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Depressione: male sottile

L’inchiesta dell’organizzazione Mondiale della Sanità e di “Taranto terzo millennio” oltre a descrivere il volto dei giovani, lega al disagio psicologico giovanile il degrado culturale e materiale di Taranto.
23 novembre 2004
Cosimo Salvatorelli

L’indagine fatta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità attesta che la depressione colpisce il 27,3 per cento dei ragazzi italiani. Più della metà risiedono nel Mezzogiorno. Questa ricerca è stata integrata da un’altra inchiesta sui problemi dei giovani tarantini svolta dall’associazione “Taranto Terzo Millennio” per conto della Provincia. Dalla ricerca risulta che essi hanno difficoltà di dialogo, hanno una famiglia che si preoccupa della scuola, ma senza chiedere motivazioni delle difficoltà incontrate a scuola per indagare a fondo, hanno negli amici più grandi i loro modelli, e, soprattutto la maggior parte di loro non sceglierebbe di frequentare l’università a Taranto. L’indagine è stata curata dal sociologo Santi A. La Porta ed è stata condotta da novembre 2003 sino ad aprile 2004, su un campione di 1.740 ragazzi e ragazze, studenti delle ultime due classi di 26 scuole superiori.
Il sociologo La Porta sofferma la sua attenzione sul dato che dice che solo in pochi sembrano disposti ad optare per gli studi universitari a Taranto e che occorre recuperare gli indecisi con un operazione seria. Partendo dalle scelte scolastiche effettuate in terza media, sono ritenute giuste ed appropriate solo per il 52,61 per cento dei ragazzi. Giudizio contrario per il 27,78 per cento. Di conseguenza il 54,10 per cento dichiara di ‘vere sbagliato dopo essersi consultato superficialmente con amici e aprenti o perché pilotati dai genitori. Molti andranno all’Università (55,71), molti entreranno nel mondo del lavoro con qualsiasi impiego in attesa di un lavoro qualificato e duraturo (18,13), c’è chi seguirà un corso di formazione professionale
(6,34). Tra chi è d’accordo sull’Università, tale scelta deriva dalla presa d’atto della mancanza di lavoro in loco (35,41) o dal desiderio di dare continuità all’attività svolta da uno dei membri della famiglia (32,02). Quindi, si sceglie l’Università per andare via dalla propria terra, per un futuro più sereno (10,02), per la certezza di non trovare subito lavoro (7,58) o per dare una risposta positiva alle aspettative della famiglia (6,97). Le ragioni di chi sceglierebbe l’Università a Taranto vanno dallo stare vicino alle famiglie (27,62), per non allontanarsi da amici (18,51), per ragioni economiche (15,19), per stare vicino al partner (13,26), per accontentare i genitori (6,91). I giovani sceglierebbero, invece, l’università fuori Taranto perché altrove ci sono più possibilità dì lavoro, perché vogliono conoscere posti nuovi e gente nuova (30,17) o perché la laurea conseguita a Taranto non è spendibile in Italia, Europa o all’Estero (8,31). Ma i problemi dei giovani tarantini non sembrano essere solo questi. La domanda che i ricercatori si sono posti è: “A chi si rivolgono i giovani per parlare di sé?”. Alla mamma, risponde il 24 per cento dei giovani, ai compagni di scuola risponde il 18,76 per cento, le sorelle (14,70) e il papà. 12,04). I genitori, secondo i giovani, sono interessati alla vita privata dei loro figli prevalentemente nel modo giusto (47,30). C’è, quindi, un terribile scarto: ci sono genitori troppo interessati (11,65), quelli poco interessati (7,71) e quelli interessati solo se in presenza di problemi(3,96). Nel giudizio dei giovani, i genitori non sopportano di loro, in primo luogo lo scarso impegno nello studio (20,31), l’arroganza (19,67) e le amicizie (16,99). A volte tristi (17,37) o dal comportamento mutevole a seconda delle situazioni (15,99), sicuri di se stessi (15,52) ma anche timorosi delle critiche (10,08). L’inchiesta dell’organizzazione Mondiale della Sanità e di “Taranto terzo millennio” oltre a descrivere il volto dei giovani, lega al disagio psicologico giovanile il degrado culturale e materiale di Taranto, confermando la teoria del sociologo Durkheim che è la società a creare l’individuo e non il contrario.

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