Latina

Nelle presidenziali dell’11 aprile il maestro rurale Pedro Castillo al ballottaggio

Perù: al 1° turno spunta un marxista conservatore

Se la vedrà con la destrissima Keiko Fujimori. Castillo ha ottenuto voti soprattutto nel Perù profondo, dagli indigeni e dai cosiddetti ninguneados, ma le sue posizioni in tema di diritti civili sono profondamente conservatrici
16 aprile 2021
David Lifodi

Pedro Castillo

In Perù nessuno osava sperare in un reale cambiamento, ma invece, a sorpresa, Pedro Castillo, maestro rurale di 51 anni che si autodefinisce marxista ed esponente della sinistra antisistema, con poco più del 19% dei consensi andrà al ballottaggio con la destrissima Keiko Fujimori nel secondo turno delle presidenziali in programma il prossimo 6 giugno.

Adesso Pedro Castillo e il suo partito, Perú Libre, dovranno guardarsi non solo da Keiko Fujimori e Fuerza Popular, ma da molti di quei candidati di centro destra o destra radicale, come Rafael López Aliaga, definito il Bolsonaro peruviano e considerato come favorito per raggiungere il ballottaggio, ma arenatosi poco oltre oltre l’11%.

Sarà inoltre interessante capire se Castillo potrà stringere un’alleanza o quantomeno ottenere sostegno da Verónika Mendoza e dal suo Juntos por el Perú: anch’essa sembrava rappresentare una speranza per la sinistra, ma in realtà, probabilmente, è stata votata solo dai ceti medi e, con soltanto il 7,81% delle preferenze, non è mai stata in corsa nemmeno per raggiungere il ballottaggio.

Nell’ampiamente previsto empate técnico dell’11aprile, sono rimasti beffati anche Hernando de Soto, di Avanza País (11,65%) e Yonhy Lescano, de Acción Popular (9,10% ).

Comunque andrà a finire, il primo posto di Pedro Castillo rappresenta sotto certi aspetti una lezione per una sinistra frammentata e non sempre capace di comprendere la realtà circostante.“Quisiera saludar a los pueblos más olvidados de mi patria, saludar a los hombres y mujeres que están en el último rincón del país”, ha dichiarato significativamente Castillo subito dopo la chiusura delle urne rivolgendosi al Perù profondo, quello dove sono enormi le disuguaglianze sociali.

Sul quotidiano argentino Página/12 l’analista politico Nelson Manrique ha sottolineato come a favore di Castillo abbia giocato la sua immagine di maestro rurale che ha conquistato, almeno in parte, quei settori popolari disillusi dalla politica e la destra è rimasta spiazzata perché aveva concentrato tutta la campagna elettorale contro Verónika Mendoza, percepita dai sostenitori di Perú Libre come rappresentante di una sinistra molto moderata. Probabilmente Mendoza ha pensato che i voti delle classi popolari le spettassero di diritto e, invece di radicalizzare il suo programma politico, si è impegnata perlopiù nel tentativo di guadagnare i voti dell’elettorato urbano dimenticando lo scontento politico degli ultimi del paese e finendo per conquistare il voto solo dei cosiddetti “liberali-progressisti.

Castillo ha già avviato un dialogo con Veronika Mendoza, con la quale condivide la messa in discussione del modello neoliberista e la volontà di cambiare la Costituzione di stampo fujimorista, ma, a differenza dell’esponente di Juntos por el Perú, sembra molto conservatore sulle tematiche relative alla parità di genere, alla legalizzazione dell’aborto e al matrimonio tra coppie dello stesso sesso, oltre ad aver puntato il dito, in campagna elettorale, anche contro contro l’arrivo dei venezuelani rifugiati in Perù.

Inoltre, sempre a proposito di Pedro Castillo, alcuni analisti politici hanno fatto notare l’ambiguo legame di quest’ultimo, e del suo partito, con esponenti politici non lontani dalla destra populista come il candidato di Perú Libre a sindaco di Lima, noto per le sue posizioni negazioniste in un paese dove il Cvid-19 continua a mietere vittime.

Il rischio maggiore, adesso, è la vittoria di Keiko Fujimori, figlia dell’ex presidente Alberto “el Chino” Fujimori: la storia politica di entrambi, al pari delle loro pulsioni fasciste, è nota, per questo la donna ha già incassato il prevedibile sostegno del miliardario Rafael López Aliaga che, paradossalmente, in qualità di membro dell’Opus Dei, ha dichiarato di apprezzare le posizioni conservatrici del marxista Pedro Castillo in tema di diritti civili e, a differenza del centrista Lescano, il quale ha preso le distanze da entrambi i contendenti, anche Hernando de Soto sosterrà Keiko.

Difficile dire se Castillo rappresenti realmente una sinistra popolare, vista l’agenda dei diritti civili tutt’altro che progressista e i casi abbastanza recenti di Ollanta Humala e ancor prima dell’altro indio Alejandro Toledo (i quali avevano suscitato grandi speranze per poi tradirle quasi istantaneamente), ma attualmente rappresenta un baluardo di fronte al fascismo fujimorista e, in caso di vittoria, dovrà fare inevitabilmente i conti con un congresso dominato comunque da correnti di destra e ultradestra che peraltro, per scongiurare la vittoria del maestro rurale, hanno già iniziato ad evocare l’ormai stantio, ma sempre utile nelle campagne elettorali latinoamericane, rischio di venezuelizacion.

Sempre le destre, hanno insistito anche sui presunti legami di Pedro Castillo, all’epoca della huelga magisterial del 2017, con alcuni gruppi legati a Sendero Luminoso.

Di fronte ai toni minacciosi della destra, alcuni analisti politici hanno sottolineato che la struttura di Perú Libre manca di una struttura quadri che potrebbe fornire il partito di Verónika Mendoza nel caso in cui venga stretta un’alleanza non semplice con Juntos por el Perú, soprattutto per le perplessità del suo elettorato meno radicale a votare Castillo.

Peraltro va ricordato che Fujimori punta alla presidenza per evitare 30 anni e 10 mesi di carcere per il suo coinvolgimento, insieme ai vertici del partito di Fuerza Popular, nell’operazione criminale consistente nel riciclaggio di denaro sporco per conto di Odebrecht allo scopo di finanziare le sue precedenti campagne elettorali del 2011 e del 2016 e insiste sulla persecuzione giudiziaria ai suoi danni.

È in questo contesto che Keiko Fujimori, per quanto di estrema destra, potrebbe essere la favorita perché gran parte dell’elettorato la considera come il male minore, nonostante il fujimorismo abbia lasciato solo macerie.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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