Alvaro Duque: Primo Potere

17 marzo 2003
Alvaro Duque

Fonte: Volontari per lo sviluppo - Marzo 2003

PRIMO POTERE

Una volta si parlava di "quarto potere". Oggi il sistema mediatico domina incontrastato: conglomerati internazionali con budget superiori al Pil di molti Stati gestiscono insieme tv, giornali, case discografiche e cinematografiche, telefonia cellulare e provider Internet. Insomma, modellano la nostra cultura, e costruiscono consenso. Anche sulla guerra. In queste pagine vi sveliamo le tecniche piu' importanti con cui ogni giorno veniamo manipolati. Con una proposta: diventare "consumatori critici" di informazione. Ecco come si fa.

DI ALVARO DUQUE

Come far si' che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in rapido e continuo mutamento, si trasformino in un miglioramento reale per i cittadini di tutto il pianeta? In che modo virare il timone di una nave che sta andando alla deriva, e in cui, per utilizzare le parole dello scrittore uruguayano Eduardo Galeano, "mai prima d'ora cosi' tanti uomini sono stati mantenuti nell'incomunicabilita' da un gruppo cosi' piccolo"? A questi due interrogativi, tra i molti altri, si cerchera' di dare una risposta durante il Primo Summit Mondiale della Societa' dell'Informazione (Wsis) che avra' luogo il prossimo dicembre 2003 a Ginevra (Svizzera) e a Tunisi (Tunisia) nel 2005 (vedi box). Tuttavia, la scarsa visibilita' finora data all'evento e la modesta conoscenza che la gente ha di cio' che e' in gioco, costituiscono un terreno fertile affinche', com'e' gia' accaduto in altre occasioni, i possibili benefici della societa' dell'informazione finiscano per aggravare le ingiustizie del pianeta. Il silenzio attorno al Wsis e' gia' di per se' un esempio del gran paradosso della societa' dell'opulenza mediatica: quanto piu' aumenta il numero dei mezzi di comunicazione, tanto meno gli uomini comunicano tra loro e si conosco le cose in profondita', come sostiene il sociologo francese Dominique Wolton, che precisa: "digitalizzazione, liberalizzazione economica, interconnessione, accelerazione di trasmissione non sono stati in grado di stabilire veri processi di comunicazione. Vale a dire, flussi equilibrati di informazioni e di opinioni, giusto accesso da parte di tutti ai canali informativi e la possibilita' di presentare e preservare i diversi modi di vedere la realta'".

Sommersi dai dati Primo paradosso: cio' che rende difficile stabilire autentici processi di comunicazione e' l'abbondanza di dati. Per quanto riguarda la ricezione, le cifre dell'Unesco sono eloquenti: ogni giorno si vendono in media 243.500 apparecchi radio, 121.800 televisori e 101.500 personal computer. Per l'emissione, nel 2000 la Scuola di Gestione di Informazione e Sistemi dell'Universita' della California a Berkley (Usa), ha misurato, per la prima volta nella storia, l'informazione prodotta in diversi formati dall'umanita' in un anno, e ha dovuto inventarsi un numero per esprimere quello che ha incontrato: 1,5 exabytes. I ricercatori si sono espressi in termini di unita' di misura di immagazzinamento dell'informazione in un computer; in pratica significa che per ognuno dei 6.2 miliardi di abitanti della Terra si produce l'equivalente di 250 libri di 150 pagine l'uno. E la digitalizzazione e l'uso continuativo di sistemi che accelerano la velocita' e le possibilita' di riproduzione incrementeranno l'opulenza. Basti pensare che oggi si inviano 40 miliardi di e-mail al giorno, e nel corso del 2003 per la prima volta si venderanno piu' riproduttori di Dvd che videoregistratori, piu' videocamere digitali che macchine fotografiche tradizionali. Inoltre, la telefonia cellulare (con 1,4 miliardi di apparecchi) superera' quella fissa (con 1,2 miliardi). Sempre piu' persone diventeranno cosi' emittenti di dati. Si parla soprattutto di dati, perche' questi non sono informazione. Un dato non serve a nulla se non viene "processato" e decodificato. Per esempio, le notizie relative alla situazione della Borsa, che appaiono frequentemente sui quotidiani, sui siti Internet, ai telegiornali e alla radio, sono "dati" per la maggior parte della gente. Per un gruppo di persone, invece, sono "informazione", poiche' hanno la capacita' di cambiare i loro comportamenti. Nessuno nega che l'ingente quantita' di dati cui oggi un gran numero di persone puo' accedere sia una fantastica opportunita' per aumentare la conoscenza. Cio' nonostante, la situazione non e' rosea. Il filosofo venezuelano Antonio Pasquali segnala cinque minacce: 1) che si rimanga narcotizzati o paralizzati da un'overdose di dati; 2) che si perda la capacita' di discernere sull'origine, qualita', credibilita' e accuratezza di molti messaggi; 3) che si finisca col credere che i mattoni dell'informazione (nozioni e dati) siano gia' tutto l'edificio del sapere; 4) che si subisca una forma di autismo elettronico (quel che non si trova sul web e' falso o non esiste); 5) che si perda progressivamente la sensibilita' di fronte a un problema, per quanto grave, nella misura in cui ci venga riproposto insistentemente.

La conquista delle coscienze Quattro sfere che fino a poco tempo fa erano separate - l'informazione, la comunicazione istituzionale, la propaganda, la cultura di massa e le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione - oggi appaiono spesso unite, rendendo faticoso distinguere fra pubblicita' (commerciale), informazione (pubblica) e propaganda (governativa). Troppo spesso l'informazione e i discorsi dei politici assumono la forma di un messaggio pubblicitario o di uno show, mentre la pubblicita' e i programmi di spettacolo si presentano come fatti reali. Questo accorpamento e' un ostacolo per la creazione di una vera comunicazione. L'unione delle tre sfere diventa strumento basilare per la "creazione del consenso", vale a dire per diffondere e difendere l'ordine economico, sociale e politico dei gruppi privilegiati. Insieme alla "spirale del silenzio" (i media rendono visibile l'opinione dei piu', mentre le idee minoritarie, non supportate, diventano sempre piu' minoritarie) e "all'agenda-setting" (i media definiscono cio' che e' rilevante o di pubblico interesse), la creazione del consenso ci serve a capire in che modo l'attuale sistema dei media induce alla conformita' e all'omologazione, provocando individui acritici e isolando chi dissente.

Radio Sawa e l'american dream Un esempio di creazione del consenso e' il progetto che gli Usa hanno avviato in Medio Oriente dal novembre 2001 con lo scopo di sensibilizzare soprattutto i giovani, che costituiscono il 70% della popolazione, all'apprezzamento della potenza del Nord, smitizzando l'idea negativa che essi hanno del paese di Mickey Mouse e di McDonald's. Per vendere l'american dream, Charlotte Beers, il genio della pubblicita' cui il governo ha dato 800 milioni di dollari per portare avanti il piano, utilizza elementi di tutte e quattro le sfere di cui sopra: spot pubblicitari, film, canzoni, informazioni, propaganda governativa, videogiochi e nuove tecnologie in genere. Il programma mobilita non solo l'intero apparato dell'istruzione (attraverso la costruzione di scuole nei paesi arabi per rispondere alla formazione antioccidentale, e viaggi di 70.000 giovani per vedere in loco il miracolo dello zio Sam), ma anche l'industria del tempo libero (tramite accordi con ditte private per offrire rappresentazioni del modo di vita americano, vendere videogiochi e fare pubblicita' pro-occidentale), e i tradizionali strumenti della diplomazia. Ma la pietra miliare del progetto e' l'informazione. Cosi' e' nata Radio Sawa ("nella segnalazione delle notizie, ci proponiamo di essere esatti, obiettivi e completi" dice il suo slogan) creata per fornire informazione e musica pop e rock in lingua araba in tutti i paesi di quell'area geografica. E un Ufficio di Comunicazioni Globali, che "invita" i giornalisti stranieri a scrivere articoli che migliorino l'immagine degli Stati Uniti all'estero. Insomma, una grande e complessa infrastruttura per evitare la benche' minima incrinatura del consenso popolare.

Il Sud scomparso Il progetto del governo statunitense in Medio Oriente e' anche un esempio delle dispute per il controllo del flusso dei dati di ogni tipo che crescono con le nuove tecnologie. Tale controllo, pero', non e' nuovo. Il 95% delle notizie che circolano nel mondo proviene da otto grandi agenzie stampa del Nord: Cnn (Stati Uniti), Bbc (Gran Bretagna), Ap (Stati Uniti), Reuter (Gran Bretagna), Afp (Francia), Dpa (Germania), Efe (Spagna) e Ansa (Italia). E, nonostante il moltiplicarsi delle fonti di informazione, il Rapporto sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite 2002 dimostra che la crescita dell'offerta mediatica in generale non si e' tradotta in nuove visioni o interpretazioni del mondo. E' per questo che le notizie "del mondo" sono quasi esclusivamente avvenimenti del Nord. Quelle relative al Sud di solito riguardano conflitti con una superpotenza (Iraq, Afghanistan), minacce verso i paesi potenti (e' il caso del ritiro della Corea del Nord dall'Accordo di non proliferazione di armi nucleari), drammi sensazionali (inondazioni in Bangladesh, morti in Sri Lanka o fame in Etiopia), o qualche reportage di carattere esotico (aborigeni australiani, monaci tibetani). Anche nell'ambito dell'industria culturale (libri, cinema, turismo, sport) l'omologazione del pensiero e la riduzione delle forme di vedere e interpretare il mondo sono evidenti. Prendiamo la musica. Dei 650 milioni di cd venduti l'anno scorso, l'83% (539,5 milioni) erano album dei sei colossi: Universal Music Group (29%), Warner Music (15,9%), Sony Music Entertainment (15,7 %), Bmg (14,8 %) ed Emi (8,4 %). Qualcosa di simile accade nel cinema (inclusi video e Dvd), perche' si tratta di aree appartenenti a pochi gruppi multimediali globali, che spesso si uniscono ad altri gruppi locali (vedi box). Questi, grazie alla potenza delle loro strategie e reti di distribuzione, riescono a diffondere maggiormente i loro prodotti sui mercati mondiali, anche se la produzione in paesi come India, Cina, Filippine supera quella degli Usa.

Circoli viziosi Il rapporto sulla comunicazione dell'Unesco del '99 ha mostrato che i paesi africani sono, in proporzione, i maggiori importatori di film dagli Stati Uniti. In Cile e Costa Rica i film statunitensi rappresentano il 95% del mercato. Anche in Europa e in Asia continua a crescere il numero di opere che arrivano dagli studi di Hollywood, invadendo il mercato in una percentuale che va dal 50% in Svezia al 97% in Cipro. "Il problema non sta nella compravendita di libri, opere plastiche, film, produzioni musicali e programmi televisivi, ma nel considerare in primis il successo economico di un'opera, invece che il suo effettivo valore artistico o culturale. Le stime vengono fatte in base alla preferenza di un pubblico che, a sua volta, si costruisce polarizzando l'offerta su un numero limitato di prodotti, e mediante strategie di marketing, pubblicita' di massa e un sistema aggressivo di distribuzione" sostiene Jose' Vidal Beneyto, segretario dell'Agenzia Europea della Cultura. L'opulenza informativa, la costruzione del consenso, il controllo dei flussi informativi e le concentrazioni della proprieta' dei media minacciano il pluralismo, e persino due dei diritti umani fondamentali, quello di comunicare liberamente i propri pensieri e le proprie opinioni e quello di essere bene informati. Il direttore di Le Monde Diplomatique, Ignacio Ramonet, recentemente formulava due domande: "si puo' accettare che l'informazione sia ridotta al rango di una merce qualsiasi? È possibile che la diversita' culturale e la creazione artistica possano essere qualcosa di diverso da un arcaismo o da un miraggio?".

FRASI: "Mai prima d'ora cosi' tanti uomini sono stati mantenuti nell'incomunicabilita' da un gruppo cosi' piccolo" (Eduardo Galeano)

Oggi vengono inviate oltre 40 miliardi di e-mail al giorno.Primo paradosso: la sovrabbondanza di dati rende sempre piu' difficile la comunicazione

Nel 2003 gli Usa hanno stanziato 800 milioni di dollari per realizzare radio, film, spot e videogiochi in Medio Oriente. Obiettivo: creare consenso sull'american dream tra i giovani arabi

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BOX

Un Summit mondiale sull'Info

Si terra' a dicembre a Ginevra ed avra' come obiettivo quello di sviluppare una comprensione comune della nuova societa' dell'informazione. È il Primo Summit Mondiale della Societa' dell'Informazione (Wsis), paragonabile a quello di Rio sull'ambiente, e di Pechino sulle donne. Vi parteciperanno a fianco di governi, imprese di comunicazione, informatica e telecomunicazioni, anche rappresentanti della societa' civile. Con obiettivi piuttosto diversi. I governi dei paesi piu' ricchi e le grandi corporazioni puntano alla liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni, la promozione del commercio elettronico, la protezione dei diritti di proprieta' intellettuale, la privacy e la sicurezza giuridica. La societa' civile invece mira all'approvazione di una dichiarazione universale del diritto di comunicare che metta al centro della societa' dell'informazione i diritti umani. Sara' una bella battaglia.

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