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gli europei devono essere pronti a estendere l'ordine del mondo liberale

La politica estera è un gioco di potere e di continui ricatti: il ruolo di pedine dei migranti sullo scacchiere mediorientale

le politiche estere utilizzano strumenti economici di ricatto e pressione e le contraddizioni delle politiche di potenza
16 settembre 2015

migranti a Ventimiglia

Il 28 luglio 2015 nella sede NATO di Bruxelles si è tenuto, su richiesta della Turchia, un vertice della NATO per discutere dell’offensiva dell’artiglieria turca contro i miliziani del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) in Iraq (rompendo una tregua siglata nel 2013) avvenuta in contemporanea, per la prima volta, ai bombardamenti aerei contro i jihadisti dello Stato islamico in Siria. Ankara aveva chiesto la riunione invocando l’articolo 4 del Trattato dell'Alleanza Atlantica che permette di convocare gli alleati per consultazioni politiche (le parti si consulteranno ogni volta che, nell'opinione di una di esse, l'integrità territoriale, l'indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata). Nel comunicato conclusivo il segretario generale Stoltenberg ha affermato che la discussione sull’instabilità alle porte della Turchia e alla frontiera Nato è giusta e attuale: “Condanniamo fermamente gli attacchi terroristici contro la Turchia, esprimiamo le nostre condoglianze al governo turco e alle famiglie delle vittime in Suruç e altri attacchi contro la polizia e gli ufficiali militari, Continueremo a seguire molto da vicino gli sviluppi sul confine sud-orientale della NATO”. http://www.nato.int/cps/en/natohq/official_texts_121926.htm?selectedLocale=en .

Di fatto, però, sono i gruppi curdi ad avere acquisito credibilità e rispetto da parte della comunità internazionale per il ruolo che stanno svolgendo contro i miliziani dell’autoproclamato Stato Islamico. Georg Streiter, vice portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, aveva precedentemente reso noto che Berlino era contrario ad un ingresso della Nato nel conflitto tra la Turchia e l’Isis, aggiungendo che se la Turchia ha tuttora il diritto di procedere contro il Pkk, il governo tedesco però invita Ankara a non fermare il processo di pace”.
Tuttavia la Turchia può contare sull’aiuto degli Stati Uniti:“Lo scopo è dare maggiore forza agli elementi più moderati tra i combattenti siriani in chiave anti-Isis così come alle frange più moderate dell’Esercito Libero Siriano”.
http://www.nytimes.com/interactive/2015/08/12/world/middleeast/turkey-kurds-isis.html?_r=0

La Turchia ha infatti raggiunto un accordo di massima con gli Usa per collaborare alla creazione di una 'free zone', un'area cuscinetto liberata dai terroristi dello Stato islamico al confine con la Siria settentrionale, e ha concesso l'uso della strategica base militare di Incirlik alle forze aeree Usa. La zona cuscinetto potrebbe accogliere i circa due milioni di profughi siriani che hanno trovato rifugio in Turchia. Si tratta di un piano che dovrebbe favorire l'opposizione al regime di Damasco che non può creare formalmente una 'no-fly-zone' (da tempo richiesta da Ankara), in quanto una zona di interdizione al volo per gli aerei del regime siriano avrebbe bisogno della luce verde da parte del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ma che avrebbe con ogni probabilità Russia e Cina contrari. https://www.washingtonpost.com/world/new-us-turkey-plan-amounts-to-a-safe-zone-in-northwest-syria/2015/07/26/0a533345-ff2e-4b40-858a-c1b36541e156_story.html?tid=sm_tw

L'entrata nel Parlamento turco del partito curdo Hdp, che per la prima volta ha conquistato 82 seggi nelle ultime elezioni, ha tolto al partito del presidente Erdoğan (Akp) la maggioranza assoluta di cui godeva prima. Con questa azione militare l’Akp punta a riguadagnare la fiducia dei nazionalisti tra i non curdi che hanno votato l’Hdp. Non è un caso che il 10 settembre il leader del partito filo-curdo Selahattin Demirtas e una delegazione di parlamentari, sono stati bloccati dalle forze dell’ordine turche a una ventina di chilometri da Cizre, nel sud-est del Paese, vietando loro persino di entrare in città per motivi di sicurezza.
http://www.lastampa.it/2015/09/11/esteri/turchiapkk-curdo-la-guerra-di-cizre-KAN4VrLTAMMf5Gvb1berOKpagina.html
Solo dopo numerosi appelli del Consiglio d'Europa una delegazione è potuta entrare nella città. “Demirtas entra a Cizre. Testimonianza di avvocata italiana: «È assedio e strage” http://ilmanifesto.info/demirtas-entra-a-cizre-testimonianza-di-avvocata-italiana-e-assedio-e-strage/

Ahmet Davutoglu, premier turco confermato alla guida del partito Giustizia e Sviluppo (Akp) del presidente Erdogan, il 9 settembre ha scritto un articolo su The Guardian in cui afferma “Stiamo vivendo un momento di crisi. Il Medio Oriente e il Nord Africa sono in subbuglio. Milioni di persone sono sfollati in fuga da guerre e persecuzioni da aree geografiche lontane” e ricorda che “la Turchia, tradizionalmente un paese di transito per l'immigrazione irregolare, è oggi anche una meta. Il popolo turco sta facendo enormi sacrifici per ospitare più di 2 milioni di siriani e iracheni”.
Così facendo, insiste, la Turchia sta smorzando l'afflusso massiccio verso l'UE ed è diventata un cuscinetto tra il caos e l'Europa. Sono gli Stati della UE a ricevere tassi irrisori di immigrati a livello globale. Bisogna risolvere le crisi in Siria, Iraq e altrove, sconfiggere lo Stato islamico e aprire la strada a una transizione democratica in Siria senza Assad.
Ma, soprattutto, la Turchia, candidata per l'adesione all'Unione europea, ribadisce che l'Europa debba agire con lei se vuole affrontare questa catastrofe umanitaria. http://www.theguardian.com/commentisfree/2015/sep/09/turkey-refugee-crisis-christian-fortress-europe

Alberto Negri, nell'articolo “Sulla Siria torna la tensione Est-Ovest”, scrive del contrasto fra Russia e Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Mentre la Russia continua a sostenere accordi stipulati con il padre di Bashar Assad, i secondi vogliono che il presidente siriano se ne vada. “Ma è evidente che non si può combattere il Califfato e allo stesso tempo il suo avversario”. Il regime di Bashar Assad controlla ancora un terzo del territorio popolato da almeno 13-14 milioni di persone: la caduta del regime provocherà altri milioni di persone in fuga verso l'Europa. I jihadisti non sono soltanto quelli dell'Isis ma anche quelli del Fronte al Nusra e Ahrar al Sham, ancora appoggiati dalle monarchie del Golfo anche se concorrenti tra loro. Questi gruppi condividono la stessa ideologia e gli stessi obiettivi. Non si può allora non fare riferimento ai legami economici che Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia hanno con le monarchie del Golfo. Questi doppi legami riflettono le stesse ambiguità presenti nell'accordo sul nucleare tra Iran e USA (approvato da Senato e Camera USA).

L'ambiguità della Francia che, sebbene abbia appoggiato l'intesa con Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Germania, ha legami con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, storicamente nemici dell'Iran e contrari all'accordo, spera in un ritorno economico. Quella della Turchia, che aveva dichiarato di non tollerare le ambizioni egemoniche dell’Iran chiedendo il ritiro delle milizie sciite da Iraq, Siria e Yemen e accusando Teheran di combattere lo Stato Islamico con il solo obiettivo di prenderne il posto, ma che ha poi cercato di compiacere Riyadh per motivi finanziari pur continuando a riverire i sauditi e Israele. O quella della Germania, ormai famosa per il suo pragmatismo, che pur non sostenendo un rapporto con l'Iran ha fatto prevalere l'interesse economico. Infine gli USA, prima esportatori di armi al mondo (le vende a Egitto, Qatar, Arabia Saudita ed Israele), come ha fatto presente il ministro degli Esteri russo Lavrov, dovrebbe a questo punto cancellare il suo piano di difesa missilistica visto che l’accordo con l’Iran ha dimostrato che Teheran non è, e non sarà, una minaccia nucleare. E' ovvio che difficilmente il Pentagono cancellerà una parte della sua dottrina nucleare perché rivolta proprio contro la Russia.
“Obama the super-salesman pours fuel on a Middle East in fames" http://www.smh.com.au/world/obama-the-supersalesman-pours-fuel-on-a-middle-east-in-flames-20150908-gjhhkj.html

Non c'è bisogno di frequentare un corso di laurea in Relazioni internazionali per sapere che le politiche estere utilizzano strumenti economici di ricatto e pressione e le contraddizioni delle politiche di potenza.

L'esercito americano ha speso oltre 41 milioni di dollari al 30 maggio 2015 per il programma di addestramento ed equipaggiamento dei ribelli siriani. In un comunicato del Pentagono si legge che altri stanziamenti arriveranno entro la fine dell'anno, anche se i risultati vanno in direzione opposta. Nel mese di luglio un primo gruppo di una cinquantina di combattenti, entrato in Siria dalla Turchia, è tornato indietro dopo essere stato attaccato da un gruppo affiliato ad Al Nusra (in altri momenti hanno cambiato divisa). E sebbene Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Giordania abbiano accettato di ospitare aree di addestramento, solo le ultime due hanno di fatto risposto fattivamente.
Sempre a luglio il presidente turco Erdogan ha confermato di aver concesso agli Usa di usare la base di Incirlik, costruita dagli americani nel 1951, per far decollare gli aerei da guerra della coalizione a guida Usa. Lo stesso Dipartimento della Difesa USA ha reso noto che l'US Air Force aveva trasferito sei F-16 Fighting Falcons dalla base aerea di Aviano presso la base di Incirlik in Turchia. Ciò avveniva in concomitanza con il rafforzamento delle recinzioni della base e una nuova illuminazione, telecamere e sensori in grado di mettere in sicurezza le bombe termonucleari B61. Queste sono stoccate nei 25 sotterranei all'interno di altrettanti rifugi aerei.
Stessa operazione sta avvenendo ad Aviano con una differenza: mentre Aviano possiede caccia F-16 in grado di decollare con il carico nucleare, la Turchia non permette agli USA di basare permanentemente un'ala combattente a Incirlik. Gli squadroni presenti ad Aviano sono impiegati anche dalla NATO in risposta alla presenza russa in Ucraina.

Alla luce di questi fatti è inevitabile la domanda posta da Hans M. Kristensen, direttore del “Nuclear Information Project” dell'organizzazione “Federation of American Scientists” con sede a Washington: “Se la NATO ha deciso di migliorare i perimetri di sicurezza delle basi di Incirlik e Aviano, questo vuol dire che anche le altre basi europee (Büchel, Ghedi, Kleine Brogel, e Volkel) sono insicure?” https://fas.org/blogs/security/2015/09/nuclear-insecurity/
Nella base italiana di Ghedi, oggetto l'anno scorso dell'esercitazione NATO “Steadfest Noon”, http://brescia.corriere.it/notizie/cronaca/14_novembre_12/ghedi-corso-esercitazione-nato-essenziale-sicurezza-paese-ffa0b660-6a7a-11e4-bebe-52d388825827.shtml , sono stoccate 20 B61 pronte per essere trasportate dai Tornado italiani in attesa di essere aggiornate e consegnate all'F-35, il nuovo caccia che avrà capacità nucleare entro il 2024. Ok. per l’ogiva nucleare B61-12: andrà ad Aviano: Usa. In contemporanea all'accordo sul nucleare, l’annuncio del riuscito test in volo nel poligono di Tonopah in Nevada. http://ilmanifesto.info/o-k-per-logiva-nucleare-b61-12-andra-ad-aviano/
L'aggiornamento delle B61europee destinate alla NATO e la loro consegna all'F-35, velivolo con caratteristiche stealth e capacità di attacco al suolo a bassa quota, fornirà nuovi vantaggi militari non previsti dal Trattato di non proliferazione nucleare (TNP). Inoltre una una relazione del GAO (Government Accountability Office) afferma che "né la NATO né il Comando europeo, in accordo con il Concetto Strategico della NATO, hanno elaborato in tempo di pace piani di emergenza nucleare. http://fas.org/blogs/security/2011/06/b61-12/

Ecco allora che la lettera pubblicata dal Washington Post il 10 settembre dal cancelliere tedesco Angela Merkel (prima potenza economica e politica della UE), il presidente francese Francois Hollande (unica potenza nucleare nella UE) e il primo ministro britannico David Cameron (prima grande potenza nucleare dell'Europa occidentale), in cui si afferma che con l'accordo USA-Iran il mondo è più sicuro, fa riemergere con forza il concetto di ambiguità del potere come elemento strutturale in periodi di caos. https://www.washingtonpost.com/opinions/cameron-hollande-and-merkel-why-we-support-the-iran-deal/2015/09/10/a1ce6610-5735-11e5-b8c9-944725fcd3b9_story.html?postshare=5081441905624312

Che l'Europa stia vivendo un periodo di caos politico fra crisi economica e crisi migratoria non c'è dubbio. L'ex ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, ha dichiarato, a proposito del dramma vissuto dalla Grecia, che la sua causa "risiede nella crisi esistenziale dell'eurozona: i pionieri della valuta unica, di cui Schaeuble è ultimo membro attivo, erano indecisi se l'euro dovesse essere modellato sulla base del gold standard internazionale del periodo inter-bellico, come il dollaro". Quell'ordine è caduto con la Grande crisi del 1929: "una valuta sovrana necessita di strumenti differenti e più flessibili, basati su una unione politica”. Inoltre "la troika passerà alla storia come un'Alleanza Sacrilega tra irrazionalità e malvagità. I rappresentanti delle organizzazioni che sapevano perfettamente che le politiche che stavano imponendo sarebbero fallite grazie ai criteri scelti, hanno svolto i loro 'ordini' senza rimorso, ragione ed in un modo che ricorda la Banalità del Male di Hannah Arendt. Il loro secondo fine, nascosto dietro una retorica del 'salvare' i nostri paesi, non era altro che spostare le perdite dai libri contabili della Deutsche Bank e company sulle spalle dei contribuenti europei più deboli (compresi quelli in Germania che stanno sperimentando un dura restrizione del valore reale del loro salario)".

Robert Fisk nell'articolo “Trattando come invasori i rifugiati bisognosi di aiuto rischiamo di perdere la nostra umanità”, scrive di “fili spinati lungo il confine ungherese. Fili spinati a Calais, di noi europei che trattiamo le masse povere e accalcate, i perfetti innocenti di Siria e Iraq, di Afghanistan ed Etiopia, come se fossero invasori stranieri decisi a saccheggiare e a soggiogare la nostra sovranità, la nostra patria verde e gradevole”.
Il famoso giornalista conclude con questa riflessione: “Incredibilmente, è la Germania – la nazione dalla quale decine di migliaia di profughi scapparono davanti alla Seconda Guerra mondiale, e davanti ai cui eserciti sarebbero fuggiti a milioni dopo l’inizio del conflitto – che è ora la destinazione prescelta per le centinaia di migliaia di masse accalcate che attraversano a piedi l’Europa. La generosità della Germania brilla come un faro”.

In realtà è ormai appurato che alla Germania non basta più avere il ruolo di potenza economica ma vuole assumersi un ruolo attivo anche in politica estera, e darsi strumenti anche militari per esercitare un’influenza internazionale effettiva. http://www.nytimes.com/2015/03/12/opinion/save-our-trans-atlantic-order.html . Non si parla mai abbastanza di quanto incidono sulla migrazione globale le conseguenze negative della globalizzazione neoliberista, le decisioni in politica estera e gli accordi di libero scambio. Per quanto riguarda l'Europa, innumerevoli studi provenienti da think tank fautori del liberismo estremo e neocoloniale (esiste una geopolitica dei think tank) concludono che è necessario per il vecchio continente attivare una politica estera più attiva: “gli europei devono essere pronti a estendere l'ordine del mondo liberale” http://carnegieeurope.eu/publications/?fa=57044

L'asse Parigi-Berlino, che ai tempi del conflitto in Iraq aveva difeso sia l’idea di un’Europa come potenza autonoma, sia rivelato il desiderio dei due paesi come voci soliste nel concerto europeo, si mostra ancora vigoroso in politica estera. Se Parigi aveva scartato l'idea di un'estensione dei raid alla Siria nel timore di rafforzare il presidente siriano Bashar al Assad, ora il governo francese intende sottoporre al Parlamento un dibattito sull'impegno delle forze aeree in Siria.
http://www.lemonde.fr/international/article/2015/09/15/les-limites-de-l-engagement-militaire-francais-en-syrie_4757401_3210.html#3QsmHx7j7p2AkGSG.99
Parallelamente il direttore della Conferenza internazionale sulla Sicurezza di Monaco, Wolfgang Ischinger, si è detto favorevole all'intervento militare della Germania in Siria. "La nostra strategia nella crisi siriana può essere credibile solo se verrà sostenuta da un intervento militare. L'Unione Europea deve essere in grado di parlare seriamente delle questioni più importanti, come le zone di protezione in Siria per i milioni di profughi, bisogna discutere con gli Stati Uniti e con altri paesi per decidere misure quali l'imposizione di una no fly zone in Siria e nei paesi confinanti. Chi non si deciderà a farlo, non deve stupirsi se continueranno ad arrivare migliaia o milioni di profughi"
http://www.faz.net/aktuell/politik/ausland/naher-osten/ischinger-fuer-militaerisches-engagement-deutschlands-in-syrien-13803515.html

La Germania è leader nelle politiche europee ma è anche l'economia più forte http://www.globalfirepower.com/country-military-strength-detail.asp?country_id=germany

marines svedesi, finlandesi e inglesi durante una esercitazione

Nell'esercitazione NATO “Trident Juncture 2015”, la Bundeswehr tedesca (le forze armate tedesche costituiscono l'ottavo esercito più potente del mondo) avrà un ruolo di primo piano. Per il tenente generale Richard Rossmanith, comandante della Joint Headquarters di Ulm, l' "Operation Trident Juncture" servirà a inviare non solo un messaggio alla Russia ma a tutti, perché la NATO è la più forte alleanza militare del mondo che ha un orientamento a 360 gradi. La NATO cioè si prepara ad utilizzare l'esercitazione come preparazione di uno stato di guerra permanente e globale.
Lo scenario previsto vedrà l'esercito NATO combattere non solo contro un esercito regolare, ma anche contro guerriglieri, si troverà ad affrontare situazioni di insicurezza alimentare, massicci spostamenti di popolazioni, attacchi informatici, guerra chimica e guerra dell'informazione. “Sorotan”sarà uno spazio immaginario sconvolto da una guerra aerea, terrestre e marittima che impegnerà 36 mila truppe da oltre 30 nazioni. Qui si svilupperà un conflitto tra due paesi a causa delle falde acquifere a secco. “La lotta per l'acqua potabile accende il conflitto in una regione che soffre per la desertificazione, l'essiccamento del suolo e dell'acqua. La disputa sui confini vede lo stato Kamon conquistare le dighe di Lakuta che si presenta impreparato a questa invasione. Non sarà possibile avviare un arbitrato internazionale perché Kamon non lo vuole”. La NATO dovrà contribuire a ripristinare la pace e l'ordine. http://www.jfcbs.nato.int/trident-juncture.aspx

Nell'articolo di Le Monde Diplomatique “Aux origines climatiques des conflits”, pubblicato in Italia dal Manifesto http://ilmanifesto.info/il-clima-al-centro-dei-conflitti/ , viene documentato il perché del cambiamento del clima, in che modo sia diventato un moltiplicatore di minacce e come stia cambiando le relazioni internazionali.”Il flusso di profughi verso il paradiso della prosperità in Europa, è probabile che incrementi ulteriormente in questo secolo. Lo studioso di scienze politiche François Gemenne dice: “Oggi al mondo ci sono almeno tante persone costrette a trasferirsi come conseguenza del degrado ambientale quante quelle che devono farlo a causa delle guerre e della violenza. ”Questi migranti fuggono da guerre lontane, e, tuttavia, l’Occidente, malgrado la sua responsabilità storica del riscaldamento globale, si rifiuta di riconoscere la loro condizione: “Negare il termine ‘profugo per il cambiamento del clima’ equivale a negare il fatto che il cambiamento del clima sia una forma di persecuzione delle persone più vulnerabili.” Queste sono vittime di una trasformazione che va a di là del loro controllo”.

La questione dei migranti è stata valutata dalla Germania sulla base dei vantaggi/svantaggi. Diversi economisti ed esponenti politici hanno considerato, visto che la società tedesca sta invecchiando, che il mercato del lavoro potrebbe beneficiare dell'afflusso di migranti giovani e motivati. Questo scenario, sempre secondo questi politici, tende però a trascurare i costi di integrazione e formazione dei migranti che giungono nel paese da contesti sociali, culturali ed economici completamente differenti. Nell'articolo dello Spiegel “I rifugiati sono una opportunità per l'economia tedesca” si racconta di una Germania che agisce, a livello comunitario, orientata dai propri interessi economici. Lutz Schneider dell'Università Coburgo ha esaminato le conseguenze dell'immigrazione studiate dalla Fondazione Bertelsmann https://www.bertelsmann-stiftung.de/en/press/press-releases/press-release/pid/germanys-labor-market-needs-more-immigrants-from-non-eu-countries/ concludendo che “se l'immigrazione netta diminuisce in modo significativo, l'invecchiamento della società creerà problemi irrisolvibili per i sistemi di sicurezza sociale e il bilancio nazionale", sebbene alla luce dello sviluppo tecnologico e la digitalizzazione della vita sia difficile prevedere quali dovranno essere i requisiti futuri della forza lavoro.
Lo studio si basa su di una previsione che prevede che il numero medio annuo di immigrati provenienti da paesi della UE diminuirà a 70.000 entro il 2050, per cui i ricercatori hanno calcolato che entro il 2050, la Germania avrà bisogno di un netto medio compreso tra 276.000 e 491.000 di immigrati all'anno provenienti da paesi extra-UE. La dichiarazione della Merkel di voler ospitare 800000 migranti entro il 2015 extra UE va vista in questa direzione, anche se al vertice dei ministri degli Interni e della Giustizia dei 28 Paesi ha fatto capire che “la Germania in queste settimane ha dato molto, anche gli altri Paesi devono fare di più”. http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-09-13/migranti-polizia-monaco-siamo-limite-ministro-ue-fallimento-totale--152903.shtml?rlabs=1
Sempre nell'articolo dello Spiegel si legge che il problema è che il mercato del lavoro tedesco ha bisogno di personale mediamente qualificato. http://www.spiegel.de/international/germany/refugees-are-an-opportunity-for-the-german-economy-a-1050102.html

Per quanto riguarda l'industria degli armamenti in particolare, il governo tedesco ha approvato un documento strategico http://www.bmwi.de/BMWi/Redaktion/PDF/S-T/strategiepapier-bundesregierung-staerkung-verteidigungsindustrie-deutschland,property=pdf,bereich=bmwi2012,sprache=de,rwb=true.pdf che promuove di aumentare non solo gli investimenti per lo sviluppo di tecnologie per la difesa, “è di vitale importanza per la sicurezza e la capacità di guerra”, ma di rafforzare il sostegno politico dell'export delle armi tedesche all'estero e favorire le fusioni con imprese straniere, ma solo a determinate condizioni.
Se precedentemente la fusione fra EADS (Germania, Francia, e Spagna poi divenuta Airbus Group) ) e BAE Systems (Inghilterra) era stata bloccata dalla Germania perché temeva una marginalizzazione degli impianti di produzione tedesche, oggi è probabile il via libera alla fusione tra Krauss-Maffei Wegmann, il più grande produttore tedesco di carri armati, veicoli da combattimento di fanteria e sistemi di artiglieria, e l'omologo francese Nexter. In Germania la maggior parte delle aziende della difesa sono private e di proprietà tedesca.
Le maggiori aziende della difesa, oltre alla già citata Krauss-Maffei Wegmann, sono Rheinmentall Defence e ThyssenKrupp Industrial System. Anche se la Germania si vanta di avere norme rigorose e restrittive in materia di export d'armi in paesi stranieri, fucili d'assalto e altre armi militari leggere prodotte dalla Germania sono apparse in aree di crisi (Messico) e zone di guerra (Israele). Le decisioni per la vendita di armi sono prese da un "consiglio di sicurezza" presieduto dal cancelliere, ministri dell'economia e degli esteri. All'inizio dell'anno il Vice Cancelliere e Ministro dell'Economia Sigmar Gabriel, dopo una visita in Medio Oriente, ha dato la notizia di accordi siglati per la fornitura di armi alla Arabia Saudita, Kuwait, ed Egitto. Altri clienti dei tedeschi sono il Pakistan, Indonesia, Turchia, Libia, Algeria, Oman, Libano, Bhutan e Turkmenistan.
Come si può notare armi e immigrazione sono considerati da tutti solo come business scaricabili.

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