Che non sia un Natale cieco e vuoto
Carissim*,
anche quest'anno siamo giunti al Natale. Da diverse settimane siamo immersi, tra luci, regali, addobbi e orpelli vari nell'atmosfera della festa.
Una festa che quest'anno, come tutti gli anni ma forse anche di più, lascerà fuori moltissime famiglie.
Sarà un Natale carico di dolore nelle oltre mille famiglie che nel 2009 hanno visto un loro familiare morire sul posto di lavoro.
Sarà un Natale triste e mesto nelle migliaia di famiglie che la speculazione finanziaria ed industriale ha lasciato senza un lavoro, togliendo la speranza anche per il 2010.
In questi ultimi giorni le cronache sono state interessate dai disagi per la neve che ha bloccato i trasporti. Treni, aeroporti e autostrade bloccate che hanno ritardato molte partenze per le vacanze e moltissimi rientri a casa di chi abita, per studio o per lavoro, lontano dalla famiglia. Per moltissimi, che forse il Natale neanche ricordano cosa sia, questo gelo (che tanto allieta i volti dei bambini coperti e protetti nelle case e nelle scuole) ha già significato la morte. Nella frenesia dello shopping, nel luccicare degli addobbi stradali non ci siamo accorti, abbiamo tralasciato e in alcuni casi anche calpestato, fratelli e sorelle che vivono ai margini, al limitar delle strade. Persone che le vicende della vita hanno sbalzato via dalla società, costringendoli agli stenti, alla fame e alla miseria.
Mentre ci prepariamo al cenone natalizio ricordiamo che esistono anche loro.
Così come esistono gli anziani, spesso lasciati soli e abbandonati in ospedali e 'ospizi' vari perché disturbano la festa. E' Natale questo?
E il lusso delle nostre tavole, l'immensa mole di cibo che finirà nella spazzatura, ci venga a nausea. Una nausea che ci sconvolga lo stomaco, al solo pensiero che per milioni di persone, nei sotterranei della storia, la spazzatura è l'unica fonte di sostentamento. Si alzano la mattina e non sanno se la fame e la miseria permetterà loro di giungere a sera.
Maria e Giuseppe rifiutati da tutti gli alberghi, e poche settimane dopo la nascita di Gesù costretti a fuggire clandestinamente in Egitto, ci facciano sentire il cuore duro come macigno nel momento in cui le nostre coscienze non vengono smosse dal fratello rifiutato, da coloro che chiedono dignità e vita e trovano filo spinato, botte, violenze, stupri, muri invalicabili.
Il coraggio di Giuseppe, che accetta in casa Maria senza spaventarsi di cosa sarebbe potuto accadere, ci faccia sentire fino in fondo il peso dell'ipocrisia, del perbenismo, della condanna moralistica e arrogante con la quale vengono segnate persone e vite.
Il sorriso del bambino nella culla ci stringa il cuore, perché molti bambini non sorrideranno la notte di Natale. Ci salga una vergogna immensa mentre doniamo giocattoli ai bambini delle nostre famiglie e dei nostri amici, se non ci siamo domandati (e nulla abbiamo fatto di conseguenza) la provenienza di quegli oggetti. Che, per far divertire alcuni bambini, possono essere lacrime e sangue dello sfruttamento di migliaia di loro coetanei.
Le tenere braccia del Bambino non ci faccia mai, mai e poi mai dimenticare che molte mani strigono un fucile o si tendono verso la loro Madre in cerca di un cibo che non avranno mai. Braccia che saranno crocifisse, nella morte di quel bambino. Mentre nelle nostre calde ed accoglienti case si festeggierà il Natale, in migliaia di fredde celle qualcuno conterà le ore, i giorni, le settimane con angoscia, in attesa dell'ultimo giorno.
Il presepe in plastica e legno non sostituisca la realtà della vita.
La culla del Bambinello non sostituisca le culle vere.
E allora, vi auguro che non sia un Natale vuoto e cieco!
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