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Una nota del consigliere regionale dell’IDV, Patrizio Mazza

La vera follia è pensare che dopo la siderurgia non ci sia futuro per la città

"Da vent’anni a questa parte la città di Taranto e la sua provincia sono in continua involuzione economica, culturale e prospettica"
14 settembre 2010
Fonte: Press Regione - 14 settembre 2010

“Prima dell’intervento del collega, consigliere regionale Curto, in merito alla questione ILVA, consideravo il medesimo, in virtù della conoscenza acquisita attraverso i suoi interventi in Consiglio regionale, persona di grande coerenza, militante in un partito che tutto sommato ragiona sull’equilibrio delle parti. In poche parole ritenevo Curto un valido rappresentate del proprio partito. Dopo aver letto il suo articolo debbo ricredermi pesantemente per una serie di considerazioni.

Curto afferma che è da irresponsabili pensare di chiudere la più grande acciaieria di Europa per le ragioni economiche, per ragioni di necessità dell’acciaio prodotto, per la insostituibilità della grande industria nel territorio. Bene, Curto non sa quanti tumori a Taranto e provincia possa generare la grande industria. Il sottoscritto invece lo sa. Curto non sa che da vent’anni a questa parte e non da 2 anni, da quando è in atto la crisi, la città di Taranto e la sua provincia sono in continua involuzione economica, culturale e prospettica, ciò mi consenta, è anche perché erano state poste nella grande industria le potenzialità di sviluppo. Curto non sa che questa tipologia di industria inquina e non produce indotto vero se non quello di piccole aziende che ruotano intorno per la manutenzione. Curto non sa che esiste a Taranto la sola cultura nei giovani di poter lavorare all’ILVA, perché non c’è la cultura di pensare ad altro. Perché non c’è altro e quindi c’è una inarrestabile fuga di cervelli.

Il Sottoscritto da 19 anni lavora a Taranto e sa che ha visto crescere l’incidenza di malattie tumorali, respiratorie, disfunzioni immuni. Il sottoscritto, recandosi per lavoro all’ospedale Moscati, ospedale sito nel quartiere Paolo VI, e scendendo da Taranto verso Martina Franca, assiste, molto spesso, durante il suo viaggio alla visione di una nuvola di color marrone che sovrasta la città, in specie il quartiere Tamburi, dove vivono circa 30.000 persone; quartiere dove non c’è famiglia, non c’è casa, che non sappia cosa significa avere a che fare con un morto di tumore. Il sottoscritto sa e constata fra i lavoratori dell’ILVA una serie di tumori che incidono in età ancora giovane e che sono collegabili alle lavorazioni che sprigionano idrocarburi, benzene, diossine, polveri sottili, amine aromatiche e quant’altro di cancerogeno. Il sottoscritto ha diagnosticato in bambini di Taranto tumori che notoriamente si manifestano nell’età adulta e che fanno porre il sospetto di danno genotossico incipiente.

Curto, che dichiara di fare il politico da 15 anni, lo sa che l’incarico politico rappresenta il mestiere dello stare col popolo, proteggerlo, consigliarlo, aiutarlo, rappresentarlo con leggi che consentano di migliorare la qualità di vita. Il politico, come Curto, sa che deve essere portavoce, strumento del popolo, rappresentando quest’ultimo proprio dove si decidono le sorti di una nazione, di una regione, di un comune o provincia. Curto se fa il politico da 15 anni, dovrebbe sapere che i politici, salvo le dovute eccezioni, hanno perso la descritta mission, infatti il politico spesso pensa a se stesso, a come rimanere in poltrona, per questo crea una rete di raccomandazioni che poi lo sorreggano e quando va peggio, si mette pure a rubare più o meno in combutta con chi capita al momento.

La realtà delle cronache dimostra ciò che esprimo e l’astensionismo alle urne manifesta il sentimento diffuso di disaffezione alla politica. Se Curto non sa tutto questo, vuol dire che ha fatto come lo struzzo nascondendo la testa, ma ritengo che lui tutto ciò lo sappia. E allora se sa tutto ciò dovrebbe sapere anche che a Taranto da molti anni manca la politica del promuovere lo sviluppo di una città che aveva, fin dai tempi della Magna Grecia ben altra vocazione rispetto a quella di essere deturpata dalla grande industria; dovrebbe sapere che si è andati avanti in molti decenni con i paraocchi, bistrattando questo territorio bellissimo che naturalmente aveva la vocazione per il commercio col Mediterraneo, per il turismo mondiale e per tutto ciò che ruota attorno ai prodotti del mediterraneo. In tal caso auspicherei la presenza di una industria di sola trasformazione e commercializzazione di questi prodotti, non quella dell’acciaio che produce tubi, per gli arabi, per la Russia, o altri paesi, lasciando la mondezza in loco in tutti i sensi. Il cielo sopra Taranto

Infine Curto non sa una cosa importante o fa finta di non saperla, in tal caso non sarebbe edificante. Il sottoscritto da sempre dice, ma lo dicono anche coloro che hanno promosso il referendum, che comunque la grande industria potrà essere chiusa solo quando saranno state create le alternative di lavoro, vale a dire un progetto credibile di alternativa di lavoro per chi oggi il lavoro ce l’ha. Questo è il punto focale che sfugge a Curto, e quelli come lui, e lui non sa quanto abbiamo speso per riunire tutte le componenti politiche a discutere delle alternative. Ma ahimè, non c’è verso di portare i vari politici, di destra e di sinistra, attorno allo stesso tavolo. E questo Curto lo sa e se non lo sa lo deve sapere, perché attorno ad un polo industriale che produce un fatturato annuo di circa 10 miliardi di euro si producono poteri forti che in qualche modo generano interessi; e che questi interessi sono troppo pochi per il popolo, che mantiene il sistema.

Il sottoscritto, “pazzo” come Curto lo definisce, ha già avuto questa attribuzione tempo fa da altri, da cui non ha più bisogno di schernirsi. Animato da questa pazzia sta cercando di tirar fuori un progetto alternativo e con altrettanta pazzia sta facendo quadrato per svilupparlo. Certo, in un momento di lucidità, mi rendo conto che verosimilmente il mio tempo di fare il politico cesserà presto, mi interneranno da qualche parte, ma potrò dire, dal manicomio, che nessuno, tantomeno Curto, ha provato a discutere o progettare una alternativa, ovviamente nessuno ci crederà.

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