La Maddalena: un ritiro all'ombra delle urne
Dopo aver annunciato, all'unisono con il presidente del consiglio Berlusconi, che le truppe italiane si ritireranno dall'Iraq alla fine del 2006 «secondo tempi e modi che saranno delineati entro il prossimo gennaio», il ministro della difesa Martino ha fatto un altro sensazionale annuncio: i sottomarini Usa di Santo Stefano, La Maddalena, saranno trasferiti fuori dal territorio nazionale della base. L'operazione, che «si inserisce nel quadro di ridislocazione delle forze Usa in Europa», sarà compiuta «secondo tempi e modi che dovranno essere definiti più avanti», come stabilito con il collega Usa Rumsfeld. La notizia è stata definita dal presidente Soru «fantastica». Soru ha indubbiamente tutte le ragioni per gioire: comunque sia, l'annuncio del governo Berlusconi che i sottomarini Usa saranno trasferiti «fuori dal territorio nazionale della base» è certamente frutto del crescente movimento popolare le cui richieste sono state fatte proprie dal consiglio regionale sardo. A far crescere la preoccupazione e quindi l'opposizione popolare alla presenza della base sono stati in particolare gli incidenti dei sottomarini a propulsione nucleare, dei quali la popolazione e anche le autorità sono state tenute all'oscuro. Tra questi, l'incidente del sottomarino Hatford incagliatosi nelle acque dell'arcipelago maddalenino nell'ottobre 2003, rivelatosi molto più grave (v. il manifesto di ieri) di quanto dichiarò allora il contrammiraglio Stanley, che parlò di «incidente di piccola entità». Detto questo, occorre però recepire l'annuncio del ritiro dei sottomarini Usa, così come quello del ritiro delle truppe italiane dall'Iraq, con estrema prudenza.
Anzitutto, stando ai comunicati delle agenzie, non si parla di chiusura della base della Maddalena ma di trasferimento dei sottomarini «fuori dal territorio nazionale della base». In secondo luogo non si prende alcun impegno sui tempi del presunto trasferimento, che dovrebbe essere attuato «secondo tempi e modi che dovranno essere definiti più avanti». Può apparire invece credibile che, «nel quadro di ridislocazione delle forze», il Pentagono stia studiando una diversa dislocazione dei sottomarini. Sarebbe invece pericolosamente illusorio pensare che il Pentagono intenda diminuire la presenza di forze militari Usa in Italia e nel Mediterraneo. Basti ricordare che la marina Usa ha il suo centro principale a Napoli, dove è stato trasferito il quartier generale delle Forze navali Usa in Europa che prima era a Londra, e che, oltre a La Maddalena, dispone della base aeronavale di Sigonella e si sta preparando a utilizzare più efficamente il porto di Taranto. In tal modo il Pentagono sta trasformando sempre più l'Italia in trampolino di lancio della «proiezione di potenza» statunitense verso sud e verso est. Il fatto che il «ritiro» dei sottomarini Usa sia stato annunciato contemporaneamente a quello delle truppe italiane dall'Iraq non è casuale. Il governo di centrodestra vende in realtà la pelle dell'orso, ben sapendo che a decidere non è Roma ma Washington e che a promettere qualcosa da attuare dopo le elezioni non rischia nulla. Intanto, però, con tali promesse spiazza il centrosinistra, il cui impegno sul ritiro delle truppe dall'Iraq è estremamente titubante e quello sulle basi Usa in Italia assolutamente assente. La sinistra si è infatti da tempo ritirata dalla lotta contro le basi Usa in Italia: questo è il vero ritiro, che continua a pesare sul quadro politico italiano.
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