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Discorso pronunciato alla Marcia della Giustizia Agliana-Quarrata, organizzata da Rete Radiè Resch

13 settembre 2003
Alex Zanotelli

Prima di tutto un buona sera a tutti. Un grazie per una serata così e soprattutto per i vostri volti luminosi, capaci di reazioni così vivaci. Io sono stato ieri sera in un luogo che non è lontano da qui. Ero su a Montesole, dove c’è stata la strage di Marzabotto. Con la carovana della pace dei missionari Comboniani e tanta altra gente di Bologna abbiamo camminato lungo la notte, dalle dieci a mezzanotte, fino al cimitero dell’eccidio, del così detto massacro di Marzabotto. E’ stato qualcosa di incredibile in quella notte, riascoltare e leggere quello che era avvenuto, cioè quella placca su quel cimitero spaventosa, con la citazione di Hitler. Puoi venire verso la chiesa tutta dilapidata adesso dove è stato ucciso il parroco con la gente dentro la chiesa. Qualcosa fatto di notte in silenzio è stato qualcosa che mi ha di nuovo portato davanti all’assurdità della violenza e all’assurdità delle vittime, dei volti delle vittime, perchè l’importante è dare volti alle vittime. E’ proprio da ieri sera, in questo paese, ecco ho voluto sperimentare nuovamente quel momento che non è passato, magari fosse passato. Ma continuiamo a vivere dentro sistemi e mali, che continuano a perpetuare quegli eccidi . Guardate che fuori dal cimitero c’era scritta la citazione di Hitler che diceva "dobbiamo uccidere scientificamente, coscientemente, farlo." Ed è esattamente quello che fa questo sistema entro cui viviamo. Dopo essere vissuto per 12 anni dentro uno dei luoghi più drammatici dell’Africa, delle baraccopoli Africane, che è Korogocho, io, in profonda sintonia con quelle vittime, abbiamo qui questa sera, due amici che sono appena arrivati da Korogocho. Uno è Gino Filippini, un laico che ha già speso 10 anni a Korogocho, e una donna che si chiama Monica, che ha speso tre anni adesso. Io vorrei che venissero qui un attimo su questo palco. So che non vogliono venire, ma so che sarebbe molto importante che venissero qui. Ecco che stanno arrivando. Oggi una trentina di giovani sono partiti anche loro dalla baraccopoli di Korogocho e sono andati in un’altra spaventosa baraccopoli di Nairobi, Kibera, che ha una popolazione di 800mila persone accatastate in piccolissimi spazi. L’hanno fatto proprio insieme con noi. Io penso sia importante. Li ho chiamati qui purché loro ritornano ora da quelli che io chiamo i sotterranei della vita e della storia, e hanno visto con i loro occhi e lo stanno vedendo sulla loro pelle quanto i poveri soffrono. Io non so se posso chiedere a Monica il racconto che lei ha scritto di un ragazzino, vuoi farlo di Tabu? Un attimo solo, capite quello che significa un volto di una persona, di un ragazzino.

Monica: "Tabu è uno dei nostri ragazzi, 15 anni, tre anni in discarica, la mamma e il papà sono morti, anzi: il papà è sparito, come succede spesso a Korogocho, i padri spariscono. E la madre ha tentato di accudire il figlio fin che ha potuto, poi è morta. Il figlio lo abbiamo trovato nella discarica perché doveva trovare qualcosa per mangiare, e noi frequentavamo la discarica per parlare con questi ragazzi, era ammalato. L’abbiamo portato con degli amici dottori ed infermieri di Korogocho, keniani, e la signora mamma Beth l’ha accolto, l’ha curato, sembrava che stesse meglio. Abbiamo cercato un contatto con i parenti del padre in Uganda, l’abbiamo portato in Uganda, e ce l’hanno rimandato indietro. E’ malato. La famiglia ha deciso che era ammalato, che non poteva occuparsene. E’ morto tra le braccia di un’altra donna universale, mamma universale, perché anche la morte è una morte dignitosa se è tra le braccia di persone che ci sono vicino. Anche se in una baracca."

Alex: Sono volti di persone come noi, come tutti, che hanno una voglia matta di vivere. E quando cammini con loro e vedi la loro sofferenza, le loro tragedie, davvero ti coglie qualcosa dentro. Per me è molto importante questo, al di là delle statistiche o di quello che volete voi. E’ importante sentire che sono volti e quando hai una relazione con questa gente senti ogni volta una pugnalata nello stomaco. Perché è tuo fratello, è tua sorella, è un volto. Siamo molto grati a loro e anche a Gino, Gino ha già fatto dieci anni a Korogocho e soprattutto lavorando, anche lui parecchio, con situazioni di malati di Aids. Solo una parolina molto breve, un messaggio che puoi lasciare.

Gino: "Un messaggio che posso lasciare forse è che si parla di diritti degli altri, penso che il primo diritto sia il diritto alla vita. E, Ee essaggio che posso lasciare forse è che si parla di diritti degli altri, penso che il primo diritto sia il diritto alla vita detto molto concretamente, quando gli altri sono quelli di Korogocho, sono i 100mila di Korogocho, io avrei preferito veramente che fossero qui i 100mila di Korogocho a parlare di loro stessi, a dare visibilità, come si dice qui. Io, purtroppo, non sono uno di Korogocho nel senso pieno, sono solo uno di passaggio che cerco di dare una mano, anche se il passaggio ormai dura dieci anni e magari durerà ancora qualche anno. E’ Dio che decide. Comunque, quando si parla dei diritti degli altri, a Korogocho i diritti si riducono veramente all’essenziale, e direi... è la vita, non è che pretende molto uno di Korogocho. Vivere con un dollaro al giorno è vivere dell’essenziale, ma a volte non c’è neanche quello. Vivere su uno spazio di tre metri per tre metri = 9 metri quadrati, non è pretendere molto. Ma non hanno neanche sicurezza, neanche garanzia di questo. E sono sempre sotto la minaccia di un’espulsione, alla quale non possono opporsi. Ci sono mille malati di Aids che non hanno accesso alle medicine...Come fa uno a pagarsi le medicine se vive di un dollaro al giorno? Deve pur mangiare. Siamo a questi livelli. Ecco, vorrei veramente che questo gruppo rappresenti in qualche maniera tutti i disperati del mondo che sono milioni. Pensiamo a questi diritti in maniera molto concreta, e penso che la maniera più concreta sia di avere un interprete come Alex, per cui sicuramente gli restituisco la parola. Vorrei anche però, prima, ringraziarvi per la lotta che avete portato avanti e che da là abbiamo seguito. E’ il no alla guerra. So che vi siete mobilitati veramente in massa e che avete fatto tutto il vostro possibile. E’ stato veramente grande. Io spero che l’impegno continui forse per un’altra guerra. E stavolta è da portare avanti qui. Ma sono rimasto piuttosto scosso da testimonianze che ho sentito stasera. L’Italia non è in vendita, io ho sentito delle frasi molto molto grosse, molto molto pesanti. Ma...l’Italia è in vendita? L’Italia non è più una democrazia? Ma stiamo scherzando? No, io penso che quella società civile che Alex ha continuamente decantato, l’ho sentito tante volte dire: in Italia abbiamo una società civile più vibrante dell’Europa...se non del mondo...L’avete dimostrato con un no alla guerra, adesso bisogna dire, invece, un sì a una guerra perchè veramente la democrazia sia democrazia in Italia. L’Italia non è in vendita! E lì occorre veramente che continuate a impegnarvi!"

Alex: Un grazie a questi testimoni che sono appena ritornati davvero ieri. Monica ritornerà giù anche lei per un altro anno e Gino tornerà pure giù insieme con Daniele (padre Daniele Moschetti). Quello che a me premeva è farvi sentire che si tratta di volti. Io sarò molto breve questa sera, ho alcuni punti qui essenziali, poi concluderò con il problema della società civile che è già stato sollevato e con un documento finale, il primo che abbiamo preparato e che vi vorrei presentare un attimo. Prima di tutto notate che ci troviamo davanti, com’è stato detto, a una vera e propria guerra mondiale che si combatte contro i poveri. La seconda guerra mondiale ha fatto 50 milioni di morti in otto anni; ogni anno questo sistema ammazza per fame e per malattie almeno 40 milioni di persone. Avete una guerra mondiale all’anno. Sono i poveri che la pagano, sono loro che sono fatti fuori. Quando parliamo di guerra e di pace, la prima guerra, la più importante guerra è questa. Ed è espressa oggi a Cancun. Cancun è estremamente importante. Pensavamo che il primo problema sollevato a Cancun sarebbe stato il trattato del GATS, invece no: dovuto al Brasile molto facilmente, si sono messi insieme finora 22 nazioni cha rappresentano circa l’80/90% dei contadini del mondo e stanno contestando l’Europa e gli Stati Uniti per le sovvenzioni date all’agricoltura. Gli Stati Uniti danno ogni anno 300 miliardi di dollari per sostenere l’agricoltura in quelle condizioni in cui è; l’Europa, metà del bilancio dell’Unione Europea, 50 miliardi, va agli agricoltori. Ecco perché i nostri agricoltori, noi abbiamo questo tenore di vita ed ecco perché con una tale protezione di 350 miliardi di dollari all’anno, di un miliardo al giorno, è chiaro che i nostri contadini possono svendere i prodotti sul mercato. Chiedono il mercato libero? E’ quello che i poveri stanno chiedendo! Togliete le sovvenzioni all’agricoltura, lasciate che possiamo esportare anche noi nel mercato agricolo...E’ quello che stanno chiedendo... Impossibile. Notate che questo è estremamente importante e fa sì che mentre ogni vacca europea ha due dollari e mezzo a testa al giorno, e ogni vacca americana ha cinque dollari al giorno e ogni vacca giapponese ha sette dollari al giorno, avete un miliardo e mezzo di uomini a questo mondo che sono costretti a vivere con meno di un dollaro al giorno. Ecco il problema. Da qui capite, allora, la rabbia dei poveri a Cancun, e perché si battono. Ma questo è un tabù. Guardate che nessun sindacato, nessun partito politico in Italia accetterà mai una discussione di questo genere. Ed è qui che i poveri incominciano a toccarci sul vivo. Secondo punto- io spero che salti, sarebbe una cosa grossa- l’altro trattato, quello del GATS, che permetterebbe praticamente che cosa? GATS vuol dire "Trattato generale sul commercio dei servizi", ascoltate bene: commercio dei servizi, i servizi saranno tutti mercificati. Cosa intendono per servizi? Scuola, sanità, acqua, prigioni...Il 40% delle prigioni americane sono già privatizzate. Privatizzeranno tutto! E’ la mercificazione di tutto! La commissione Europea, Pascal Lami, è andato a Cancun praticamente con la decisione che l’acqua è merce. Sapete cosa vuol dire se già oggi il 70% dell’acqua commercializzata è nelle mani di due multinazionali? Provate a pensare alla gente di Korogocho quando sarà obbligata a comperare l’acqua in bottigliette come facciamo noi! Pensate a quello che significa: è la morte! L’Europa, e ritornerò alla fine all’Europa, è un discorso che stasera non c’è stato, la commissione europea, quando i paesi poveri chiedono finanziamenti e aiuti, sta spingendo perché quei governi diano le risorse idriche dei propri paesi alle multinazionali. E’ questo quello che sta avvenendo! E da qui incominciate a capire l’importanza di Cancun e capite quanto siano vitali le decisioni di Cancun. Il 13 settembre mobilitazione generale in Italia e nel mondo su Cancun. E’ importante che noi siamo qui questa sera in tanti e ho voluto partire da qui. Il 17 settembre c’è la riunione del Fondo Monetario Internazionale, altro cuore del sistema. Il primo è l’organizzazione mondiale del commercio a Cancun, il 17 settembre c’è il FMI. Il problema del debito! Noi dopo il giubileo l’abbiamo già dimenticato! I poveri sono arrivati a 2500 miliardi di dollari, un debito che non pagheranno mai, ma non ha importanza: ce lo pagano ogni anno dando alla finanza internazionale 200 miliardi di dollari in interessi su quei 2500 miliardi. 200 miliardi di dollari in interessi! Se voi pensate che la finanza internazionale non arriva neanche a 50 miliardi di prestiti ai paesi poveri, sono i poveri che finanziano i ricchi, non sono i ricchi che aiutano i poveri! Smettiamola questa storia! Terzo: il problema delle armi. Vengo adesso dal Capitolo dei comboniani, proprio per ricordarvi soprattutto una cosa: queste armi ammazzano mica solo in Congo. Gino prima ve le ricordava tutte le realtà, mica solo in Iraq o in Afganistan...Provate a pensare al Congo: una guerra spaventosa che dura da cinque anni e che ha già fatto- sono statistiche che mi hanno dato l’altro giorno i missionari saveriani, in Congo, in cinque anni di guerra, quattro milioni di morti. Sapete cosa vuol dire quattro milioni di morti? E’ vero che sono le popolazioni africane che si scannano, ma la guerra in Congo è decisa a Washington, è decisa a Londra, è decisa a Parigi! Voi sapete che si tratta di minerali estremamente importanti: cobalto in particolare, essenziale per la difesa americana, l’80% di questo viene dal Congo, e oggi in particolare il coltan, quello che serve per i telefonini e per l’informatica l’80% di questo viene dal Congo. Sono queste le ragioni di questa guerra. E’ importante che ci diamo da fare, gli organi di stampa non ne vogliono parlare, è qualcosa di incredibile 4 milioni di morti! Nulla da fare! E’ il silenzio totale voluto, imposto, dobbiamo davvero rompere questo silenzio sul Congo, sugli oltre quaranta conflitti che continuano al mondo, perché le armi se le produciamo dobbiamo portarle avanti. L’altro giorno mi cercava il cardinale di Kinshasa, di solito i cardinali non mi cercano, ma stavolta m’ha cercato un cardinale, per ringraziarmi di quello che sto dicendo sul Congo, dice: "Alex, non riusciamo a far passare queste robe!" Il cardinale chiede: primo, un tribunale internazionale sui delitti che sono stati perpetrati in Congo e chiede che i presidenti Kagame del Rwanda e quello dell’Uganda, compresi i loro generali, che hanno la prima responsabilità in questo crimine contro l’umanità, siano portati davanti a questo tribunale insieme con gli Stati Uniti d’America e all’Inghilterra. Perché ci sono dei crimini incredibili. Secondo: chiede l’embargo sulle armi all’Uganda e al Rwanda. Terzo: chiede i beni rubati- immense ricchezze rubate- hanno persino scritto chi ha rubato, chi è stato implicato, ci sono nomi e cognomi, moltissime sono le banche svizzere tra l’altro, che venga restituito. E infine il cardinale chiedeva che la cinquantacinquesima giornata dei diritti umani- quest’anno è il dieci dicembre- venga celebrata in una città del Congo per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale su questa guerra assurda che viene portata avanti in Congo. E’ un cardinale di Kinshasa che le chiede. Sarò brevissimo: i media, cito un americano, uno dei più grandi e ammirati degli Stati Uniti, Karl Popper, che qualche anno fa ancora diceva: "Con questa televisione non ci può essere democrazia." Se lo diceva Karl Popper anni fa, pensate voi oggi! L’unica cosa che vi rimane: buttate via il televisore!!! Buttatelo via! Un richiamo, quinto, agli immigrati: io ho detto l’anno scorso, ritornando dall’Africa, e mi hanno messo tra le mani la legge Fini-Bossi, io mi sono vergognato di essere italiano e di essere cristiano con una legge del genere! E’ una legge razzista, perché? Perché noi accettiamo l’immigrato in mezzo a noi perché servono al capitale, e ci servono come manodopera a basso prezzo, poi li rispediremo al mittente. E’ questo il cuore e la gravità e quello che mi fa più male, permettetemi di dirvelo, che un senatore come Bossi abbia il coraggio di venire a proporre una campagna per riportare i crocifissi morti nelle aule pubbliche, mentre lui schiaffeggia i crocifissi viventi con una legge che porta il suo nome! Due comboniani, due missionari comboniani si sono incatenati lo scorso giugno alla questura di Caserta per protestare contro quello che stava avvenendo. Siamo solidali con loro e insieme abbiamo proposto un decalogo su come aiutare questi nostri immigrati. Io, soprattutto, vi chiederei una cosa fra queste dieci. Soprattutto tentate di avere un "gemellaggio" con un immigrato in mezzo a voi, seguite una famiglia di immigrati, vedete a che punto è arrivata, se è nei pasticci, se è chiamata in questura andate e create in ogni città, possibilmente, una ragnatela, una rete per aiutare gli immigrati in mezzo a noi. Stanno davvero soffrendo, neghiamo loro i diritti che noi chiediamo qui in piazza. Questo non è concepibile in quest’Italia dei diritti. Notate una cosa molto semplice, permettetemi di arrivare al cuore di questa sera, io raccolgo un po’ tutto quello che questa gente vi ha detto, e anche quello che Gino vi diceva prima. E’ bellissimo avere una piazza gremita, una marcia come questa, avremo tantissima gente alla Perugia-Assisi, e questa società civile organizzata deve diventare soggetto politico, sennò non arriveremo da nessuna parte! Soggetto politico! Quando ho detto questo a D’Alema s’è incavolato e ha detto: "Alex, smettila, solo i partiti sono soggetti politici!" Ho detto a D’Alema: "Mi fai compassione, D’Alema..." D’Alema mi fa compassione come tutti gli altri, cosa volete...perché pensano di decidere, ma non decidono, sono i potentati economici che decidono oggi, non i nostri politici! Secondo, molto importante, noi abbiamo eletto D’Alema per continuare questo sistema! Non possiamo chiedere a D’Alema di fare chissà quali altre cose! Per cui vedete l’importanza della società civile organizzata: deve diventare soggetto politico! Deve fare politica con la P maiuscola, non che la politica la devono fare i partiti, e dobbiamo cominciare a sospingere questi partiti. Avete sentito il pessimismo di Gino Strada, non ne usciremo fuori, e questo è colpa nostra e io lo dico qui davanti a voi e tutti insieme, che dopo la resistenza contro la guerra, noi ci siamo quasi quasi sgretolati. Dobbiamo ritrovare la forza di questo movimento per dire no insieme, non solo alla guerra all’Iraq, ma a tutte queste profonde ingiustizie. Ecco il significato della società civile, i sindacati devono starci qua dentro, le piccole comunità, i gruppi ecclesiali, è importante quella dimensione etica che è stata ricordata, ma i partiti se ne stiano fuori dalla società civile, la società civile faccia la società civile per favore! Ecco la sfida che io lancio a voi questa sera. Si è parlato molto dell’Italia, questa sera, troppo poco dell’Europa! Moltissime decisioni non sono neanche più prese qui, sono prese su e noi non ce ne accorgiamo. Ecco perché voglio con voi questa sera finire proprio con un testo che girerà e vi spiegherò anche perché. In questi giorni prepareremo un testo che incomincerà a girare fra le associazioni, chiedetelo, uno sul problema dei mass media che è la legge Gasparri, un altro sui cambiamenti in preparazione in questo paese sul problema della giustizia, vogliamo sentire cosa ne pensate mentre gira tra le associazioni, poi tenteremo di lanciarli come documenti su cui lavorare lungo l’autunno, lavorare, dobbiamo metterci a lavorare seriamente. Io ci credo davvero che in questo paese c’è una società civile organizzata molto bella, molto ricca, ma deve imparare a mettersi insieme, deve imparare a sentire che ha forza, che è potente, che ce la possiamo fare! Io non condivido nessun pessimismo, come diceva Tonino Bello all’Arena: "In piedi cittadini!" E sentiamo qui questa sera con noi i testimoni e in particolare penso che è importante ricordare proprio don Ciotti, perché è con noi in questo momento e ha bisogno di tutta la nostra solidarietà. E gliela diamo totale. Ma da Caponnetto che è stato ricordato, a Falcone, a Borsellino, sono tutti martiri che ci accompagnano, martiri bianchi perché hanno pagato con la vita e anche con il sangue. Gente che ha pagato sulla propria pelle, ci hanno dato degli esempi stupendi! Con questi noi siamo convinti che ce la possiamo fare! Insieme, recuperando i volti, noi non siamo tubi digerenti come ci vogliono far passare, siamo volti e dobbiamo recuperare la responsabilità storica che è nostra in questo momento. Ed è in questo senso che vorrei concludere con voi con questo messaggio guardando l’Europa.

Pace, Costituzione europea e Nato
Nella nuova Costituzione dell’Unione Europea appare chiaro che la pace non è uno dei principi su cui si fonda l’ispirazione della politica estera dell’Unione, ma è solo uno degli obiettivi della sua azione, e il ripudio
della guerra non è mai preso in considerazione.
Basta soffermarsi sugli articoli 188, 205, 207 e 210. Cio’ che si vuol salvaguardare sono "gli interessi fondamentali dell’Unione Europea" che rimandano agli "interessi vitali" della nuova strategia imperiale. E’ chiaro per la Costituzione europea che la pace puo’ essere interrotta da missioni militari che sono contemplate per "assistenza militare, prevenzione dei conflitti e mantenimento della pace, combattimento nella gestione di crisi, stabilizzazione al termine dei conflitti, lotta contro il terrorismo anche sul territorio di stati terzi".
E’ incredibile che la nuova Costituzione preveda "un’agenzia europea per gli armamenti" ed anche un Fondo costituito dai contributi degli Stati membri.
Su tutto questo il parlamento europeo ha solo una preminente funzione consultiva. E’ il Consiglio che detiene il potere decisionale in questo campo.
Purtroppo tutto questo non tiene conto della nuova sensibilità europea espressa nelle grandi manifestazioni del 15 febbraio nelle capitali europee.
Sembra ormai che anche nel centrosinistra europea abbia prevalso alla fine un avvicinamento alla linea atlantica, che ruota attorno a Londra e a Madrid e, oggi, a Roma, e che trova un certo consenso di Giscard e Amato,
predisposti a stemperare le critiche piu’ aspre all’ideologia della guerra preventiva.
Colpisce all’articolo 1 e 2 l’assenza del valore della pace, assunta invece solo come obiettivo e quindi declassata da guida primaria all’azione politica. L’Unione Europea si pone innanzitutto come potenza sulla scena internazionale con la riaffermazione implicita di quella ragion di stato che viene riproposta - esautorato a riguardo il parlamento - a livello sovrastatale, sotto la guida di un organismo intergovernativo come il Consiglio, e che il movimento pacifista mondiale sta attaccando dalle fondamenta nella prospettiva di un mondo unificato.
Affermare invece che la pace e’ un valore in sé avrebbe avuto come conseguenza che sarebbe stato assumibile l’articolo 11 della nostra Costituzione - il ripudio della guerra - assieme ad impegni vincolanti sulla giustizia, l’uguaglianza, la lotta alla miseria nelle relazioni nord-sud. E’ quanto ha tentato di fare la campagna italiana perché nella nuova Costituzione europea potesse entrare questa affermazione: "L’Europa ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e riconosce nella pace un diritto fondamentale delle persone e dei popoli. L’Europa contribuisce alla costruzione di un ordine internazionale pacifico e democratico, a tale scopo promuove e favorisce il rafforzamento e la democratizzazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e lo sviluppo della cooperazione internazionale".
E’ in questo contesto che bisogna cominciare a riflettere seriamente sul peso della Nato nell’Unione Europea. Questo diventa ancor più urgente ora che l’Unione Europea è sotto pressione per rafforzare un processo di
militarizzazione per poter controbilanciare il colosso militare Usa.
La sola esistenza della Nato, come alleanza cui aderiscono i paesi europei, implica un’ipoteca pesantissima che vanificherebbe la miglior Costituzione europea che si possa concepire, per gli aspetti della difesa, ma anche della
democrazia effettiva e della libertà.
Si tenga conto, infatti, che il funzionamento della Nato si basa almeno su tre livelli:

  1. Un primo livello è costituito dal Trattato costitutivo dell’alleanza.
    Questo livello è forse il piu’ innocuo, in quanto i termini del trattato sono noti ed espliciti, approvati dai parlamenti nazionali. Il problema di fondo è però che l’Alleanza da un lato va ben al di là del trattato
    istitutivo e dall’altro è divenuta via via qualcosa di ben diverso da com’era stata fondata.
  2. Un secondo livello, infatti, è costituito da una serie di accordi rimasti rigorosamente segreti, mai sottoposti a nessuna verifica parlamentare, che regolano aspetti cruciali: tra questi tipicamente le basi militari. E’ evidente che tali accordi hanno per i governi nazionali una forza più forte delle rispettive norme costituzionali e possono violarle impunemente. Nella recente aggressione all’Iraq, pur non essendo coinvolta la Nato in quanto tale, è stata denunciata la violazione della Costituzione per la cessione del permesso di sorvolo dello spazio aereo, nonché per l’uso delle basi americane in territorio italiano.
  3. Ma vi è un terzo fattore forse più grave. Nel corso dell’ultimo decennio, lo spirito e le finalità stesse dell’alleanza si sono profondamente trasformate con decisioni di vertice e senza nessuna verifica democratica da parte dei parlamenti nazionali e dei cittadini. Il principale di questi cambiamenti è stato il "nuovo concetto strategico" definito nel vertice della Nato di Washington del 1999. Esso ha trasformato radicalmente l’Alleanza da difensiva in offensiva, uno strumento per affermare gli interessi dei paesi membri in qualsiasi parte del mondo essi si vedano minacciati. Questo carattere aggressivo dell’Alleanza pone quindi la guerra come strumento per risolvere (ma anche per creare) i conflitti, in drammatica violazione dello spirito e della lettera della nostra Carta costituzionale. Ma l’Alleanza, dopo il vertice di Washington, ha continuato a trasformarsi. Molti commentatori hanno osservato che l’allargamento a nuovi paesi europei (molti dei quali vengono contemporaneamente inclusi nell’Unione Europea) fa parte di una manovra ampiamente promossa da Washington per fare dell’Alleanza uno strumento più facilmente asservibile ai propri disegni imperiali: questa analisi ha ricevuto una conferma esplicita immediata in occasione dell’aggressione all’Iraq. Nel vertice di Praga di quest’anno, poi, la Nato ha sostanzialmente sposato la strategia dell’"attacco preventivo", enunciata lo scorso anno ed immediatamente messa in pratica da Washington. Anche questo ribaltamento di strategia (dalla difesa all’attacco militare, per di più "preventivo") - una vera "mutazione genetica" - passa senza venire sottoposto alla verifica di nessun parlamento nazionale né da parte dei cittadini.

Guardate che il problema Nato, di cui non vogliamo parlare, è di una gravità estrema in quest’Europa, sono questi i problemi con cui dobbiamo seriamente confrontarci se vogliamo davvero, lungo quest’autunno, come società civile, metterci in piedi. Io direi che è importante, in questo momento, questo "metterci in piedi" . Direi che siamo alla fine no? In piedi cittadini, in piedi!

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