Popolazione reattiva, più del parlamento
Il sondaggio del Corriere della Sera, che indica una maggioranza non indifferente del paese favorevole al ritiro delle truppe italiane sia dall'Iraq che dall'Afghanistan, conferma una impressione che anche altri elementi convalidano: cioè che la popolazione ha una capacità reattiva molto forte e in questo momento superiore al sistema politico. Questo non modifica per ora gli schieramenti in parlamento, e quindi non muta le decisioni assunte dai parlamentari.
Per quanto mi riguarda, se ripasso il processo che ho seguito fino ad oggi, esso è il seguente: nel momento in cui mi fu offerto di essere capolista in Senato per Rifondazione comunista-Sinistra europea, la questione era di riaprire la possibilità di una politica nel nostro paese, dato che il quinquennio del governo di centrodestra e un processo culturale anche più lungo e profondo aveva di fatto chiuso l'esercizio della politica con il diffondersi di una cultura populista di rara rozzezza ed efficacia e una influenza sul sistema politico che ne favoriva derive identitarie sempre molto pericolose .
A mio parere, per evitare che ciò continuasse in modo sotterraneo, bisognava riuscire ad avviare processi di riapertura di dibattito e mediazione, immettendo nell'Unione il metodo del consenso per formare la volontà politica e nella cittadinanza un dibattito politico libero e aperto. Il primo difficile impatto avviene appunto sull'Afghanistan e si partiva subito male, cioè non aprendo un dibattito su come costruire un percorso sul quale si poteva anche non concordare, per raggiungere una meta che era ed è comune, cioè come far terminare la spedizione, ma subito invece definendo identità rigide e richieste di decisioni che non avevano riscontro negli schieramenti istituzionali. Perché la questione è infatti come si rende efficace una decisione in proposito. Abbiamo già visto quanto sia difficile realizzare decisioni anche condivise e programmatiche come sull' Iraq.
La pressione che viene rivelata dalla ricerca del Corrierenon è ancora arrivata in parlamento e perciò bisogna continuare a premere e a lavorare per il rientro e - ad oggi - il modo migliore per raggiungere tale meta è di discutere e mediare tra le forze politiche. Continuare prevalentemente nelle posizioni identitarie produce - a mio parere - solo scivolamento verso strettoie e contraddizioni alle quali mira chi vuole costruire la grande coalizione, cioè l'esito che rende impossibili i fini che ci eravamo dati. È triste, è amaro, ma per ora non sembra che si riesca ad avere una forma diversa di decisione.
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