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Forum: Lettere

27 ottobre 2005

Il sole a quadretti

Autore: concita occhipinti

Un’altra mosca.
Tanto prima o poi l’ammazzo e le faccio fare la fine di sua sorella, quella che ieri non mi ha fatto dormire un momento solo. Sì, vola vola, tanto quando ti prendo le ali te le strappo, ma prima mi ci diverto, ti devo torturare, non vedo l’ora!
Te lo dicevo che ti prendevo!
Ora che fai? Ti ribelli? Ti brucio con la sigaretta!
Se mi lasciavi dormire non t’ammazzavo, ora invece mi tocca fare un altro omicidio, che questo mi rimane impunito.
Finalmente…
Ora posso riposare in pace.
Prima d’alzarmi però me la faccio la preghiera: oggi in cortile devo incontrarmi con Alfio, mi hanno detto che assai forte è.
Abbatto un altro lampione e mi piglio i soldi. Per campare quando esco.
Pieno di muscoli dicono che è questo Alfio. Ma io mancino sono, al braccio di ferro è uno scherzo batterlo. E poi i piccioli sono tanti e se non lo vinco, in quel posto me la prendo.
Hei cumpa’, ppi’ mmia iucasti?
Sì, che se non mi fai vincere lo sai che ti faccio!
Nun t’arragghiari, ca ‘u sangu nt’a l’uoccchi ti va.
Vinco vinco, stattinni tranquillu.
Tutti a giro sono i compagni miei, mentre Alfio si gonfia.
Però i muscoli veramente ce li ha!
Qui finisce che stavolta le prendo, e pure i piccioli perdo.
Alfio s’avvicina e mi fa la mossa di farmi avanti.
Un poco mi scantu, però forza mi faccio.
Lo devo abbattere quest’altro lampione.
Incominciamo a guardarci negli occhi.
Lui mi talìa fissu, io puru.
Ora che cominciano a urlare, che lontani li sento, per non distrarmi dal braccio di Alfio. Il mio non si muove, ma neanche il suo. Mi viene di ricordare quann’era picciriddu ca già vinceva, e si nun vinceva chiangeva e mio padre mi taliava come per dire: bella figura!
Per questo continuo a battere tutti che il sole è meglio vederlo a quadretti che uscire fuori e incontrare mio padre!
Tanto me patri, l’ammazzai come la mosca di stamattina, che stanco ero di lui.
Nunn’arragghiunava cchiù, era convinto che avrei dovuto fare la sua vita in campagna, a seminare d’a matina a’ sira. Sì, ca u tipu era! E mentre m’arricuordu ‘u vrazzu miu, si torci di duluri…Comu a musca mi và finisci…se non m’alliestu a battiri stu lampioni!
Forza, forza, forza!
Abbattemulu, puru a chistu lampiuni!
I sbirri mi talìunu. Poi si girunu. Quannu ‘i picciuli mi passano intra ‘e sacchetti. nuddu talìa. Però stasera ce la beviamo la birra, tutti insieme, a la saluti di la musca!
Stavolta il braccio, male assai mi fa. Ora per una settimana non lo posso muovere. Forte era Alfio, se mi perdevo nei pensieri un altro poco perdevo io!
Ora mi battono sulle spalle. Ma no forte, lo sanno tutti che le mani addosso non le sopporto, e neanche le mosche.
Quannu era picciriddu con le mosche ci dovevo stare per forza, perché le vacche che portavo in giro erano piene piene, che sembravano la loro casa, a me sempre lo schifo m’hanno fatto le mosche. Per questo non le posso vedere. Sono come certuni che s’appiccicano addosso e non te li levi più davanti, tranne che non li ammazzi.
Comunque, quando esco - se esco, certo! -, non ne ammazzo più mosche, e manco cristiani.
Ma a mio padre per forza lo dovevo ammazzare.
Ora però sto studiando, assai anni ho.
Il diploma mi devo prendere, così quando esco in campagna non ci torno.
Me ne vado al ristorante, ci lavoro come cuoco e se vedo le mosche le ammazzo tutte, così i clienti non si lamentano.
E siamo tutti felici.
Solo mio padre si lamentava, e la fine della mosca ci feci fare, un poco me ne pento, ma ormai non piango più.
Qui sto meglio che a casa, pure se mi mancano mia madre e mia sorella più piccola: tutte le notti mio padre si ci divertiva sotto gli occhi di mia madre che chiangeva e si stava muta. Forse per questo l’ho ammazzato, a lui e a tutte le mosche che incontro. Perché quando lo faceva nella stalla m’o suruzza piena di mosche era, e io che una volta mi ci ero nascosto per dormire, la vidi tutta quella scena, che ancora il vomito mi viene.
Quando mio padre se ne andò a letto, io a mia sorella tutte gliele levai le mosche di dosso. Mia sorella e mia madre ora dormono in pace. Mio padre invece ancora s’arrimina, puru mortu, che la notte me lo sogno ca torna e mi viene dietro per vedere se le vacche ce le porto o no all’erba.
Quando esco, me ne vado al ristorante e qui non ci metto più piede, neanche morto.
Quasi quasi pena provo per la mosca di stamattina… nenti fa, tanto il sole a quadretti è più bello cca: è tutto mio e ci sta nella finestra, fuori me lo devo dividere con tutti…
Meglio che dormo ora, che domani un altro lampione devo abbattere…

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