I computer risuscitati per gli ospedali del Senegal

25 giugno 2013
Marco Gasperetti

Non sarà proprio il computer super tecnologico, con il chip quad-core «veloce come la luce», con la scheda grafica così potente da simulare un improbabile demiurgo per creare una realtà virtuale più vera del mondo reale, quello dal design fichetto che «pensa differente». Però il vecchio computer risuscitato dalla squadra di senegalesi hi-tech ha un cuore grande così. Tra poco sarà donato a un’associazione no profit, sarà utilizzato in un ospedale del così detto Terzo Mondo e aiuterà un sacco di bambini.

La squadra dei risuscitatori si è formata al Liced (Laboratorio internazionale cooperazione e diritti), sede nel museo Piaggio di Pontedera, e adesso i cinque senegalesi che lo hanno frequentato hanno ottenuto il diploma di Trashware, un neologismo formato dalla crassi delle parole trash (spazzatura) e hardware e che significa appunto il recupero e il riuso di materiale informatico gettato nelle discariche troppo presto e troppo male. L’idea l’ha avuta Informaticisenzafrontiere, l’onlus che combatte il gap digitale in tutto il mondo e il patrocinio ce l’ha messo il Comune di Pontedera (Pisa).

E già dopo poche lezioni gli extracomunitari hanno imparato l’arte del riciclo. Non facile, per la verità, perché far tornare (quasi) come nuove «macchine infernali» polverose con sistemi operativi spesso obsoleti può essere un’impresa. Che Dia Dia Papa Demba, uno dei Risuscitatori Hi-Tech, ha conquistato con fatica e una grinta sorprendente. «Voglio mandare questi compter a Touba in Senegal, dove stanno nascendo un nuovo ospedale e alcuni ambulantori», ha detto dopo la consegna dell’attestato.

Ma al di là della solidarietà importantissima c’è qualcosa di più profondo nell’impresa di Pontedera, una vera sfida all’industria postmoderna che invece del riuso predilige il consumo, l’uso e getta e addirittura condanna elettrodomestici, pc, telefonini, tablet e tanti altri manufatti all’obsolescenza programmata, il guasto previsto dopo un ciclo di (sempre meno) anni. Come se quegli oggetti fossero come quelle strane e sventurate creature di Blade Runner, androidi nati in laboratorio, quasi perfetti, eppure e destinati a una morte precoce e decisa nel loro Dna dai loro umani creatori.

Nei cimiteri dell’obsolescenza programmata, cioè le discariche, i veleni ammorbano la terra. E spesso ciò accade proprio nei Paesi che chiedono solidarietà e un computer riciclato per far andare avanti un ospedale e pochi ambulatori. Costruiti per salvare i bambini. Anche loro destinati, spesso, a un fine vita programmato dall’incuria, l’abbandono, l’egoismo.


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