Stampa A una svolta le vicende di Libération

E «Libé» divenne orfana

Commosso addio alla redazione del fondatore (nel 1972) Serge July, licenziato dall'editore Rotschild. Molti giornalisti lo rimpiangono, molti altri no. Mentre i problemi del giornale restano immutati
30 giugno 2006
Anna Maria Merlo
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)


Un addio nella commozione, ma non condivisa da tutti. Basta questo a dirla lunga sulla lacerazione che accompagna le dimissioni forzate del fondatore di Libération, Serge July, che è stato alla fine costretto ad abbandonare la sua creatura dal principale azionista, Edouard de Rothschild, il quale aveva posto questa condizione draconiana per esaminare, eventualmente, una nuova ricapitalizzazione del giornale da parte sua.
Ieri mattina, durante la riunione di redazione, Serge July si è rivolto «per l'ultima volta» ai redattori. «Il direttore d'orchestra che sono stato vi dice addio, il giornalista anche, infinitamente triste di non scrivere più qui». Serge July ha ricordato Jean-Paul Sartre, con cui aveva fondato Libérationnel settembre del '72. «L'ho diretto da allora - ha detto - abbiamo conosciuto immensi successi, assieme abbiamo raccontato la storia di un terzo di secolo». July ha sottolineato che, come aveva già anticipato il 13 giugno scorso, se ne va per «un disaccordo con il principale azionista sulla ricapitalizzazione del giornale». Un lungo applauso, seguito da un pesante silenzio, ha seguito l'intervento.
Ma non tutti hanno applaudito: c'è tutta una parte della redazione, tra cui molti giovani, per i quali il direttore storico non è mai stato «Serge» ma solo «Monsieur July», e che hanno uno sguardo critico sull'ultimo periodo della sua gestione. Assieme a July parte anche Louis Dreyfus, il direttore generale. Mentre il direttore della redazione, Antoine de Gaudemar, resta, «in accordo con Serge July», per «un periodo transitorio, definito dall'azionista finanziario e dall'azionista del personale», con il compito di «accompagnare questo periodo di trasizione per difendere gli interessi della redazione e del giornale».
Al posto di July, alla presidenza, siederanno due persone: il giornalista Vittorio De Filippis, che è il gestore della Società civile dei dipendenti di Libération(società che controlla il 18,45% del capitale) e Philippe Clerget, ex direttore del settimanale L'Usine nouvelle, scelto da Rothschild. Avranno il compito di «trovare degli investitori o dei partner perenni per finanziare i progetti redazionali», mentre la Società civile sottolinea che «questa cogestione non può in nessun caso limitarsi alla sola definizione di un piano di riduzione dei costi. La perennità di Libérationnon è pensabile senza un'audace politica di riconquista dei lettori grazie a dei progetti che si inscrivono nel lungo periodo e che necessitano di investimenti». Ma, per il momento, Rothschild chiede una riduzione dei costi intorno ai 6 milioni di euro, per rimettere eventualmente mano al portafoglio. Una banca d'affari è incaricata di cercare altri azionisti. Dei contatti sono stati presi con il gruppo editoriale belga Rossel.
Rothschild si è detto «soddisfatto» che i dipendenti di Libérationabbiano votato, mercoledì, al 60,5%, a favore della «cogestione» da lui proposta. Per gli «storici» del giornale è una presa in giro. In un testo firmato tra gli altri da Antoine de Gaudemar e da Florence Aubenas, denunciano lo «spossessamento» di cui è vittima la storia stessa di Libérationcon questa manovra. «L'azionista principale ci dice che la storia, la nostra storia, non è quella che abbiamo creduto di vivere» - scrivono. «In realtà saremmo stati spogliati da anni, vittime di un imbroglio. Finalmente, lui ci avrebbe liberati». Per gli «storici» del giornale, l'azionista è certo il padrone, può imporre direttore e piano di ristrutturazione. Ma non ha il diritto di «riscrivere la storia» a modo suo, promettendo alla redazione di «riprendere in mano il proprio destino» con la cogestione.
Illusione che potrà essere trasformata in realtà? Il sindacato Sud, che si è schierato a favore della cogestione, ci crede. Il Sindacato dei giornalisti (Snj) è invece estremamente critico. Su Internet, i lettori riprendono le ormai tradizionali accuse a July: di essere venuto a patti con il capitale e di pagarne oggi il prezzo personalmente. Quasi un «ben ti sta», rivolto all'autore del controverso editoriale del 30 maggio 2005, quando si era scagliato contro chi aveva votato «no» al referendum sul trattato costituzionale. Ma una petizione di lettori, di simpatia con Libée la sua vivacità di pensiero, ha già raccolto centinaia di firme, tra le quali artisti, scrittori, registi.
La resa dei conti avverrà tra breve. Libération deve ridurre i costi, dice Rothschild, mentre i 20 milioni di euro che lui ci aveva messo nell'aprile 2005 sono già bruciati e il deficit nei primi mesi del 2006 è già di 900mila euro (invece dei 200mila previsti), dopo 7 milioni di perdite nel 2005. La diffusione è in calo (138mila copie di media giornaliera nel 2005) e il personale è stato ridotto di 56 persone con l'ultima ristrutturazione.

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