La contraffazione, o il microchip del controllo totale
Si moltiplicano negli Stati uniti gli «allarmi» su medicinali, e fanno avanzare le tecnologie invasive
5 ottobre 2003
Gabriele De Palma
Fonte: Il Manifesto - 5 Ottobre 2003
Negli Stati Uniti la Food and Drug Administration (Fda) ha
recentemente lanciato preoccupati moniti sulla qualità dei farmaci acquistati
via Internet da paesi stranieri. Il pericolo paventato è la contraffazione
e la relativa inefficacia e dannosità di medicinali che non hanno la diretta
approvazione della stessa Fda. In una serie di controlli doganali effettuati nelle
poste centrali di New York, San Francisco e Miami, in un solo giorno sono state
rinvenute 1153 confezioni di medicinali, il 90% delle quali «sembrava»
contraffatto.
I controlli fanno parte di una campagna anti-contraffazione lanciata dalla Fda nel luglio scorso, e almeno in parte è dovuta al notevole incremento degli acquisti on-line di medicinali. Si calcola che i farmaci «made in Usa» costino in media il doppio rispetto agli stessi farmaci venduti oltre confine.
Al di là degli ovvi interessi economici (stratosferici) che inducono la Fda a diffidare i cittadini statunitensi dall'acquisto di farmaci all'estero, è utile distinguere due aspetti della questione. Da una parte il tentativo di difendere il ruolo di dominio delle grandi industrie farmaceutiche (che si sentono insidiate da nuove realtà emergenti), dall'altra la difesa della salute dei cittadini.
Sì, perché se la contraffazione è di per sé una truffa, è ben più grave che si riferisca ai medicinali e agli alimenti che ai capi d'abbigliamento.
Per scongiurare tale problema la Fda si sta preparando ad adottare uno degli ultimi ritrovati tecnologici: il Radio-frequency identification (Rfid).
Si tratta di una tecnologia, ancora in sperimentazione, basata su chip elettromagnetici che contengono informazioni specifiche che vengono trasmesse attraverso onde radio. I chip, di dimensioni microscopiche (i più piccoli hanno dimensioni misurabili in micron), vengono inseriti in un prodotto e comunicano ad un ricevitore diverse informazioni, da un semplice codice identificativo a dati più articolati.
Ci sono almeno due tipi di Rfid attualmente in sperimentazione: uno attivo, dotato di microbatterie e che trasmette continuamente ad un ricevitore i dati in suo possesso; l'altro passivo, privo di batterie e che si attiva quando colpito da uno specifico impulso radio.
Per ora i Rfid attivi sono troppo costosi (20$) per un utilizzo su larga scala, mentre quelli passivi, commercializzabili intorno ai 0,20$, sembrano rappresentare il futuro molto prossimo dei sistemi anti-contraffazione, e non solo per i farmaci.
Sono già stati approntati Rfid resistenti all'acqua e destinati ai capi d'abbigliamento, si pensa di inserirli nelle banconote e anche nei prodotti tecnologici per scongiurare l'utilizzo di parti di ricambio non autorizzate.
L'ormai prossima introduzione del radio-frequency identification mette in allarme (giustificato) tutti coloro che temono un domani alla «Minority Report», ma può rappresentare una momentanea assicurazione contro i più speciosi casi di contraffazione.
La tecnologia è ormai a disposizione. Sul suo utilizzo, le sue finalità e le conseguenze che comporterà sarà opportuno tenere gli occhi ben aperti.
I controlli fanno parte di una campagna anti-contraffazione lanciata dalla Fda nel luglio scorso, e almeno in parte è dovuta al notevole incremento degli acquisti on-line di medicinali. Si calcola che i farmaci «made in Usa» costino in media il doppio rispetto agli stessi farmaci venduti oltre confine.
Al di là degli ovvi interessi economici (stratosferici) che inducono la Fda a diffidare i cittadini statunitensi dall'acquisto di farmaci all'estero, è utile distinguere due aspetti della questione. Da una parte il tentativo di difendere il ruolo di dominio delle grandi industrie farmaceutiche (che si sentono insidiate da nuove realtà emergenti), dall'altra la difesa della salute dei cittadini.
Sì, perché se la contraffazione è di per sé una truffa, è ben più grave che si riferisca ai medicinali e agli alimenti che ai capi d'abbigliamento.
Per scongiurare tale problema la Fda si sta preparando ad adottare uno degli ultimi ritrovati tecnologici: il Radio-frequency identification (Rfid).
Si tratta di una tecnologia, ancora in sperimentazione, basata su chip elettromagnetici che contengono informazioni specifiche che vengono trasmesse attraverso onde radio. I chip, di dimensioni microscopiche (i più piccoli hanno dimensioni misurabili in micron), vengono inseriti in un prodotto e comunicano ad un ricevitore diverse informazioni, da un semplice codice identificativo a dati più articolati.
Ci sono almeno due tipi di Rfid attualmente in sperimentazione: uno attivo, dotato di microbatterie e che trasmette continuamente ad un ricevitore i dati in suo possesso; l'altro passivo, privo di batterie e che si attiva quando colpito da uno specifico impulso radio.
Per ora i Rfid attivi sono troppo costosi (20$) per un utilizzo su larga scala, mentre quelli passivi, commercializzabili intorno ai 0,20$, sembrano rappresentare il futuro molto prossimo dei sistemi anti-contraffazione, e non solo per i farmaci.
Sono già stati approntati Rfid resistenti all'acqua e destinati ai capi d'abbigliamento, si pensa di inserirli nelle banconote e anche nei prodotti tecnologici per scongiurare l'utilizzo di parti di ricambio non autorizzate.
L'ormai prossima introduzione del radio-frequency identification mette in allarme (giustificato) tutti coloro che temono un domani alla «Minority Report», ma può rappresentare una momentanea assicurazione contro i più speciosi casi di contraffazione.
La tecnologia è ormai a disposizione. Sul suo utilizzo, le sue finalità e le conseguenze che comporterà sarà opportuno tenere gli occhi ben aperti.
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