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La rabbia dei cittadini: «Siamo persino abituati agli scoppi e ai problemi all'interno delle industrie»

Sono sempre più indignati i cittadini dei Tamburi per la presenza delle industrie pesanti a pochi passi da uno dei quartieri più popolosi del capoluogo
Luca Caretta
Fonte: Corriere del Giorno - 09 aprile 2010

Sono sempre più indignati i cittadini dei Tamburi per la presenza delle industrie pesanti a pochi passi da uno dei quartieri più popolosi del capoluogo. Una rabbia maturata ancor di più dopo l'esplosione alla raffineria Eni nella notte tra martedì e mercoledì scorso ed il blackout che ha messo in ginocchio l'Ilva nelle ore successive. Il cancro della mia città - Taranto
Gli abitanti sono propensi a discutere della loro situazione e cercano di trovare una soluzione al disastro ambientale e sanitario che si sta compiendo. «E' una schifo – ha detto Anna Dentamaro - abitare nei pressi delle industrie pesanti perchè le nostre case sono sempre piene di polvere e questa non è certamente salutare. In questi giorni ho notato una situazione drammatica e ieri notte (mercoledì per chi legge, ndr.) ho sentito distintamente uno scoppio talmente forteche mi ha fatto alzare dal letto. Ho avuto paura».

La signora ha spiegato che subito dopo il rumore assordante una nube di gas ha saturato l'aria. «Abbiamo pensato immediatamente – ha continuato la Dentamaro – ad un incidente avvenuto in fabbrica e l'idea che ci fosse stato un terremoto, come ho sentito dire in televisione, non ci è venuta. Siamo abituati agli scoppi ed ai problemi all'interno delle in- dustrie». La signora non ha nascosto che in questi ultimi anni l'inquinamento da polveri sia diminuito sensibilmente.

«Rispetto a dieci anni fa la polvere che si accumula sui nostri balconi nei giorni senza vento è diminuita ma molto bisogna fare per migliorare ancora. Qui su dieci persone almeno sei hanno il tumore». Una triste conferma è arrivata dalla signora Liliana che ha perso tre persone care. «Sono morti – ha detto emozionata – mio marito, mio figlio e mio cognato. Ciò mi ha distrutta e non voglio che continui questa ecatombe. Si deve fare qualcosa per tutelare la mia nipotina e tutte le persone che abitano in questa città».

Anche per Elia Corenna ed Elia Ceci «bisogna trovare un'alternativa all'industria siderurgica. Non possiamo vivere con le fuoriuscite di gas, veleni ed incidenti sul lavoro. In questi ultimi giorni abbiamo sentito almeno tre volte puzza di gas».

La nascita di movimenti per la tutela dell'ambiente ha fatto nascere una coscienza sociale che stafacendo conoscere i problemi provocati dall'aria malsana. «Abbiamo fatto marce, proteste, scioperi – ha commentato Carmela Morrone - ma i risultati importanti tardano ad arrivare. L'unica cosa che ho notato è meno polvere sulle finestre».

Una condizione di disagio simile a quella vissuta dagli abitanti dei Tamburi è vissuta dagli studenti che frequentano la sede universitaria di via Grazia Deledda, ultima lingua d'asfalto prima di arrivare alle porte dell'Ilva.
«Spero che le aziende chiudano subito – ha spiegato lo studente Santo Forleo - perchè non è bello fare lezione con il panorama delle ciminiere. Ne risentiamo tutti di questa situazione. Ciò è evidente anche dalla struttura che sta diventando rossa come il colore delle polveri sprigionate».

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