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3 agosto 2004

Santa Celia, prima di Eboli

Autore: Oreste Mottola

Santa Cecilia, nuova frontiera della Piana del Sele

Rinasce intanto la voglia di autonomia da Eboli

Una frase scritta in arabo sul muro del campo di San Nicola Varco (Quanti extracomunitari “ospita” ancora? Forse più di 400) avverte: a chi non ha ciò che gli piace, deve piacere ciò che ha. Così ragionarono anche coloro che (molti decenni or sono) scelsero Santa Cecilia per abitarvi stabilmente. Si fecero piacere questi ex latifondi ed oggi questa località è una delle nuove frontiere dello sviluppo della Piana del Sele. Dove l’economia ancora cresce, si aprono nuove fabbriche, i negozi spuntano dal niente e ... potendo (ah, quel Piano Regolatore voluto da Rosania) spuntererebbero ancora tante palazzine. Diecimila abitanti che si affacciano su di una delle strade più trafficate d'Italia, nel bel mezzo di una zona, la Piana del Sele, che è "il Nord" del nostro Sud.

EBOLI? GUARDANO DA UN’ALTRA PARTE

Questa è Santa Cecilia, frazione di Eboli, ma che guarda a Paestum e a Battipaglia, ma da decenni percorsa da venti di separatismo. "Quelli lì hanno occhi solo per tutto che c'è oltre il ponte di S. Giovanni. Qui c'è la migliore agricoltura, le industrie moderne, un commercio che va veloce e poi c'è il mare", ti dicono un po' in coro. “Loro” sono gli ebolitani di sopra, distanti più per mentalità che per i dieci chilometri della provinciale 30. La guerra è innanzitutto ai luoghi comuni: "Santa Cecilia non è solo un incrocio su di una strada spesso funestata da incidenti stradali o la terra di nessuno degli extracomunitari", a parlare è l'avvocato Antonio Conte, consigliere provinciale, nonchè uno che da queste parti c'è nato, cresciuto e pasciuto. E’ nipote di Carmelo Conte, l’ex ministro che ha imposto all’attenzione generale questa terra. "Siamo onesti. Del lavoro degli extracomunitari a S. Cecilia c'è estremamente bisogno. Possono così contribuire al nostro sviluppo e così integrarsi, da persone e non solo da braccia".

IL PANORAMA PRODUTTIVO

Ettari ed ettari di campi inondati dal sole: cavoli, carciofi, ortaggi, serre di fiori e fragole. E poi tanti allevamenti di bufale. I caseifici, le mozzarelle. La Piana del Sele sembra davvero un'isola felice, se ti limiti ad attraversarla, di giorno, velocemente in macchina. Ma appena giri lo sguardo vedi figure chine sulla terra riempiono cassoni di verdura che partiranno poi per le altre regioni d'Italia. Poi il pomeriggio, spesso la sera, quelle ombre riemergono. A piedi o in bicicletta rischiano d’incontrare un guidatore distratto, che preso dalla strada rettilinea, abbagliato dalle luci o perso nei suoi pensieri a non accorgersi del pedone o del ciclista. Li organizzano i nuovi caporali, marocchini o algerini, che lucrando il 10% sulla paga di ogni lavoratore, fanno da intermediari ad una prima definizione dei salari e delle ore di lavoro. Sono loro i nuovi «ricchi»: proprietari di auto utilizzate da gruppi di 4/5 per raggiungere i luoghi di lavoro, dove altri arrivano a piedi o in bicicletta. Basta un furgone senza sedili posteriori e di una Opel dissestata, per fare la spola con i terreni che circondano la zona. Pagano la tangente per lavorare, oltre al dieci per cento a chi fa arrivare le rimesse in Marocco. Sveglia alle sette, poi il raduno per andare nei campi a raccogliere scarole, finocchi, carciofi. Otto ore chini.

LO SVILUPPO STRAORDINARIO.

Le banche, che di economia hanno conoscenza, si sono accorte da tempo delle grandi potenzialità di Santa Cecilia. Accanto alla Popolare di Salerno ed al Banco di Napoli, sta per piazzarsi anche il Credito Cooperativo di Aquara. " D'estate c'è un passaggio di turisti inestimabile, qualche milione di persone", racconta Antonio Conte. Ma manca l'amalgama tra gli abitanti, c’è ancora un’ancora acerba comune tradizione culturale.

LA TENTAZIONE AUTONOMISTA

“E’ una via affascinante, non lo nego”, dice l’avvocato Conte. “Qui c’è una mentalità diversa, più veloce, rispetto ad Eboli. Non possiamo continuare a pensare di andare solo verso la collina. C’è il mare e c’è Paestum”.

LE DIVERSE PROVENIENZE

Non essendoci un ceppo strettamente ebolitano ma diversi nuclei originari da posti diversi la competizione è stata più forte. Sono arrivati da Salerno, dai comuni del Cilento, dai Picentini, dall’hinterland napoletano. Gli ultimi insediamenti edilizi hanno attirato molti.

LE ATTIVITA’ ECONOMICHE

L’agricoltura continua ad essere l’attività principale: Cavaliere, Alfano, Iemma, ecco i nomi di maggiore rilievo. C’è la Tafuro che trasforma prodotti agricoli, c’è la metalmeccanica Carpedil con l’Emisas. Il commercio sviluppa notevoli volumi di scambi. “Devono avere altri servizi e di potersi ampliare e sviluppare. Il nuovo piano regolatore è ancora penalizzante e fuorviante”, dice Conte.

BUFALE E MOZZARELLE

Alcuni nomi sono conosciutissimi: “La Masseria”, “Esposito”, “Villecco”, “Tre Stelle”. E poi ancora altri. Gli allevamenti maggiori sono quelli di Iemma e a Battipaglia. Il settore qui si regge sul grande contributo all’acquisto della mozzarella fresca da parte dei tanti napoletani che d’estate si riversano su queste strade: subito dal produttore al consumatore.

VITA SOCIALE.

La Parrocchia è retta da don Daniele Peron, coordinatore della Forania di Eboli. L’Oratoria e la Parrocchia cercano di animare. Sono state fatte delle memorabili edizioni del Natale e del Carnevale. “C’è bisogno di uno spazio pubblico per concerti e dibattiti. Ed una biblioteca. Poi il Comune dev’essere presente qui con una vera e propria casa comunale”.

LE ENORMI POTENZIALITA’

L’avvocato Antonio De Falco, viene da Mercato San Severino: “Qui si vive bene. Le potenzialità sono enormi. Le maggiori carenze sono proprio nella fascia costiera. E’ troppo abbandonata a se stessa. Il sindaco Rosania ha fatto tanto, ma ancora non basta. “Il loro unico luogo di ritrovo è la piazzetta davanti al Banco di Napoli. Il punto dolente è proprio la loro mancata integrazione”. Cominciano però ad esserci molti esempi d’integrazione.

POMODORO E DOPOTERREMOTO

Dopo il terremoto del 1980 S. Cecilia comincia a perdere il grosso soccorso di braccia che arrivava dall’Alto Sele, dall’avellinese ed anche da alcuni paesi lucani. C’è lavoro, per gli uomini, nella ricostruzione e così le donne possono restare a casa o lavorare i propri appezzamenti di terra. Poi sulla coltura del pomodoro si è scatenata la fisiopatia che ne ha determinato quasi la scomparsa dal panorama produttivo. Così gli agricoltori hanno dovuto riconvertire le loro attività verso colture di tipo invernale: finocchi, insalata, carciofo, cavolfiori e scarola. E serviva ancora più manodopera. C’è stato quindi “bisogno” degli extracomunitari. C’erano poi dei grandi “contenitori” utilizzabili come alloggi di fortuna: S. Nicola Varco, l’ex Mellone, e tanti casolari abbandonati.

L’IMPROSTA E S. NICOLA VARCO

Mentre l’azienda Improsta è passata al patrimonio regionale e si avvia a diventare un’importante realtà per la ricerca agricola meridionale, S. Nicola Varco è ancora “terra di nessuno”. Per le terre dell’Istituto Orientale, più di mille ettari di terreni fertilissimi, Antonio Conte vi immagina l’istituzione di una facoltà universitaria di agraria e di veterinaria.

L’AVAMPOSTO DELLA SCUOLA

Dario Palo, insegna presso la scuola elementare di Cioffi. La realtà è già tutta nei numeri: “Gli immigrati censiti sono 606, ma in realtà sono tanti di più. Fino ad oltre tremila. Almeno l’80% di loro sceglie di risiedere in questa zona. Nella sola scuola quasi un terzo dei bambini, non hanno origini italiane”. Ma il lavoro della scuola investe anche gli adulti. “Per loro facciamo corsi di italiano. Nei due giorni della settimana (mercoledì e giovedì dalle 17 alle 19) sono almeno in 50 a frequentare, ed in maniera molto disciplinata”. Le nazionalità presenti sono i nordafricani (tunisini, marocchini ed algerini), ma anche tanti appartenenti all’ex Iugoslavia, i rom e gli albanesi”.

UN CENTRO SPORTIVO

Sabato 22 febbraio 2003 sarà inaugurato il centro sportivo “Spartacus”, costruito dal comune di Eboli. Calcio, calcetto e pista di atletica, sono gli sport che la comunità di S. Cecilia, (scuole, associazioni e singoli cittadini) potranno utilizzare al meglio.

LA SCHEDA SUL FENOMENO EXTRACOMUNITARI

Il fenomeno dell'ingresso e della presenza dei lavoratori immigrati nella Piana del Sele ha origine, di una certa rilevanza, soprattutto alla fine degli anni '80, con l'ingresso di flussi migratori extracomunitari provenienti quasi esclusivamente da: Marocco, Algeria, Tunisia e Senegal.

Agli inizi il fenomeno ha interessato poche centinaia d’unità che si sono insediate nel territorio battipagliese, ebolitano e capaccese dedicandosi prevalentemente alle attività agricole precarie e stagionali, e quelle caratterizzate da rapporti di lavoro stabili nelle aziende zootecniche locali (stalle bufaline).

Questi primi insediamenti hanno calamitato negli anni altri flussi migratori di connazionali, in prevalenza marocchini, soprattutto in concomitanza dei periodi correlati alle grandi raccolte di prodotti agricoli nella Piana del Sele (carciofi, fragole, frutta e ortaggi). Connotandosi quindi come forza lavoro stagionale e di transito.

A partire dalla metà degli anni '90, il fenomeno ha assunto una diversa forma, presenza non più sporadica, ma attività lavorativa agricola che andava anche oltre le stagioni dalle grandi campagne di raccolta. Il numero complessivo è di circa 1800 unità stabilmente addette al settore agricolo.

Di questi circa 400 hanno regolare permesso di soggiorno (fonte Direzione INPS). Il resto è rappresentato da lavoratori clandestini.

Gli immigrati con regolare permesso di soggiorno rappresentano la base storica e di più maturo insediamento (dai 5 ai 15 anni), quasi tutti hanno ottenuto la regolarizzazione in seguito alle sanatorie. Sono molto rari i casi di ricongiungimenti familiari (circa una cinquantina).

La nazionalità prevalente è quella marocchina (80% circa), l'età media nella quale si concentra la maggior parte degli immigrati, è rappresentata dalla fascia d’età compresa tra 30-40 anni. Negli allevamenti bovini e bufalini, nei quali non è più possibile da anni reclutare forza lavoro dipendente locale, indisponibile a tale attività e che è diventata d'esclusiva competenza di lavoratori extracomunitari (soprattutto indiani e pachistani).

Nella Piana del Sele su un totale di 1.696 aziende d'allevamento bufalino e bovino con un numero di capi pari a 13.896 oggi lavorano circa 400 extracomunitari e rappresentano oltre 80%, di tutta la forza lavoro dipendente addetta al settore.

IL PERSONAGGIO: MARUF

Maruf, volto solare, sorriso aperto, stazza imperiosa, Maruf è marocchino. Regolare, vive in Italia da quasi vent’anni anni. «oltre diciotto anni di contributi», sottolinea ridendo. È delegato Cgil, responsabile dell’associazione «Casablanca» e fa parte anche della Consulta provinciale per l’immigrazione. Vive in un’umile casa a Campolongo, e fa da «mediatore culturale» per il comune di Eboli. Un tramite indispensabile, che lo rende più di un capo carismatico. Che aiuta in mille faccende pratiche i suoi connazionali - non solo quelli ospitati a Eboli - soprattutto quelli che hanno bisogno dell’ospedale. E che ormai sa come muoversi sul terreno scivoloso della burocrazia.

Oreste Mottola

Cellulare 338 4624615


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