Da Manuale delle Infowar

Nei giorni scorsi è stato pubblicato un sondaggio in cui gli iracheni si dichiaravano favorevoli alla permanenza americana in Iraq. Peccato che fosse stata loro domandata un'altra cosa.
20 marzo 2004

Mercoledì scorso vari giornali(in primis Il Giornale e il Tempo) sono usciti in prima pagina con una notizia clamorosa: la maggioranza degli iracheni chiede agli americani di rimanere in Iraq. Sgomento e incredulità eppure la notizia era lì. Ma allora chi sono quelli che in questi mesi manifestano in tutte le grandi città dell'Iraq contro l'occupazione. E fra tre giorni perché manifestiamo, se l'Iraq è favorevole all'occupazione? E infatti bastava leggere l'articolo per scoprire che eravamo davanti all'ennesima infowar. Il cui velo cadeva già da subito: Il Tempo indicava in poco più del 50% gli iracheni favorevoli all'occupazione; il Giornale si spingeva addirittura al 70%. Altri giornali davano altre cifre. A dimostrazione che l'infowar era evidente. Ma continuando nella lettura, se non fosse che questi sono argomenti seri, veniva voglia di sbellicarsi dalle risate. Perché si affermava che gli iracheni vogliono qualcuno che dia loro sicurezza, infrastrutture e aiuto nella ricostruzione del Paese. Cioè quello che gli americani non hanno ancora dato agli iracheni dopo un anno. Infatti nel sondaggio gli iracheni non hanno approvato l'occupazione. Hanno invece chiesto aiuto nel costruire il nuovo Iraq. Un Iraq libero, pacificato e ricostruito. Come ha detto Gino Strada qualche mese fa "se si fulmina una lampadina non chiamo i carabinieri, ma un elettricista". Appunto per la ricostruzione dell'Iraq servono ingegneri, architetti e costruttori. Non un'occupazione illiberale. L'Infowar è svelata.

Alessio Di Florio
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