Latina

Honduras: Zacate Grande e la criminalizzazione della protesta

Ordini di cattura e repressione contro la popolazione mentre il ‘presidente’ JOH
è accusato di ricevere milioni di dollari dai narcos
3 ottobre 2019
Giorgio Trucchi

María Concepción Hernández (Foto RedhSUR)

Il 22 settembre è stata arrestata María Concepción Hernández, abitante del caserío Puerto Sierra, adiacente a Playa Blanca, una delle 11 comunità della penisola di Zacate Grande, che si estende nel Golfo di Fonseca nel sud dell'Honduras.

Dopo l'arresto, María Concepción è stata immediatamente portata in tribunale ad Amapala (Isla del Tigre) con l’accusa di danneggiamento continuato e aggravato ai danni del latifondista Jorge Luis Cassis Leiva.

Gli inizi del conflitto

La situazione economica delle famiglie di Puerto Sierra è molto precaria e le persone sopravvivono principalmente di agricoltura e pesca. La sistemazione di un terreno abbandonato, per trasformarlo in un parcheggio occasionale per persone che visitano la spiaggia durante la stagione estiva e le feste, è un modo per migliorare un poco le proprie condizioni di vita.

A partire dal 2015 sono cominciati ad arrivare i turisti e il parcheggio ha preso vita. Le cose andavano bene per le 45 famiglie coinvolte nel piccolo progetto turistico, fino a quando Cassis Leiva decise di denunciare alcuni leader comunitari per usurpazione e danni.

Dopo essere rimasti in prigione per più di cento giorni, nel 2017 Abel Pérez e Santos Hernández sono stati condannati a 5 anni e un mese di reclusione e stanno aspettando la cassazione (leggi il reportage di Alba Sud).

Alcuni mesi dopo, María Veneranda Cruz, Oneyda Cárdenas Flores, Jessica Cruz Cárcamo e Jacinto Hernández Cruz furono accusati dallo stesso Cassis Leiva di aver demolito un muro che aveva costruito per delimitare la sua proprietà.  Ciò che il latifondista non ha mai detto è che questo muro circondava praticamente l’intero villaggio, impedendone l’accesso a più di 60 famiglie (leggi il reportage di Alba Sud)

Nell'agosto dello scorso anno, le quattro persone accusate da Cassis, accompagnate dalla rete di avvocati MASS-Vida e dall'Associazione per lo sviluppo della penisola di Zacate Grande (Adepza), si sono presentate in tribunale e sono state concesse loro misure alternative alla detenzione. L’udienza preliminare, riprogrammata più volte, si è svolta dal 20 al 22 novembre 2018, ma i risultati non sono stati quelli sperati.

Il giudice del tribunale di Amapala ha decretato il non luogo a procedere per María Venerada Cruz, ma ha rinviato a giudizio gli altri tre accusati. Ancora più grave però è stata la decisione, su richiesta della Procura, di rinviare a giudizio anche Abel Pérez, attualmente presidente di Adepza, Santos Hernández e María Concepción Hernández, contro i quali ha emesso un mandato di cattura per danneggiamento continuato e aggravato.

Repressione

Le donne di Puerto Sierra (Foto G. Trucchi | Alba Sud)

Durante un'intervista concessa lo scorso anno ad Alba Sud, María Concepción Hernández denunciava i continui attacchi contro gli abitanti di Puerto Sierra. "Abbiamo sopportato di tutto. Arrivavano gli uomini di Cassis armati a minacciarci e a spaventare i turisti che volevano lasciare le loro macchine nel parcheggio. Facevano vedere loro le foto dei nostri compagni che erano in carcere e dicevano che eravamo tutti criminali. La gente si spaventava e se ne andava”.

“A noi donne - continua María Concepción - ci offendevano. Ci dicevano che eravamo una banda di ladre, che usurpavamo le terre del signor Cassis. Ci hanno più volte dato delle puttane”.

Nell'aprile di quest'anno, Cassis Leiva ha presentato un'altra denuncia contro sei o sette abitanti del villaggio, accusandoli di avere invaso il suo terreno durante la settimana di Pasqua. Alcuni mesi prima, Santos Hernández era stato attaccato da un dipendente di Cassis ed era finito all’ospedale a causa delle lesioni.

Sfruttamento

La posizione geografica di Zacate Grande è strategica. La penisola fa parte del Parco nazionale marino "Arcipelago del Golfo di Fonseca" (PNMAGF), che nel 1999 è stato dichiarato area naturale protetta ed è parte del Sistema nazionale delle aree protette dell'Honduras (SINAPH).

In questa zona verrà installata la prima Zona di impiego e sviluppo economico (Zede), popolarmente conosciuta come città modello (charter city). Si tratta di spazi territoriali con condizioni speciali concesse agli investitori stranieri per sviluppare attività economiche. La Zede sarà soggetta a norme diverse da quelle che vigono nel resto del paese e godrà di totale autonomia in quanto a politiche fiscali, doganali, del lavoro, giudiziarie e di pubblica sicurezza. Possono anche stabilire i propri sistemi di salute, istruzione e previdenza sociale.

Non sorprende quindi che le famiglie più ricche del paese, i gruppi economici di capitale nazionale, latifondisti e le multinazionali abbiano puntato gli occhi su questa zona. È proprio qui che il governo ha in progetto di sviluppare un “piano strategico” con investimenti milionari in attività estrattive, produzione di energia, costruzione di infrastrutture e turismo. Il tutto senza consultare la popolazione della zona che ha iniziato a organizzarsi per difendere territorio e beni comuni.

Secondo lo studio Zacate Grande: una comunità che persiste nella difesa del diritto alla terra, realizzato dal Centro di studi per la democrazia (Cespad), in Honduras sarebbero più di 5 mila i contadini organizzati sotto processo. La maggior parte di questi casi risale al periodo posteriore al colpo di stato del 2009 e coinvolge circa un migliaio di donne. Adepza registra più di 70 persone sotto processo nella zona di Zacate Grande.

Intanto a María Concepción Hernández sono state concesse misure alternative alla detenzione e a metà ottobre inizierà il processo. Attivisti di Redehsur, Adepza e Cofadeh (Comitato di famigliari di detenuti scomparsi in Honduras) l’accompagneranno.

La mano di Trump

I fratelli Hernández

Mentre migliaia di persone che difendono la terra e i beni comuni o che cercano di sopravvivere senza dovere emigrare per la violenza, la miseria e la mancanza di opportunità, sono sistematicamente perseguitate, è di ieri (2 ottobre) la notizia che durante l’inizio del processo per traffico di cocaina contro Juan Antonio ‘Tony’ Hernández, fratello del presidente Juan Orlando Hernández, il procuratore federale di New York, Jason Richman, ha dichiarato che quest’ultimo ha ricevuto “milioni di dollari da alcuni dei  più grandi trafficanti di cocaina”, tra cui il messicano “El Chapo” Guzmán e il cartello di Sinaloa, che hanno consegnato personalmente un milione di dollari all’accusato affinché lo desse a suo fratello Juan Orlando.

Già nelle scorse settimane erano trapelate indiscrezioni circa i contenuti dell’arringa iniziale di Richman. I soldi sarebbero serviti al presidente honduregno per finanziare la campagna elettorale del 2013, che lo vide vincitore non senza polemiche per i brogli ai danni della candidata dell’opposizione progressista Xiomara Castro de Zelaya. La stessa situazione si ripetè quattro anni con la frode elettorale ai danni dell’Alleanza d’opposizione contro la dittatura e il suo candidato Salvador Nasralla.

Le accuse sono state respinte dallo stesso Juan Orlando Hernández, che le ha tacciate di “false al 100 per cento” e di “assurde, ridicole e più fantasiose di Alice nel paese delle meraviglie”. Nonostante ciò, la notizia ha fatto il giro del mondo e l’opposizione politica in Honduras esige le dimissioni immediate del presidente. Gli studenti medi e universitari marceranno nei prossimi giorni e il paese potrebbe incendiarsi nuovamente.

Quanto meno imbarazzante è invece il silenzio di Washington e dell’ambasciata statunitense in Honduras. Per nessuno è un segreto che, per il momento, Juan Orlando Hernández gode dei favori dell’amministrazione Trump (non che il predecessore Obama avesse fatto molto contro i brogli del 2013 e le accuse di corruzione che hanno investito il partito di governo e vari dei suoi esponenti), che ha riportato l’Honduras ad essere il “gendarme dell’area centroamericana”.

Non è un caso che poche settimane fa, durante l’assemblea generale dell’ONU, Trump ed Hernández si siano riuniti per firmare un accordo che trasforma l’Honduras in “paese terzo sicuro” (anche se è stato fatto passare come un semplice accordo migratorio). Lo stesso era accaduto mesi prima con il Guatemala ed El Salvador, mentre con il Messico, Trump era riuscito a strappare un accordo minacciando d’imporre dazi al commercio verso gli Stati Uniti.

Parafrasando Franklin Delano Roosevelt quando, parlando del dittatore nicaraguense Anastasio Somoza García disse “sarà anche un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana”, Donald Trump sembra fare lo stesso oggi con la sua “pedina privilegiata” nel bel mezzo del continente americano.

Per il momento...

* Articolo scritto con materiale pubblicato su Alba Sud e Defensores en línea

Fonte: LINyM (spagnolo)

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