Latina

Carabineros e Patria y Libertad dietro alla morte dei due italiani durante il golpe ad Allende

Omicidi di Montiglio e Venturelli: l’Italia chiede tre estradizioni al Cile

Estradizione per Rafael Francisco Ahumada Valderrama, Manuel Vasquez Chahuan e Orlando Moreno Basquez, tre militari della dittatura pinochettista. Sono accusati dalla Procura di Roma di essere i responsabili della morte di Montiglio e Venturelli, di origine italiana
25 agosto 2021
David Lifodi

Omicidi di Montiglio e Venturelli: l’Italia chiede tre estradizioni al Cile

Pochi giorni fa l’Italia ha chiesto al Cile l’estradizione di Rafael Francisco Ahumada Valderrama, Manuel Vasquez Chahuan e Orlando Moreno Basquez, tre militari dell’esercito pinochettista accusati di essere responsabili della morte di Juan Josè Montiglio ed Omar Venturelli, entrambi di origine italiana.

Come riporta il sito web 24marzo.it, Juan Josè Montiglio, militante del Partito socialista, era a capo della “Guardia de Amigos del Presidente” (GAP), la scorta personale del presidente Salvador Allende. Arrestato il giorno stesso del colpo di stato di Pinochet, l’11 settembre 1973, Montiglio venne fucilato due giorni dopo nel poligono di tiro a Peldehue. Alcuni resti ossei trovati in quel luogo hanno permesso l'identificazione con il dna. Due degli imputati per l’omicidio di Montiglio, Sergio Víctor Arellano Stark e Luis Joaquín Ramirez Pineda, sono deceduti, mentre Valderrama è stato condannato in via definitiva nel 2019.

Quanto ad Omar Venturelli, aveva 31 anni quando, il 4 ottobre 1973, fu arrestato dai carabineros, con la complicità delle squadracce di Patria y Libertad e condotto alla caserma Tucapel di Temuco. Il sacerdote, che aveva aderito al gruppo dei Cristiani per il Socialismo ed era un convinto sostenitore della causa mapuche, probabilmente finì nelle mani della Carovana della morte, capeggiata da Sergio Víctor Arellano Stark, e di Alfonso Podlech, procuratore militare, ma soprattutto uno dei più crudeli repressori del fascismo pinochettista. Ufficialmente, quando la moglie di Venturelli, Fresia Cea, decise di andare cercarlo, secondo il penoso rito vissuto dai tanti parenti dei desaparecidos, un atto di scarcerazione firmato dallo stesso Podlech testimoniava che suo marito era stato rimesso in libertà, ma probabilmente era stato fatto uscire dal carcere per essere sottoposto ad un’esecuzione extragiudiziale, una pratica assai comune in quegli anni.

La richiesta di estradizione per i tre ex militari cileni accusati dalla Procura di Roma di essere i responsabili della morte di Montiglio e Venturelli, firmata dal ministro della Giustizia Marta Cartabia, è stata accolta con sollievo dalla figlia del religioso, Maria Paz, la cui storia è stata ricostruita dall'Archivio Desaparecido, un progetto di inchiesta e memoria attiva del Centro di Giornalismo Permanente di Roma che uscirà in forma multimediale il prossimo 11 settembre, a 48 anni esatti dal colpo di stato contro Salvador Allende.

Per Omar Venturelli avrebbero potuto esserci verità e giustizia già dal 2011, ma allora la Prima Corte d’Assise di Roma finì per abboccare alla messinscena di Alfonso Podlech, il quale si era dichiarato innocente dopo aver chiesto che lo Spirito Santo illuminasse la Corte e aveva espresso il suo dispiacere per gli abusi e le sopraffazioni che avevano subìto le sue vittime. “Io ero solo il consulente legale per la procura militare: non ho mai interrogato, né torturato, né fatto qualcosa per far sparire qualcuno. Va contro i miei principi morali. Mi dispiace che dopo tanti anni esista ancora un clima di vendetta che credevo superato dal passare del tempo”, disse all’epoca il torturatore, che non mancò di esprimere con la solita arroganza la propria soddisfazione per potersi godere “i pochi anni che mi rimangono nel mio paese e in pace”. Allora fu salvato grazie alla prescrizione dei termini per i reati di sequestro e tortura, assolto per quello di omicidio con la giustificazione dell’insufficienza di prove.

Tra i partecipanti, a fianco dei mapuche, dell'occupazione delle terre regalate ai coloni europei, che gli costò la sospensione "a divinis" dal vescovo Bernardino Piñera (zio dell’attuale presidente Sebastián Piñera), Venturelli è stato calunniato anche da morto dallo stesso prelato che, ultranovantenne, nel 2011 non aveva fatto mancare la sua testimonianza a favore dei torturatori pinochettisti.

In un’intervista rilasciata a Repubblica lo scorso 22 agosto, alla domanda “Se potesse parlare con gli assassini di suo padre, cosa gli chiederebbe?”, la figlia di Venturelli ha risposto: "Di dire finalmente la verità, che le forze militari ci dicano finalmente cosa successe a mio padre e agli altri, per permetterci almeno di recuperare memoria, e magari i resti dei loro corpi. Oggi sono contenta perché la giustizia sta finalmente facendo il suo corso e il Cile pare pronto a compiere passi per lasciarsi il peggio di quel passato alle spalle, ma più dell'ergastolo non possono dargli e sappiano che senza la verità da parte nostra non potrà mai esserci nessun perdono".

Di origini piemontesi, Juan José Montiglio Murúa fu condotto invece alla caserma Tacna, dove fu ucciso, insieme ad altri sui compagni della scorta a Salvador Allende, dai militari comandati da Rafael Francisco Ahumada Valderrama e il suo corpo non è mai stato ritrovato.

Dopo 48 anni, finalmente, l’estradizione richiesta dall’Italia rappresenta un passaggio importante nel percorso verso la giustizia intrapreso dalle famiglie di Juan José Montiglio e Omar Venturelli,

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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