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27 dicembre 2003

ARARAT - IL MONTE DELL'ARCA - di Atom Egoyan

Film dalla struttura narrativa complessa: vi si intrecciano storie differenti, ma i cui protagonisti sono accomunati da una stessa vibrante esigenza di venire a patti col proprio passato.
Autore: Carmen'79

Sullo schermo si incrociano le vite di Ani, storica d'arte, studiosa del pittore espressionista armeno Arshile Gorky, di suo figlio Raffi, che dopo un viaggio in Turchia alla ricerca delle propri radici viene fermato alla dogana in quanto sospettato di contrabbandare eroina, della sua sorellastra e amante, convinta che Ani sia responsabile del suicidio del padre. Ma Ararat è soprattutto un film nel film: il fulcro attorno a cui ruotano le varie vicende personali è infatti la realizzazione di un film sul genocidio degli Armeni in Turchia nel 1915 ad opera del famoso regista Edward Saroyan, interpretato da Charles Aznavour. Tale espediente consente al regista di sviluppare accanto al tema del rapporto privato di ogni personaggio con la memoria e con il perdono, quello ben più ampio della denuncia di una tragedia collettiva, lo stermino del popolo armeno, episodio storico troppo spesso dimenticato. Scorrono così sullo schermo in tutta la loro sconvolgente brutalità le scene degli stupri, delle deportazioni, delle mutilazioni, degli omicidi di massa, delle morti di stenti. E' tutto l'orrendo repertorio che da sempre accompagna ogni episodio di "pulizia etnica". La rievocazione dell'olocausto armeno da parte di Egoyan appare particolarmente importante se si considera che esso costituisce una delle pagine più oscure e meno divulgate della storia del XIX secolo e che tutt'oggi l'eliminazione di oltre un milione di armeni ad opera dei Turchi prima durante e dopo la prima guerra mondiale non gode di riconoscimento da parte della comunità internazionale. Il governo turco poi, oltre a negare ogni responsabilità riguardo al genocidio, rifiuta categoricamente la restituzione anche parziale dei territori armeni occupati. "Ararat" è dunque sì film dell'affannosa ricerca di una propria identità personale e culturale, ma è soprattutto film della memoria storica, della necessità di ricordare e dell'orrore che è insito nella negazione dell'orrore e che si sintetizza nella frase, qui rievocata, che fu pronunciata da Hitler a giustificazione dello sterminio degli ebrei: "Chi si ricorda più del genocidio degli Armeni?"

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