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Affronta il problema dei migranti

L'ultimo film di Checco Zalone

«Tolo Tolo» è un film politico, palesemente «antisalviniano». Le battute ci sono ma vengono inserite in un contesto talmente amaro che la risata a volte si strozza in gola. «Tolo Tolo» può davvero cambiare, almeno un po’, il sentimento dell’italiano medio verso i migranti.
4 gennaio 2020
Fonte: Corriere della Sera

Il film di Checco Zalone non fa molto ridere. Alla fine anzi fa piangere, con la scena dell’agnizione (per non dire parolacce: riconoscimento, tra padre e figlio). Per il film di un comico, è un bel guaio. Checco Zalone nel film Tolo Tolo

Questo non significa che Checco non abbia infilato le sue gag, le sue battute, le sue trovate. Ce ne sono: molte e godibili come sempre. Ma inserite in un contesto talmente amaro che la risata a volte si strozza in gola.«Tolo Tolo» commuove e ci fa sentire un po’ in colpa, anche se non muore nessuno. Soprattutto, spiazza. Perché affronta un fenomeno epocale del nostro tempo, capovolgendo il punto di vista. Finora abbiamo sempre guardato i migranti con i nostri occhi. Ci siamo impauriti per il dumping sociale – riduzione di salari e diritti – legato all’afflusso di manodopera a basso costo; e per i problemi di sicurezza, che sarebbe ipocrita negare (qui l’intevrista di Aldo Cazzullo a Zalone).

Checco guarda e racconta la questione dal punto di vista dei migranti. Restando se stesso: l’italiano becero, ossessionato dalle mode – sushi e acido ialuronico —, diffidente dello Stato e degli altri. L’italiano che ieri, in «Quo vado?», raccontava il nostro Paese visto dalla Scandinavia; e ora dall’Africa. Solo lui poteva farlo. Anche perché nessuno, nel nostro cinema notoriamente intento a rimirarsi l’ombelico, può spendere i milioni di euro necessari a girare in Kenya e nel Sahara, sapendo che saranno ripagati dal botteghino. Ieri gli incassi — pur restando eccezionali — hanno un po’ rallentato. Può darsi che il passaparola non sia sempre positivo. All’uscita del cinema, gli spettatori discutono. Di solito «Tolo Tolo» piace più alle donne che agli uomini. Di sicuro non è il film che ti aspetti da Checco Zalone.

È anche un film politico, e non solo perché il meridionale senza arte né parte che diventa ministro degli Esteri si chiama Luigi come Di Maio; e perché a un certo punto compare Vendola nella parte di se stesso, distolto dalla cura dei suoi fiori dalla telefonata del pugliese ostaggio dei trafficanti (l’ex governatore si lancia in una delle sue complicate metafore sinistrorse; Macron, chiamato da un francese, paga e lo fa liberare). È un film palesemente antisalviniano, senza per questo voler appiccicare nessuna etichetta a un artista che vuol restare di tutti. I neri non sono buoni. Omar, l’amicone, si rivela un traditore.

Però i neri sono poveri. Deboli. In una parola, umani. I buoni non esistono: tantomeno i giornalisti (il francese è un odioso reporter che si fa bello con i reportage umanitari, oltre che con il suddetto acido ialuronico, ma poi abbandona i compagni di viaggio nelle carceri libiche). Checco non tradisce se stesso. Non rinuncia all’ironia, compresa l’irresistibile satira dell’Africa consolatoria della Disney, con la «cicogna strabica che sbaglia rotta», abbandonando i bambini a un destino di miseria, «ed è pure una mignotta». Insomma Zalone non diventa politicamente corretto o sentimentalista. Però «Tolo Tolo» può davvero cambiare, almeno un po’, il sentimento dell’italiano medio verso i migranti. Il produttore Valsecchi non sarà d’accordo; ma questo non vale meno di un incasso record. Che poi magari arriverà comunque: il film va visto. Perché è bellissimo.

Note: Recensione di Aldo Cazzullo.
Famiglia Cristiana ha scritto: "Salvini veda Tolo Tolo e non scimmiotti il Papa".
Globalist: "La Destra si accorge che Zalone prende in giro i razzisti e cambia tiro: "Tolo Tolo scarso e noioso"".

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