Reportage di Antonio Musella, Fanpage.it

La rotta adriatica dei rifiuti

Interviste a:

MASSIMO SCALIA, Presidente Commissione Parlamentare Ecomafie 1996-2001

AUGUSTO DE SANCTIS, Forum Abruzzese dei Movimenti per l'Acqua Pubblica

SILVIA FERRANTES, Stop Biocidio Abruzzo - Centro Sociale Occupato Autogestito ZONA VENTIDUE (San Vito Chietino)

Alessio Di Florio, PeaceLink Abruzzo - Associazione Antimafie Rita Atria - Associazione Culturale Peppino Impastato
22 ottobre 2014

 

 

 

PRESENTAZIONE:
 
In Italia le ecomafie si sono sviluppate intorno allo smaltimento illegale dei rifiuti tossici delle aziende del nord che, con la complicità di imprenditori senza scrupoli ed organizzazioni criminali, smaltivano i rifiuti nelle regioni meridionali. E' ben nota la rotta che portava i veleni dalle aziende del nord fino in Campania e basso Lazio. Meno nota ma altrettanto battuta era la cosiddetta rotta adriatica che vedeva nell'Abruzzo una delle principali regioni d'approdo dei veleni industriali. A partire dalla ricostruzione dell'ex presidente della commissione ecomafie del parlamento, Massimo Scalia, le telecamere di Fanpage sono andare in Abruzzo a scoprire i luoghi di smaltimento dei rifiuti industriali del nord. In diversi casi quei veleni sono ancora li', spesso, come nel caso di Tollo, rappresentano ancora un pericolo imminente per la popolazione. Montesilvano, Lanciano, Paglieta, sono alcune dei comuni dove toccati dalla rotta adriatica dello smaltimento dei rifiuti. A tirare le fila del traffico insieme ad imprenditori locali era il clan dei Casalesi. Gaetano Vassallo, un tempo imprenditore dei rifiuti legato ai Casalesi ed oggi collaboratore di giustizia, era il referente di diversi comuni abruzzesi per lo smaltimento dei rifiuti.

"L'Abruzzo presenta, all'attualità, una particolare appetibilità economica ed è oggetto di attenzione da parte dell'imprenditoria deviata e della criminalità organizzata, che in questo territorio ricercano nuove frontiere per investire il denaro proveniente dalle attività illecite."
(Rapporto Commissione Bilaterale Parlamentare sul ciclo dei rifiuti, XXIII Legislatura)

Nel Rapporto si trovano le notizie su Lanciano, Montesilvano e Tollo riportate nelle interviste. Vi si legge infatti:

"L'intervento dei carabinieri del NOE, che stavano conducendo un'indagine a più ampio raggio, ha messo in luce il traffico indirizzato in Abruzzo perché i rifiuti, che non si potevano più scaricare in Campania in seguito a vivaci e sanguinosi contrasti fra «famiglie» camorriste (chi aveva il terreno e chi pretendeva il «pizzo» appartenevano a famiglie diverse e dalla guerra di camorra è derivato anche qualche omicidio), dovevano necessariamente trovare uno sbocco.
I fatti erano già noti alla Commissione a seguito dell'audizione del dottor Agostino Cordova, procuratore della Repubblica di Napoli, il quale aveva parlato di rifiuti confluiti nella cava Masci in provincia de L'Aquila e in un'altra località a seguito di sequestri operati in Campania. Successivamente, sequestrati anche questi depositi, i rifiuti erano stati dirottati a Tollo, in provincia di Chieti.
Lo scarico dei rifiuti avveniva ad opera di un unico soggetto, titolare della discarica di Tollo e di terreni limitrofi (tutti sottoposti a sequestro da parte dell'autorità giudiziaria). Lo stesso soggetto, poi, aveva cominciato a scaricare quasi sul greto del fiume Pescara, a Chieti Scalo; infine si è ritrasferito in provincia di Pescara, a Cepagatti, in contrada Aurora."

"1.2) Procedimento denominato «operazione Mori»(estratto dal Rapporto della Commissione Bilaterale Parlamentare)

Altro procedimento interessante, per le gravi implicazioni sull'ambiente e per i riscontri sulla presenza di organizzazioni criminali volte allo smaltimento illegale di rifiuti anche pericolosi, è quello in carico alla procura della Repubblica di Lanciano: cosiddetta «operazione Mori». Detta indagine, molto delicata e complessa, è ancora in corso di espletamento, sicché può riferirsi ben poco. Emergono, però, con chiarezza sia fenomeni di collusione amministrativa per il rilascio di autorizzazioni alle discariche, sia l'esistenza di collegamenti (mediante i noti meccanismi di smaltimento) tra attività di traffico illecito di rifiuti ed attività di gestione di cave per l'estrazione di materiale inerte per l'edilizia.
Nel centro di smaltimento della ditta coinvolta nelle indagini, localizzato in Cerratina di Lanciano, ove formalmente veniva condotta un'attività di «cava con annesso impianto di frantumazione inerti», è stato accertato che nella parte esaurita della cava, sottoposta al ripristino ambientale, veniva effettuato uno smaltimento illecito di rifiuti miscelato con inerti. Dal sopralluogo è emerso, altresì, che i materiali stoccati producevano percolato che attraverso una serie di «laghetti» si immetteva in un vicino rigagnolo affluente del fiume Sangro.

Si legge in un'informativa dei NOE presentata in data 8 Agosto 1997: la malavita, direttamente o indirettamente, abbia controllato e controlli tuttora il flusso di varie tipologie di rifiuti, che, prodotti essenzialmente fuori dal territorio della regione Abruzzo, con artificiosi passaggi, sono smaltiti abusivamente come residui riutilizzabili ed impiegati infine come ripristino ambientale della cava, ormai esaurita, in uso alla stessa società. La scelta di effettuare gli smaltimenti dei rifiuti anche in Abruzzo deriva dagli elevati costi di smaltimento presso discariche autorizzate e dal livello di saturazione raggiunto in altre regioni, quali la Campania e la Puglia, tali da rendere difficili ulteriori operazioni, difficoltà quest'ultima acuita dall'accentuata attività repressiva posta in essere dagli organi di polizia nelle predette regioni cui la fenomenologia criminale in trattazione è ben tristemente nota"

"Indagine Gambero"(estratto dal Rapporto della Commissione Bilaterale Parlamentare)

"Tale indagine prende le mosse da una serie di scarichi abusivi di rifiuti liquidi di origine industriale nelle fognature, con compromissione del funzionamento del locale depuratore consortile. È stato accertato che Montesilvano rappresentava il punto di arrivo di rifiuti illeciti di origine industriale provenienti da diverse zone d'Italia, in prevalenza stoccati presso un impianto di Forlì e trasportati da un indagato, che nel piazzale di sua proprietà aveva creato un abusivo allaccio alla pubblica fognatura con sversamento direttamente dai mezzi. Tale soggetto era già indagato dalla procura presso il tribunale per false fatturazioni emesse nell'ambito di illecite attività di smaltimento dei rifiuti.
L'indagine «Gambero» vede coinvolte 60 ditte (in prevalenza produttori e trasportatori di rifiuti) ed è coinvolto anche un addetto alle analisi chimiche, sospettato di aver sistematicamente redatto falsi certificati di analisi per consentire classificazioni più «benevole» dei rifiuti e, quindi, smaltimenti a costi meno onerosi."
 

"2.1) Procura della Repubblica presso la pretura di Chieti(estratto dal Rapporto della Commissione Bilaterale Parlamentare)

Il meccanismo è ostensivo (quasi di scuola) nel caso dei rifiuti urbani del comune di Milano inviati in Abruzzo. L'azienda municipalizzata di quel capoluogo non smaltiva direttamente in Abruzzo, atteso il divieto fissato da una legge regionale. Con una serie di appalti a società commerciali, dei quali si è interessata la procura presso il tribunale di Milano, incaricava le medesime società di dividere i rifiuti tra secchi ed umidi. Tutti i rifiuti erano, quindi, inviati per il trattamento e per la cernita in Abruzzo; una volta entrati nello stabilimento il rifiuto acquistava «cittadinanza» abruzzese e di conseguenza, per circa il 95 per cento, veniva smaltito come rifiuto in quel sito.
Il maggior numero di procedimenti trattati riguarda la località Cappelle e il nucleo industriale ed artigianale.
L'indagine si sta ora sviluppando anche in altra direzione: verso una ricostruzione dei processi produttivi, per comprendere in che modo (soprattutto per ciò che concerne i fanghi di origine mista derivanti da attività industriali nonché dagli insediamenti di tipo abitativo e civile) si sia pervenuti allo sversamento presso la Biolite di Montesilvano. L'indagine ha cominciato ad acquisire concretezza verso la metà del 1996 e, in questa ultima sua parte che è sicuramente la più importante e rilevante, non è ancora conclusa. Sui traffici illeciti di rifiuti nella Marsica, si evidenzia ancora che: gli accertamenti, iniziati il 4 dicembre 1996 e coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Avezzano dottor Stefano Gallo, si sono estesi in Lombardia, Piemonte e Lazio fino a concludersi con il rinvio a giudizio di 22 persone; a seguito di un supplemento di indagine, conclusosi nel marzo 1998, sono state deferite a piede libero ulteriori 14 persone; risulta interessata anche la procura della Repubblica di Milano, perché è stato ipotizzato un reato di associazione per delinquere."

 

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