Diossina nel latte salentino e nell'acqua?
La drammatica conferma del ritrovamento di diossina nel latte raccolto nell’hinterland magliese convalida l’ipotesi che l’uso indiscriminato di CDR negli inceneritori conduca inevitabilmente all’inquinamento del territorio circostante nel raggio di decine di km, con conseguenze negative sui prodotti ortofrutticoli, sul latte e sui suoi derivati e, naturalmente, sugli esseri viventi che si cibano di quei prodotti, siano essi uomini o animali.
Il segnale di arresto delle attività della Coopersalento di Maglie avanzato dalla Provincia di Lecce giunge dopo l’annuncio che, nell’aria, il valore accertato dall’Arpa, relativo alla presenza delle diossine, superava i limiti di legge. L’estate scorsa, erano stato riscontrato che la tossicità delle diossine prodotte era 420 volte superiore ai parametri previsti dalla normativa e perciò era stato stabilito che l’azienda non avrebbe più utilizzato il combustibile da rifiuti. Ma evidentemente qualcosa non ha funzionato perché, malgrado ciò, in seguito all’effettuazione delle analisi, i valori accertati dall’Arpa, riguardante la presenza delle diossine nell’aria, qualche giorno fa, era otto volte superiore a quello massimo previsto.
Fin qui la cronaca, ma quali ulteriori pericoli possono nascondersi dietro questa drammatica scoperta? O meglio, considerato che la diossina viaggiando coi fumi si espande uniformemente su tutto il territorio, compresi gli alberi, l’erba e gli arbusti, non è logico ritenere che possa essere stata assorbita e filtrata dal terreno fino a raggiungere le falde acquifere sottostanti? Del resto, non sarebbe il primo caso. Nell’aprile del 2008, il quotidiano “La Repubblica “ riportava in un articolo che, a Taranto, oltre al ritrovamento di diossina nel latte, era stata anche riscontrata diossina nell' acqua di un pozzo artesiano che successivamente venne chiuso. Nell’articolo, si avanzava l’ipotesi che la diossina potesse essere stata indirizzata nel pozzo dalle piogge ciò che giustificava estesi e ripetuti controlli e non impediva di considerare la gravità della situazione.
Ora, chi ci assicura che non sia avvenuto lo stesso anche nella zona di Maglie? Non si tratta di fare dell’allarmismo ingiustificato; il problema è se sia lecito o meno chiedere alle autorità di usare il necessario principio di cautela a cui si deve ispirare l’azione di qualsiasi amministratore pubblico o gestore di Enti importantissimi, come l’Acquedotto Pugliese, che in varie zone attinge acqua dai pozzi artesiani salentini. Per questo motivo, riteniamo che l’analisi delle acque profonde di falda in un’area di almeno 30 km di raggio, a partire da Maglie, sia da considerare un atto dovuto, sicuramente auspicabile.
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