L´oncologo Patrizio Mazza: Ormai il danno è fatto
TARANTO - Patrizio Mazza è il primario del reparto di ematologia dell´ospedale sud di Taranto.
Il suo ufficio è all´ottavo piano: fuori dai vetri si vedono i fumi e le ciminiere. Mentre dall´altra parte ci sono vetrini e analisi del sangue. Spesso si tratta di tumori e leucemie.
«Dai nostri dati viene fuori che a Taranto la gente si ammala di quelle patologie tumorali strettamente legate all´inquinamento ambientale tra il 20 e il 40 per cento in più rispetto a quello che dovrebbe».
Che significa?
«Che qui, in termini percentuali, si ammalano molte persone che invece secondo la scienza dovrebbero stare bene: penso al ragazzino di 14 anni con la sindrome del rinofaringe o all´operaio che viene qui terrorizzato perché le analisi sono tutte sballate».
Voi che potete fare?
«Curarli. E cerchiamo di farlo nel migliore dei modi: quando io sono arrivato qui, quindici anni fa, c´erano pazienti che arrivavano dalla provincia di Lecce perché eravamo l´unica ematologia della zona. Ora nel Salento ci sono due reparti eppure abbiamo i nostri venti posti letto sempre pieni. Facciamo il possibile. E da medici denunciamo anche la possibile correlazione tra queste patologie e l´inquinamento ambientale».
Le aziende, a partire dall´Ilva, dicono però che non è colpa loro se la gente si ammala.
«Le responsabilità le deve accertare la magistratura. Noi abbiamo il compito di segnalare quello che la scienza ha provato: ed è certificata la correlazione tra alcune malattie e alcuni tumori. Alla politica spetta invece il ruolo della mediazione».
E´ quello che hanno provato a fare martedì. Che ne pensa dell´accordo firmato a Roma tra gli enti locali e l´azienda?
«Gli accordi sono delle maniere per non creare una conflittualità ed è apprezzabile lo sforzo della Regione e di tutti gli altri enti locali. Penso però che la politica in questo momento debba fare un salto in più. E quel salto è in direzione della salute della gente: qui siamo arrivati a un livello che o si sposta Taranto o si sposta la zona industriale. E soprattutto una cosa deve essere chiara: ormai il danno per chi è già nato, per tutti quanti noi, è stato già fatto. Siamo tutti una generazione di "fregati". Ora quello che si può fare è soltanto un regalo alle prossima generazioni».
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