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La Fiom: «L'Ilva tiri fuori i soldi veri per i cassintegrati»

Ieri a Taranto il segretario nazionale Cremaschi. «L'Ilva dia soldi veri ai lavoratori. Non basta l'una tantum di 700, euro chiediamo un'integrazione salariale sulla Cigo» Ieri, nello stabilimento siderurgico, è stato fermato il Treno Nastri 2, l'ennesimo segnale di un grande momento di difficoltà.
17 marzo 2009
Michele Tursi
Fonte: Corriere del giorno

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«L'Ilva dia soldi veri ai lavoratori. Non basta l'una tantum di 700, euro chiediamo un'integrazione salariale sulla Cigo». Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom Cgil chiosa il presidente Marcegaglia rivolgendosi a Riva alla vigilia della doppia tornata di incontri di domani e dopodomani che si annuncia difficile. La Fiom ionica chiama a rapporto le sue forze per fronteggiare una crisi di cui non si intravede l'uscita e che «è sicuramente più lunga di quanto vogliano farci credere».

Secondo Cremaschi gli industriali giocano a nascondere la gravità della situazione. «Prendono tempo di settimana in settimana perchè così evitano di dire ai lavoratori che la cassa integrazione potrebbe durare anche due anni. Sanno bene, però, che i livelli di produzione e di occupazione che avevamo a luglio del 2008, in futuro saranno un miraggio».

L'attivo dei delegati della Fiom Cgil, svoltosi ieri mattina all'Appia Palace di Massafra è l'occasione per mettere a punto le strategie sindacali nei confronti dell'azienda ma anche per interrogarsi sul futuro della siderurgia. «La verità - ha detto Cremaschi concludendo i lavori - è che la produzione di acciaio è una incognita. Nessuno sa qual è il futuro di uno stabilimento come quello di Taranto, nemmeno Riva. Occorrono politiche di sostegno alla produzione ed all'occupazione come stanno facendo in Germania con il varo della settimana corta».

La strada imboccata dalla Fiom sia a livello nazionale che locale è diversa da quella percorsa da Uilm e Fim. Lo ha ribadito il segretario generale di Taranto Franco Fiusco che ha respinto le accuse di omologazione giunte dai comitati di lavoratori che si sono costituiti nei giorni scorsi. «Non abbiamo firmato il secondo accordo sulla cassa integrazione - ha spiegato - perchè già da novembre avevamo posto la questione dei lavoratori interinali per i quali non potendo accedere agli ammortizzatori sociali, l'unica forma di tutela è costituita dall'assunzione a tempo indeterminato. L'abbiamo chiesto anche per tenere in piedi il turn over e rimpiazzare, in questo modo, le unità uscite dallo stabilimento per effetto della legge sull'esposizione all'amianto. Ma su questo siamo isolati».

E ancora di più la Fiom potrebbe esserlo se i prossimi 18 e 19 dovesse decidere di non firmare alcun intesa sulla cassa con Fim e Uilm. «Rinunciare a 700 euro di una tantum - ha continuato Cremaschi - è una scelta difficile che ci accingiamo a compiere se l'Ilva non ci dirà come intende gestire nel complesso la cassa integrazione, per la quale c'è bisogno del massimo della coesione interna».

Il riferimento è al “comitato lavoratori in lotta” ai quali Cremaschi ha rivolto l'invito «a condurre insieme una battaglia che ha obiettivi comuni a partire dall'integrazione salariale». Dal segretario nazionale è giunto l'invito a ricomporre lo strappo con Massimo Battista, invitando il «gruppo dirigente della Fiom a chiedere con un atto formale il suo rientro in acciaieria».

Ieri, nello stabilimento siderurgico, è stato fermato il Treno Nastri 2, l'ennesimo segnale di un grande momento di difficoltà per uscire dal quale Rosario Rappa, segretario della Fiom ionica, ha proposto lo svolgimento di un iniziativa territoriale a sostegno ed in difesa dell'occupazione.

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