cantieri sociali

Un sistema dei media indipendenti

4 ottobre 2007
Pierluigi Sullo
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Qualche giorno fa ho partecipato a un dibattito pubblico insieme a un importante politico della «sinistra radicale» (il nome è inessenziale). Mentre parlavano altri, mi ha almeno un paio di volte chiesto «secondo te, ci sono dei giornalisti?». E quando è toccato a lui parlare, ha premesso: «Anche se ci sono giornalisti, dirò lo stesso che...». Io ho cercato di buttarla sullo scherzo, rispondendogli che ovviamente c'erano giornalisti: c'ero io. Ma la questione era un'altra. Tutti i politici, dall'estrema destra fino dalla parte opposta sembrano essere dominati, in quel che dicono in pubblico, nei talk show televisivi e negli incontri di quartiere, dal timore che le loro parole vengano intercettate, ri-contestualizzate e gettate nel flipper di «dibattiti», sui media, le cui priorità tematiche, e lo stesso linguaggio, sono artificiali. Ad esempio, presentare come «uno strappo» il fatto che 150 parlamentari dell'Unione chiedano il rispetto del programma elettorale. Quando lo strappo, caso mai, è di chi viola quell'accordo. Segue polemica basata sul presupposto fasullo. Caro ministro, si chiede a Mussi o Ferrero, vi rendete conto che il vostro strappo mette a rischio il governo, ecc.? E Mussi o Ferrero, o Giordano e Pecoraro Scanio, da quel giorno, staranno attenti a quel che dicono, per evitare di rafforzare l'impressione di stare «strappando». Tutti sappiamo che le cose della politica - sui media - vanno così. Ma forse sottovalutiamo uno degli effetti collaterali di questo videogame: il fatto che i politici, parlando in generale, non vogliono, o non possono, dire quel che pensano in modo diretto. Si ritroverebbero sommersi dai brunovespa e da famelici cronisti politici alla ricerca dell'ultimo «scontro» (il che ha due vantaggi: mettere in scena un vaudeville che forse diverte i lettori, e soprattutto ridurre le opzioni politiche a una sola). E chi ne ricava i maggiori danni sono ovviamente i politici che più avrebbero bisogno di parlare chiaro: quelli di sinistra. I quali si ritrovano impigliati in una ragnatela, in cui loro fanno la parte della mosca e i media quella del ragno. Ci sono anche casi in cui il messaggio riesce a «bucare», ovviamente, ma questo non cambia la sostanza. Viceversa, il «sistema» dei media indipendenti e di sinistra (parlo anche di internet e radio) potrebbe interpretare il ruolo di «altro» circuito di informazione e dibattito, anche sulla e dalla politica, se solo non fosse così povero e frantumato: anche se, a stare a sentire chi si intende di internet, la comunicazione indipendente sommata insieme è, in giro per il mondo più che in Italia, concorrenziale con i siti dei grandi giornali e della grandi televisioni. Un piccolo esempio, molto faticoso, di comunicazione che cerca di contraddire i corrieridellasera è la manifestazione del 20 ottobre, sulla quale per la prima volta due quotidiani (il manifesto e Liberazione) e un settimanale (Carta) lavorano, ciascuno a suo modo, per ottenere lo stesso risultato: far sapere che non si tratta di quel che i media liberisti vanno raccontando. Ora noi, Carta, abbiamo varato il nostro quotidiano on line, che «esce» ogni pomeriggio alle 17 e vuole essere un tassello in più, magari un supporto ai quotidiani cartacei. E dunque, non potremmo chiederci se, sulla base dell'esperienza del 20 ottobre, e interpellando anche chi fa informazione indipendente su internet e via radio o con altri mezzi, non si potrebbero trovare insieme i modi per sopravvivere meglio nel mercato cannibale e per offrire un circuito, una «cornice» comune di informazione libera, dentro la quale poi ciascuno giocherebbe le sue carte?

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