Conflitti

Il dibattito sulla Siria

Sostituire Assad?

Assad è certamente un leader autoritario e il suo regime non democratico. Se l'alternativa ad Assad fosse una democrazia liberale, dovremmo fare di più per sostituirlo. Ma gli avversari del dittatore siriano non sono liberali assetati di democrazia, ma per lo più islamisti intolleranti. Dopo Assad, democrazia, diritti e libertà con ogni probabilità diminuirebbero in Siria, non aumenterebbero.
22 aprile 2018
Antonio Martino (ex ministro degli esteri)

Siria

Assad è certamente un leader autoritario e il suo regime non democratico. Tuttavia, ammesso che lo si rimuova, chi lo sostituirà? Siamo certi che, rimosso il dittatore, la Siria diverrà una libera democrazia? Gli avversari del dittatore siriano non sono liberali assetati di democrazia, ma per lo più islamisti intolleranti. Dopo Assad, democrazia, diritti e libertà con ogni probabilità diminuirebbero in Siria, non aumenterebbero.

La famiglia Assad appartiene all'orientamento alauita dell'Islam tollerante. Da ministro degli esteri io incontrai nel 1994, nel corso di una visita a molti dei Paesi mediorientali, il padre dell'attuale leader siriano. Avemmo un colloquio che durò quasi due ore e, anche se non ne uscii convinto che fosse un vero democratico, ne ricavai però l'impressione che fosse persona ragionevole e niente affatto fanatico.

Siria, una guerra per procura

Sarebbe auspicabile sostituire Assad?

Quanto rimane dell’esercito di Bashar al-Assad va preservato, se si vuole tenere unita la Siria ed evitare una guerra per bande qual è in corso oggi in Libia. E’ l’unico elemento di stabilità che rimane nel paese. Occorre però trovare qualcuno che possa sostituire Assad ed essere accettato da tutti o almeno dalla maggioranza della popolazione. E’ quanto cercano di fare Mosca e Washington. La prima per mantenere un’influenza e la base di Tartus. La seconda per avere un alleato che le consenta di sconfiggere l’ISIS.  

Quali difficoltà comporterebbe realizzare un cambio al vertice in Siria?

Il problema è che siamo di fronte anche a una guerra per procura. Una grande coalizione sarebbe l’ideale, ma è possibile solo quando i suoi componenti abbiano obiettivi comuni. Nel caso della Siria essi mancano, anche se tutti sanno che non possono vincere. Da un lato c’è il blocco sunnita guidato dall’Arabia Saudita; poi il Fronte islamico e i vari gruppi d’insorti, dai al-qaediati ai nazionalisti, ai curdi; dall’altro vi sono gruppi legati alla Fratellanza Musulmana e sponsorizzati dal Qatar e dalla Turchia; c’è poi quanto rimane dell’esercito governativo, appoggiato dall’Hezbollah, armato dalla Russia, finanziato dall’Iran. Nessuno può prevalere sugli altri. La situazione è di stallo.

Intervista a Carlo Jean (generale)

Nella Siria degli Assad le donne hanno gli stessi diritti degli uomini allo studio, sanità e istruzione e non sono obbligate a indossare il burka. La Sharia è incostituzionale e i movimenti estremisti islamici non sono tollerati dalla Costituzione. Il 10% circa della popolazione è costituito da cristiani, che sono presenti in molti settori della vita economica e sociale del Paese.

Il giovane Assad ha una formazione occidentale e il suo Paese è certamente uno dei più tolleranti Paesi arabi nei confronti delle minoranze. Prima dell'attuale crisi, la Siria era un Paese pacifico, relativamente prospero e aperto anche a culture non islamiche.

 

Se l'alternativa ad Assad fosse una democrazia liberale, dovremmo fare di più per sostituirlo. Quell'alternativa non esiste e non credo proprio che i suoi avversari, una volta al potere, ci darebbero una Siria democratica, libera e tollerante. Per queste ragioni non riesco ad accettare la versione prevalente della crisi.

 

Fonte 

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