Rai: raccomandatore, raccomandato, raccomandante
A nessuno piace fare il Grillo Parlante, neppure al mio conterraneo genovese Beppe, credo. Il problema è che a star dietro al fare della politica oggi uno rischia di confondersi, quasi esistessero enormi problemi di linguaggio tra Loro e Noi. Alla fin fine, più che dire, lo stesso Grillo Beppe, chiede. Uno chiede e non capisce le risposte, se ci sono. Personalmente sono molto incuriosito dal futuro della Rai. Conflitto d'interessi, potremmo dire, visto che in Rai ci lavoro, ma nell'attesa di soluzione legislativa che regoli gli interessi privati, io insisto.
L'interferenza della politica in Rai era il tema di un micro dibattito pubblico di fine luglio sulle pagine di Europa. Autorevoli pareri di un consigliere d'amministrazione (Nino Rizzo Nervo), di un prestigioso esponente sindacale (Roberto Natale), di un parlamentare-giornalista di spicco (Giuseppe Giulietti) e di altri ancora. Diagnosi condivisa: la politica faccia un bel po' di passi indietro. Applauso ferragostano. Fine delle vacanze e con la vendemmia settembrina, le sorti della Rai si trasferiscono nuovamente in parlamento o in altre sue illustri succursali politiche. Chi decide chi, chi decide cosa, chi decide quando e via litigando tra partiti e schieramenti. Non ho colto una sola parola sul chi decide come, e provo quindi a cambiare palestra sperando in altri, più creativi contributi.
Schiacciato tra elezioni politiche e presidenziali del solleone in Anatolia, non è che la politica italiana, per me, ormai parli turco? Problemi di lessico, continuo a sperare. La salvezza nel vocabolario. Rai, lottizzazione, eccetera, eccetera. Scopro che la parola «lottizzazione», nel significato politico noto, la dobbiamo ad Alberto Ronchey, che la usò nel suo libro Accadde in Italia: 1968-1973. A lui dobbiamo la descrizione della malattia, più o meno come con l'Aids che resta però senza vaccino. La lottizzazione, andando ad indagare tra dizionari ed enciclopedie, scopri che nasce geometra (suddivisione di un terreno in lotti) e, a dar retta a De Mauro, finisce dritta in parlamento (spartizione tra i partiti di cariche di particolare rilievo all'interno di un ente, specialmente pubblico, secondo criteri di opportunità politica e di interessi economici). Pedantemente citando, andiamo avanti. Connotazione negativa: «Deriva dal fatto che l'attribuzione di una carica fatta seguendo i criteri di lottizzazione, avviene ignorando ogni criterio di buona amministrazione e di merito. Non si sceglie il dirigente più capace, ma l'amico, l'esponente politico, il parente che si vuole piazzare».
Conseguenze: «L'inefficienza dell'impresa o dell'ente, i maggiori costi, la distorsione delle scelte delle imprese e degli enti, che non perseguono più i fini per i quali sono sorti, ma l'interesse di chi le governa o di chi ha designato gli amministratori».
Chi paga: «La lottizzazione può quindi assumere un aspetto patologico che, contrastando con interessi generali, ha contribuito inoltre a gettare discredito sugli esponenti politici e sui partiti lottizzatori».
Se non capisco male, la lottizzazione farebbe male a tutti, o quasi. Mi viene da pensare al vizio del fumo o dell'alcool, con la differenza che il cancro ai polmoni o la cirrosi epatica minaccia tutti meno che i fumatori passivi della lottizzazione che hanno brindato a rapide ed immeritate carriere.
Curiosando con timore, vado a leggere della Rai, parandomi le spalle dietro la definizione di altri, più enciclopedici di me. «La Rai radiotelevisione italiana è la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo italiano». Segue il dettaglio dei suoi organi di governo attribuiti, dalla legge Gasparri, alla Commissione parlamentare di vigilanza e al Tesoro. Secondo Wikipedia (io non c'entro), ciò implica che «la televisione pubblica italiana è quindi sotto il completo controllo dei politici (parlamento e governo), e quindi strutturalmente non assicura un'informazione indipendente e libera da loro, come invece vorrebbe la moderna teoria della separazione dei poteri. Molti critici hanno spesso evidenziato questo fatto accusando la Rai di mancare di pluralismo dell'informazione, di censurare professionisti meritevoli ma scomodi per i politici e di essere 'lottizzata' da persone raccomandate dai partiti e asservite a loro».
Eccoci servita un'altra parola chiave nelle nostre incertezze lessicali: i raccomandati. Un po' come tornare all'antico, prima che Ronchey nobilitasse in lotti di parte i sempiterni «figli di qualcuno». Cos'è la raccomandazione lo sappiamo tutti. Più interessante la definizione delle «parti attive» nella raccomandazione. Tre i protagonisti, col ruolo decisivo del «raccomandatore», cioè di colui che «sfruttando la propria posizione sociale e il proprio potere, compie l'azione del raccomandare». Conseguenza o ispirazione del raccomandatore è il «raccomandato»: «Colui che gode della raccomandazione e della posizione di vantaggio che ne consegue». Ruolo terzo ma decisivo, quello del «raccomandatario», di colui che «riceve la segnalazione del soggetto da favorire e la porta tecnicamente a compimento». La conclusione degli studiosi della materia è lapidaria: «Il meccanismo va a buon fine quando tutti i soggetti agiscono di concerto».
Se dizionari ed enciclopedie dicessero la verità, attorno al problema Rai-partiti, avremmo quindi qualche complessità in più. Il «raccomandatore» politico, e non solo, che deve fare dieci passi indietro. Il «raccomandato» contro cui le organizzazioni sindacali avrebbero dovuto fare decine di passi avanti. Sui «raccomandatari» che eseguono, nulla voglio dire, per semplice vigliaccheria personale. Resta la trilogia offerta dalla scienza: raccomandante-lottizzante, raccomandato-lottizzato, raccomandatore-lottizzatore, per ottenere il risultato largamente deprecato e universalmente praticato, debbono agire di concerto. Chi, dei tre soggetti, è disposto a cominciare un circuito virtuoso? Nel dibattito politico forse mi sono sfuggiti i volontari della svolta. Un sindacato, un candidato a qualche direzione, un consigliere d'amministrazione. Dovevano essere distratti.
Un'idea facile facile che riguarda il già citato «chi comanda come». Se, quando mai, dovessero procedere a importanti nomine dirigenti, reti, tele e radiogiornali, vertici tecnici, amministrativi, burocratici. Rivoluzione! Candidature pubbliche. Autocandidature e prima selezione, come per Miss Italia. Potremmo persino prevedere il voto telefonico del pubblico. Per la direzione del TgX, se preferisci il candidato Tizio, fai seguire al numero telefonico che vedi sullo schermo, il numero 1, per il candidato Caio, il numero 2; per il candidato Sempronio, il numero 3. Poi la ponderosa giuria interna che seleziona attraverso la prova di cultura generale. «Possiedi un televisore? Quante volte la settimana lo vedi?». Giunti alla terna finale, infine, il giudizio motivato e pubblico d'ogni singolo giurato. Per dissipare il dubbio che possa prevalere quel «lato B», che ha segnato la selezione di miss Italia.
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