Latina

Una sua partecipata fornì al regime i nomi dei lavoratori ostili a Pinochet

Cile: il gruppo Angelini-Matte collaborò con la dittatura

La mattanza passò alla storia come “los 19 fusilados de Laja"
20 gennaio 2012
David Lifodi

Tra i regimi militari ed i grandi potentati economici (imprese, multinazionali dell’agrobusiness, grandi industrie) c’è sempre stato un certo feeling: questa teoria è confermata una volta di più dalla scoperta del Centro de Investigación e Información Periodística de Chile (Ciper), che svela dettagli inediti sul caso dei diciannove fusilados de Laja.

Laja è una piccola cittadina che si trova nella regione del Bio Bio, a circa 500 chilometri dalla capitale Santiago, nel sud del paese. E’ trascorsa solo una settimana dal golpe dell’11 Settembre 1973, che portò Pinochet alla Moneda, ma i suoi effetti nefasti sono arrivati in breve anche nelle regioni più lontane dai palazzi del potere. A Laja e San Rosendo si trova la sede della Compañía Manufacturera de Papeles y Cartones de Chile (Cmpc). Si tratta di un’azienda dedita alla produzione e alla lavorazione della carta, ma è controllata dal gruppo Angelini-Matte, padrone del mercato forestale cileno, fortemente ostile ai mapuche e inserito dalla rivista Forbes tra i colossi dell’economia mondiale. Inoltre, Angelini-Matte detiene la maggioranza di Bosques Arauco, l'impresa forestale più grande del Cile, e può contare su una potenza di fuoco tale da influenzare l'opinione pubblica. Strettamente legati al presidente Piñera, tanto da finanziare con cifre da capogiro la sua campagna elettorale conclusasi con la presa della Moneda, quelli di Angelini-Matte cercarono più volte di espugnare le fabbriche durante las tomas degli anni 1970-1973, sotto il governo di Salvador Allende. Non c’è dunque da sorprendersi per le rivelazioni del Ciper: i fucilati di Laja erano in gran parte lavoratori della Compañía Manufacturera de Papeles y Cartones de Chile, che aiutò i carabineros pinochettisti a sbarazzarsi dei loro stessi dipendenti colpevoli di non appoggiare il regime. Il 18 Ottobre 1973 furono fucilati 14 lavoratori della Compagnia, più 2 docenti e 3 studenti. A dare l’ordine di esecuzione il tenente Alberto Fernández Michell, che insieme ai suoi sottoposti portò i prigionieri in un bosco: subito dopo la fucilazione, fatto ancora più odioso, i cadaveri furono seppelliti in un fosso. Tra i responsabili del massacro non figurano solo gli autori materiali, ma anche i mandanti. Due dirigenti di primo piano della Cmpc, Carlos Ferrer e Humberto Garrido, avevano stilato una lista nera in cui erano stati identificati i lavoratori della Compagnia ritenuti ostili alla dittatura. L’elenco con i nominativi da arrestare ed eliminare fu consegnata ai carabineros, che utilizzarono un autobus fornito dalla stessa Compañía Manufacturera per deportare i prigionieri. La vergogna di Laja e San Rosendo sembrava aver ottenuto giustizia nell’Agosto 2011, quando il giudice Carlos Aldana aveva ordinato l’arresto e la carcerazione per i responsabili della mattanza ancora in vita (tre sono già morti), ma anche in questo caso non è stata resa giustizia alle vittime e ai loro familiari. Per tutti, pochi giorni dopo, è arrivata la libertà provvisoria grazie al pagamento di una cauzione tra i duecento e i seicento dollari. Alicia Lira, presidente dell’Asociación de Familiares de Ejecutados Políticos (Afep) ha deplorato il clima di impunità che protegge ancora oggi gli assassini di Laja, ma purtroppo non si tratta dell’unico caso in cui imprese e grandi aziende hanno appoggiato attivamente un regime militare. Rimanendo sempre nel Cono Sur, basta spostarci in Argentina per raccontare un episodio analogo. In questo caso la cattiva di turno è la casa automobilistica tedesca Mercedes-Benz, legata a doppio filo con Videla e compagni al pari della Cmpc e del gruppo Angelini-Matte con Pinochet. Ancora oggi è in corso un processo negli Stati Uniti contro Mercedes-Benz ad opera dei familiari dei desaparecidos che erano impiegati presso la stessa casa automobilistica. Tra il 1976 ed il 1977, nel pieno della guerra sucia, i dirigenti della Mercedes fornirono al regime una lista di lavoratori ritenuti sovversivi per aver promosso degli scioperi volti a paralizzare la produzione di automobili: tra i primi a sparire furono sindacalisti e militanti.

Per i desaparecidos traditi dai capetti della Mercedes-Benz e dai dirigenti della della Compañía Manufacturera de Papeles y Cartones de Chile si tratta di crimini di lesa umanità che non dovrebbero cadere in prescrizione e nemmeno essere amnistiati, ma di fatto i responsabili in buona parte dei casi finiscono per farla franca: lo stesso gruppo Angelini-Matte, considerato una rispettabile potenza economica, continua a fare affari in campo finanziario, minerario, assicurativo e commerciale senza che nessuno ricordi mai il suo ingombrante (e poco dignitoso) passato.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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