Latina

Tra il 13 e il 23 maggio se ne sono andati l’ex presidente Mujica e il grande fotografo Salgado

Sebastião e Pepe, gli imprescindibili

Due figure di spicco del continente latinoamericano da sempre in prima linea in difesa dell’ambiente, dei diritti umani e di uno stile di vita all’insegna della semplicità
6 giugno 2025
David Lifodi

Sebastião e Pepe, gli imprescindibili

Il 23 maggio scorso, all’età di 81 anni, è deceduto il fotografo Sebastião Salgado, una vita da militante per i diritti dei popoli oppressi e da sempre vicino ai movimenti sociali. A lui si devono le foto più iconiche dei contadini brasiliani del Movimento Sem terra, che lo hanno saluto con profonda commozione. Salgado è stato uno dei testimoni delle battaglie condotte dai senza terra per la riforma agraria.

Solo dieci giorni prima, il 13 maggio, all’età di 89 anni, se ne era andato José “Pepe” Mujica, già presidente uruguayano, ma soprattutto ex guerrigliero dei Tupamaros, protagonista di una resistenza eroica nei 13 anni in cui, dal 1972 al 1985, è stato prigioniero della dittatura militare in una cella buia e piccolissima.

Entrambi, Sebastião e Pepe, appartengono di diritto al pantheon di quelli che Ernesto Che Guevara avrebbe definito, se fosse stato ancora in vita, come gli imprescindibili. Una vita, la loro, all’insegna della coerenza, oltre ad essere accomunati, già in tempi non sospetti, dall’impegno per le tematiche ambientaliste, sempre più sopraffatte, in particolare in America latina, dalla voracità delle multinazionali.

Si devono infatti a Salgado le prime testimonianze dei dannati della terra costretti a lavorare, loro malgrado, nelle viscere delle miniere in condizioni disumane, così come è stato grazie a Mujica che le tematiche della sobrietà e del rispetto dell’ambiente, opposte al consumo compulsivo appartenente a una società sempre più fondata sullo spreco, si sono imposte progressivamente nel dibattito pubblico.

L’incessante documentazione fotografica di Salgado ha messo in evidenza le contraddizioni di un mondo che, non da ora, si è votato completamente al profitto. Le immagini in bianco e nero di uno dei suoi libri fotografici più celebri, Sierra Pelada, dedicato a raccontare l’estrazione dell’oro nell’Amazzonia nei primi anni Ottanta del secolo scorso, insieme alle foto dei contadini senza terra che, con i machete alzati, rivendicavano con rabbia la riforma agraria, sprigionano tuttora una potenza che rende quegli scatti ancora attuali. Purtroppo, in Brasile come altrove, lo sfruttamento dei dannati della terra non si è affatto interrotto.

Ritengo il Movimento Sem terra un elemento necessario sia per l’ecologia sia per gli aspetti sociali”, disse una volta Salgado, tra i principali protagonisti della costruzione della scuola nazionale del Mst, la “Florestan Fernandes”, un vera e propria scuola politica. La sua scomparsa, hanno dichiarato i portavoce dei senza terra, “rappresenta una perdita immensa per l’arte, per i diritti umani e per tutti coloro che vedono nelle immagini e nella fotografia degli strumenti di trasformazione sociale”.

Impossibile raccontare ed evidenziare tutte le opere di Salgado, ma non si può far a meno di parlare della sua testimonianza fotografica di una delle più grandi occupazioni realizzate dal Mst, quella del 1996 a Rio Bonito do Iguaçu (Paraná). Salgado amava definirsi come “fotografo socioambientale”: denunciò il massacro di Eldorado do Carajás, una delle più orrende carneficine dei senza terra, avvenuta il 17 aprile 1996 per mano della polizia militare al servizio di latifondisti e paramilitari, facendo conoscere al mondo, una volta di più, l’impunità e la violenza dei grandi proprietari terrieri.

Il 30 novembre 2009, commentando la vittoria alle presidenziali che lo avrebbero portato alla guida del suo Uruguay dal 2010 al 2015, lo storico e giornalista Gennaro Carotenuto scrisse che Mujica avrebbe avuto come priorità l’uguaglianza tra i cittadini e che avrebbe rappresentato le speranze, finora frustrate, di un continente già allora impegnato ad unirsi con tutte le sue forze.

L’integrazionismo, l’uguaglianza e la lotta per cambiare la società sono due valori per i quali sia Sebastião sia Pepe si sono sempre battuti. Salgado ha perseguito i suoi ideali utilizzando una macchina fotografica mentre Mujica ha intrapreso lo stesso percorso di lotta, ma prima in qualità di guerrigliero, successivamente nella veste di deputato, ministro e infine come presidente, imponendosi, anche dopo la fine del suo mandato, come un uomo che vissuto la sua intera esistenza all’insegna della semplicità.

Senza un aereo presidenziale, al quale aveva preferito un elicottero per esigenze mediche ritenendolo un motivo più valido per investirci il denaro dello Stato, Mujica dopo il quinquennio alla guida del paese era tornato a vivere nella sua chacra alla periferia di Montevideo, non prima di aver devoluto gran parte del suo stipendio da presidente alla lotta contro la povertà. “Pepe è l’ultimo eroe politico in un mondo dove i politici parlano di cose che la gente non intende”, ebbe a dire una volta Emir Kusturica.

Sul quotidiano il manifesto, nel commosso ricordo Se ne va Pepe Mujica, il guerrigliero di buon senso che diventò presidente, Roberto Livi ha scritto: “Gli ideali erano rivolti alla gente comune, animati da un liberalismo progressista, una critica violenta al consumismo. Con coraggio. Necessario per far passare le grandi riforme liberali che, sotto la sua presidenza, portarono l’Uruguay a depenalizzare l’aborto, a legalizzare il matrimonio tra omosessuali, a regolarizzare la vendita della marijuana attraverso lo Stato, dando un bel colpo ai narcos”.

Per Mujica calza a pennello la definizione di “ideologo di buon senso”. Una volta divenuto presidente si rivolse con garbo all’opposizione dicendo loro che non esistevano né vincitori né vinti per il bene del paese: una sorta di invito all’unità e al rispetto reciproco in un paese piccolo ma che porta ancora le ferite delle sparizioni forzate e del Plan Condor. Non a caso, il suo basso profilo, unito alle sue perplessità relative all’abrogazione della Ley de Caducidad, insieme al suo diniego nell’aderire ai paesi dell’Alba e al Socialismo del XXI secolo, pur esprimendo ammirazione per leader quali Chavez e Lula, gli provocò delle critiche anche da sinistra.

Ancora oggi, quel venditore di fiori recisi nei mercatini dei quartieri popolari di Montevideo divenuto presidente continua a rappresentare la speranza di quell’altro mondo possibile in cui credeva anche Salgado, uno dei promotori dei Forum Sociali di Porto Alegre.

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