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ILVA, cassa integrazione per altri 2.200

Fermi fino al 28 febbraio anche 192 impiegati. In totale a casa oltre 4.000 unità. Il mercato va male e Riva ha deciso di rallentare la produzione. Un altoforno si bloccherà del tutto, ne resteranno solo due a pieno regime.
17 dicembre 2008
Cesare Bechis
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

- I mercati internazionali dell'acciaio vanno sempre peggio e l'Ilva deve rallentare ancora di più la produzione nello stabilimento siderurgico di Taranto. Già alleggerita del venti per cento, sarà ora dimezzata. L'azienda ha deciso di mettere in cassa integrazione altri 2200 dipendenti dal 12 gennaio prossimo fino al 28 febbraio. Sono 2008 operai e 192 impiegati che vanno ad aggiungersi ai 2146 già a zero ore dal primo dicembre scorso per le tredici settimane che scadono appunto il 28 febbraio.

In totale l'Ilva blocca l'attività di 4346 dipendenti. Per singolare coincidenza la notizia della nuova cassa integrazione si incrocia con i lavori in consiglio regionale per l'approvazione della legge antidiossina. Il presidente della Regione, Nichi Vendola, esclude qualsivoglia collegamento fra i due fatti.

«Sono vicende indipendenti - osserva - già a luglio Riva mi disse che c'era una crisi sui mercati e fece la previsione che sino a fine marzo l'Ilva non avrebbe venduto nulla. Sulla fondatezza della richiesta di nuova cassa integrazione non mi esprimo, è una questione dei sindacati. Se fosse un ricatto occupazionale la nostra risposta sarebbe ancora più energica». Ieri l'azienda ha comunicato in via ufficiale ai sindacati il provvedimento mentre domani alle 14 è in agenda un incontro nella sede di Confindustria per integrare il verbale d'accordo del 28 novembre.

Il rallentamento della produzione comporterà il blocco di alcuni impianti. L'altoforno 1 (Afo1) si fermerà del tutto, facendo coppia con Afo 4 che non riprenderà l'attività e, a seguire, si bloccherà la produzione nell'acciaieria e nell'agglomerato 1; le batterie 3,5,6 gireranno al minimo ma non andranno in produzione; funzioneranno solo gli altoforni 2 e 5.

In base all'accordo di novembre c'era già stata la prima riduzione di attività. A regime ridotto una cokeria e una linea di acciaieria mentre il treno nastri 1 si fermerà quando ripartirà il numero 2 e il laminatoio a freddo si bloccherà solo per nove settimane e non tredici. Questa nuova decisione dell'azienda - osserva Rocco Palombella, segretario provinciale della Uilm, - ci preoccupa perchè a novembre avevamo chiuso una trattativa molto spigolosa sul mantenimento del numero dei dipendenti da mettere in cassa integrazione.

Adesso questa comunicazione, di cui ragioneremo domani, ci lascia interdetti e molto preoccupati perchè Afo 1 si spegne proprio. Non rimane in preriscaldo e ciò prefigura una stasi lunga e duratura». In altre parole ci sono segnali che la situazione peggiora e a pagarne le conseguenze saranno i lavoratori. «Arrivare a dimezzare la produzione significa che non siamo di fronte a un problema congiunturale. Prima, almeno, la semplice riduzione della marcia degli impianti significava la ripresa della produzione».

Il pessimismo dei sindacati si incrocia con i segnali in arrivo dai mercati internazionali che vedono stagnanti i settori dell'auto e degli elettrodomestici. I coils accumulati nei depositi rimarranno a Taranto almeno fino a marzo, secondo le stime dell'azienda. Per ora si salva il comparto dei grandi tubi, legato a commesse di lungo periodo per gli oleodotti, e le lamiere per le costruzioni navali.

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