Spese militari e moltiplicatore keynesiano
Si è aperto un dibattito economico sui benefici economici degli investimenti pubblici nel settore militare.
Questa scheda intende offrire un contributo al dibattito pubblico analizzando in chiave economica una domanda cruciale: la spesa militare produce effetti benefici sull’economia nazionale?
Al centro dell’analisi c’è il moltiplicatore keynesiano, un concetto sviluppato da John Maynard Keynes e successivamente elaborato da economisti come Richard Kahn e Paul Samuelson. Secondo questa teoria, ogni euro speso dallo Stato può generare un effetto “a catena” sull’economia, producendo un incremento del PIL superiore all’investimento iniziale. Tuttavia, non tutte le spese pubbliche hanno lo stesso moltiplicatore.
La spesa militare, secondo una vasta letteratura scientifica, mostra in media un moltiplicatore inferiore rispetto agli investimenti in settori civili.
Come riportato da Sheremirov e Spirovska (Federal Reserve Bank of Boston, 2019; 2021), il moltiplicatore militare globale si aggira tra 0,75 e 0,85, ma può scendere sotto 0,3 in contesti economici sfavorevoli o poco integrati. In confronto, spese in sanità, istruzione o infrastrutture verdi mostrano moltiplicatori compresi tra 1,5 e 2,5, secondo dati OCSE, FMI e Commissione Europea.
Riferimenti
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Sheremirov, V. & Spirovska, S. (2019, 2021), Fiscal Multipliers in Advanced and Developing Countries, Federal Reserve Bank of Boston.
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Barro, R. (2013), Fiscal Multipliers and the State of the Economy, IMF Fiscal Forum.
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World Bank Data: Military expenditure (% of GDP).
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CEPR (2023), Economic Effects of Military Support to Ukraine.
Dal punto di vista pacifista, questa analisi suggerisce che investire in settori di cura, conoscenza e sostenibilità non è solo moralmente auspicabile, ma anche economicamente razionale. Le armi, infatti, non producono servizi pubblici duraturi, non generano occupazione stabile diffusa e sottraggono risorse che potrebbero essere impiegate per affrontare le vere emergenze sociali e ambientali.
Un altro aspetto cruciale, collegato al precedente, è l’effetto occupazionale della spesa pubblica, e in particolare il confronto tra spesa militare e spesa civile.
Effetti occupazionali: spesa militare vs spesa civile
Dal punto di vista keynesiano, la spesa pubblica genera occupazione se crea domanda per beni e servizi prodotti internamente, e se coinvolge settori ad alta intensità di lavoro. Ma non tutte le spese pubbliche lo fanno allo stesso modo.
Spesa militare: occupazione specializzata e concentrata
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Genera posti di lavoro altamente specializzati, spesso in settori ad alta tecnologia e capital-intensive (industria aerospaziale, elettronica militare, sistemi d’arma).
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Ha effetti occupazionali concentrati in grandi imprese, talvolta multinazionali, e in pochi territori.
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Molti investimenti vanno all’estero (es. acquisto di armamenti dagli Stati Uniti), riducendo l’impatto sul lavoro nazionale.
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Una parte del denaro “esce” dal circuito produttivo interno, non alimentando la domanda locale.
Spesa civile: occupazione diffusa e stabile
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Sanità, scuola, mobilità sostenibile, energia verde ecc. sono settori labour-intensive, che attivano molta manodopera locale.
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Generano lavoro stabile e a forte impatto sociale (insegnanti, infermieri, tecnici, artigiani, operatori sociali).
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Riducono la disoccupazione giovanile e femminile, favorendo inclusione e coesione sociale.
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Hanno ricadute indirette su altri settori: consumi, commercio, servizi, piccola impresa.
Studi di riferimento
Uno studio pubblicato dal Costs of War Project della Brown University (2021) ha mostrato che:
- Per ogni miliardo di dollari speso nel settore militare si creano circa 11.200 posti di lavoro
- Ma lo stesso miliardo investito in sanità ne crea 14.300, nell’istruzione 15.500, nelle energie rinnovabili 16.800
- Quindi, a parità di spesa, la spesa civile genera fino al 50% in più di occupazione rispetto a quella militare.
Fonte:
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Pollin, Heintz, Garrett-Peltier, “The U.S. Employment Effects of Military and Domestic Spending Priorities”, PERI, 2009
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Costs of War Project, Watson Institute, Brown University
Conclusione
Un’economia che sceglie di puntare sulla spesa civile non solo offre più posti di lavoro, ma li offre dove servono di più: nei territori, tra le persone, nelle comunità. In tempi di crisi climatica, sanitaria e sociale, la vera sicurezza si costruisce non con più armi, ma con più investimenti ambientali e sociali, con più cura, più conoscenza, più solidarietà.
Spendere cifre enormi in armi. Ci sarà un effetto sull’economia?
https://scenarieconomici.it/spendere-cifre-enormi-in-armi-ci-sara-un-effetto-sulleconomia/
Il punto di vista sulle spese militari del capogruppo Pd in commissione Difesa della Camera, Alberto Pagani: "Dire che si tratta di risorse sottratte a più importanti priorità non è un’opinione politica, ma è una stupidaggine, frutto dell’ignoranza della materia economica e di quella militare, perché il ritorno che genera l’investimento nelle tecnologie per la Difesa arricchisce il Paese e contribuisce a finanziare la scuola, la sanità, ed i servizi pubblici in generale".
https://formiche.net/2022/04/spese-militari-pagani/
Allegati
Spese militari ed economia
Alessandro Marescotti234 Kb - Formato pdfScheda didattica sull'impatto delle spese militari su economia e occupazione. Analisi del concetto di "moltiplicatore" keynesiano
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