Proposta choc di Francesca Albanese per salvare Gaza, ieri a La Sapienza di Roma
Un unico filo conduttore percorreva tutte le risposte di Albanese: bisogna sì farsi sentire per Gaza, nonostante tutti gli ostacoli che possa frapporre l’Università; bisogna sì boicottare gli accordi già stipulati dall’Università con Israele e rifiutare di collaborare a futuri progetti di ricerca a fini militari o dual use. In una parola, bisogna sempre e ovunque “fare la cosa giusta”, ha insistito la giurista italiana – anche se una determinata azione possa sembrare velleitaria. “Alla fine, qualcosa cambierà. E mentre lottiamo, i palestinesi ci vedranno e ci sentiranno vicini.”
Certo, ha aggiunto poi la Relatrice speciale, i governi hanno la responsabilità primaria, la cosiddetta Responsabilità di proteggere o R2P. Si tratta della dottrina che giustifica anche l’intervento militare di uno Stato per fermare i crimini contro l’umanità commessi da un altro Stato, in particolare il genocidio e la pulizia etnica – da cui un ipotetico intervento della Marina italiana a Gaza. Purtroppo, ha osservato Albanese con rammarico, Israele sta commettendo sia il genocidio che la pulizia etnica davanti ai nostri occhi, eppure gli Stati terzi rimangono inerti, limitandosi a condanne verbali senza conseguenze. Ecco perché è sempre più importante che i cittadini reagiscano. Qualsiasi tentativo di contestazione o di boicottaggio, comunque vada, richiama i governi alle loro responsabilità.
Molti degli studenti e dei docenti intervenuti all’incontro hanno fatto presente la difficoltà di mettere questi lodevoli principi in pratica. Un ricercatore ha spiegato come, all’Università, la libertà di ricerca è soltanto teorica; nei fatti, solo i progetti di ricerca funzionali al sistema vengono lautamente finanziati. Naturalmente, sì è sempre liberi di condurre progetti di ricerca al di fuori di quelli che interessano i professori-baroni – ma saranno sempre definanziati e, inoltre, condanneranno il ricercatore a non fare mai carriera nell’Università.
“Tutto ciò è vero,” ha risposto Albanese, “nell’università c’è una frammentazione e una precarizzazione – funzionalI al potere – che rendono difficili le contestazioni. Ma la sfida è quella.”
Per quanto riguarda gli insegnamenti offerti dalle Università ai loro studenti, ha aggiunto Albanese, questi corsi tendono “a normalizzare e a legittimare” le narrative dominanti. Viene subito in mente, ad esempio, il colonialismo insegnato come fenomeno del passato mentre quello israeliano attuale raramente viene fatto oggetto di studio: eppure oggi esso viene imposto con devastante crudeltà ad intere popolazioni, le quali vengono spostate con la violenza per consentire a Israele di accaparrarsi le loro terre e di estrarre guadagno a proprio beneficio e a quello dei suoi “facilitatori” (le grandi aziende ma anche il sistema universitario).
Comunque, negli atenei israeliani, ha detto la giurista italiana, la situazione è addirittura peggiore di quella riscontrata in Europa: viene insegnata una storia che cancella quasi totalmente i palestinesi e i loro diritti. “E’ significativo”, ha aggiunto Albanese, che nessuna università israeliana abbia mai condannato la distruzione totale, da parte dell’IDF, delle università nei territori palestinesi – tutte e undici.” Come se non fossero mai esistite e non dovessero esistere.
Nelle sue conclusioni, Albanese ha esortato i presenti a non lasciarsi intimidire dagli epiteti denigratori ai quali, se lottano per la Palestina, andranno sicuramente incontro. “Vi chiameranno antisemiti ma è soltanto un modo per privarvi del diritto alla parola. E vi chiameranno terroristi per impedirvi di agire.” Non bisogna accettare queste etichette, Albanese ha aggiunto. Com’è deprecabile essere antisemita (ovvero, ostili agli ebrei in quanto ebrei), è più che legittimo e giusto essere antisionisti, cioè, essere contrari all’ideologia politica chiamata sionismo, usata per giustificare il colonialismo israeliano. E’ anche legittimo e giusto lottare con determinazione contro il diffondersi del sionismo, usando ogni mezzo pacifico. Ciò non va chiamato terrorismo bensì anticolonialismo, un valore sancito dall’ONU.
Una studentessa è poi intervenuta per ringraziare Francesca Albanese per la sua grandissima disponibilità e per ricordare l’appuntamento successivo: domenica 7 settembre alle ore 19 ci sarà una fiaccolata a Roma da piazza Vittorio fino alla Piramide per sostenere la Global Sumud Flotilla.
https://www.ohchr.org/sites/default/files/documents/hrbodies/hrcouncil/sessions-regular/session59/advance-version/a-hrc-59-23-aev.pdf
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