«Vi scrive l'ultimo anello della catena, il giornalaio»
Ottimo l'articolo di Loris Campetti sullo stato di crisi dei giornali e delle formule adottate dagli editori («Liberi di scriveri, liberi di scioperare», il manifesto di giovedì 28 dicembre 2006). Vi vorrei raccontare una storia che rafforza ancora di più la tesi di Campetti: è la storia del dumping che Caltagirone (Il Messaggero) opera verso noi rivenditori umbri e delle Marche, cancellando di fatto il contratto collettivo di lavoro.
Dieci anni di prezzo di vendita ridotto del 40 per cento. Noi rivenditori, affogati di merce invendibile, strozzati da ciarpame eufemisticamente chiamato «editoriale», navighiamo a vista in un mondo dominato solo dagli editori e dai distributori. A forza di soffocarci ci toglieranno anche la vita.
Vi scrive un componente della filiera della stampa: l'ultimo anello della catena, il giornalaio.
Ogni sciopero della vostra categoria pesa inevitabilmente sulla nostra, sia per i mancati incassi, sia per le prospettive che si annunciano sempre più oscure. Noi viviamo quotidianamente l'agonia della stampa, la valutiamo e la soppesiamo giorno per giorno, augurandoci che non sia mai l'ultimo, ma i segnali che giungono non sono incoraggianti.
Non sono incoraggianti il calo del numero dei lettori (i giovani non comprano il giornale, quello sportivo qualche volta). Non sono segnali incoraggianti le formule di abbinamento con le quali acquisti due o tre giornali al prezzo di uno. Non sono segnali incoraggianti quelle che la Federazione nazionale della stampa (Fnsi definisce «una violazione delle regole del mercato» a proposito dell'editore Grauso che in Sardegna vende il suo quotidiano a 50 cent in edicola nel pomeriggio dopo averlo regalato al mattino nei distributori.
Bravi! Ci avete regalato una bella notizia amici del Manifesto e allora sentite questa: che dire dell'autorevole quotidiano romano Il Messaggero che in Umbria ha fissato il prezzo a 0,60 e nelle Marche a 0,50 dal tempo del terremoto del 1997, definendo questa operazione, promozionale!
Una promozione dura dieci anni? Può durare qualche settimana, qualche mese, dieci è una consuetudine! A noi, rivenditori umbri e marchigiani, hanno cucito addosso una bella gabbia salariale, riservandoci un trattamento che non ha uguali in nessuna parte d'Italia.
Gli editori sono i nostri primi concorrenti. Offrono ai lettori abbonamenti che arrivano a praticare sconti fino all'80 per cento inserendoci pure, poiché non guasta, un bel regalo in omaggio.
Ma come fanno, mi chiedo, quando alle rivendite viene calcolato uno sconto che non arriva al 20 per cento e che non mi meraviglierei di veder ancor più decurtato.
Ah, già dimenticavo, paga la pubblicità: perché l'interesse non è nell'informare il lettore ma nell'inseguire il consumatore. Poi si lamentano che i giornali non si vendono, che la rete di vendita è insufficiente, che bisogna aumentare i punti vendita.
Lo fanno, lo hanno fatto, con il risultato di declassare ancora di più il prodotto editoriale, relegato in un angolo da chi, nella propria attività, dedica spazio e tempo a prodotti più remunerativi, giustamente.
Intanto le edicole assomigliano sempre più a bazaar, invase da un esercito di merce, definita prodotto editoriale, ma che di editoriale non ha nemmeno la puzza, ma che in compenso riesce a sottrarre spazio al prodotto editoriale vero.
Probabilmente i chioschi, questi manufatti più o meno antichi, pensati e realizzati per essere visibili, identificabili come fonte di informazione, hanno perso il loro fascino, sostituiti da mezzi più moderni, più veloci, meno chiassosi, direttamente gestibili da casa propria.
Immagino l'editore che ancora pazienta per le copie che dall'edicola tornano in resa, ma che già programma la scomparsa di questi vecchi ferracci piazzati agli angoli delle strade, o forse destinati, nella migliore delle ipotesi, a vendere altro da carta stampata. Magari soltanto prodotti concorrenti a qualche piccolo bazaar di cineserie.
In bocca al lupo a tutti noi, figli della stampa
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