno quell'ascolto e quella generosità nei confronti dei giovani. Nel mio caso è stato lui a darmi la svolta narrativa per il romanzo portandomi a Castellana nel luogo dove poi ambiento la scena madre dell'ultimo capitolo».

Progetti cinematografici

Un produttore ha opzionato i diritti del «Paese delle spose infellici» e lo vorrrebbe affidare al regista Pippo Mezzapesa Mario Desiati (Locorotondo 1977) prima de Il paese delle spose infelici

PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.15 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)