Allarme ambiente, la reale situazione a Taranto
Gentilissimo Direttore,
è nota la sua sensibilità per tutto ciò che Taranto sta subendo in campo ambientale e mi permetto di tornare ancora una volta sui problemi di tutela dell’ambiente e di variazioni climatiche che, nelle nostre particolari condizioni, richiederebbero approfondimenti non solo scientifici. Semplificando si può dire che un quarto delle terre del pianeta è ormai minacciato dalla desertificazione. E’ questo uno dei risultati dell’aumento della temperatura media del pianeta, dovuto all’azione dei gas serra. Si tratta di un fenomeno che sta interessando il bacino del Mediterraneo e la nostra penisola già sta subendo i primi catastrofici effetti.
In Europa circa il 7 per cento dei terreni è costituito da terre aride e molti terreni agricoli sono interessati da un processo di salinizzazione a cui seguirà la desertificazione. A tutto questo bisogna aggiungere i danni provocati dagli incendi che distruggono ogni estate migliaia di ettari di foreste e macchia mediterranea in Italia. Le ondate di calore, dovute all’anticiclone africano che troppo spesso prende il sopravvento su quello atlantico delle Azzorre, provocano disagi fisici alle persone e sofferenze al sistema elettrico nazionale, già utilizzato al massimo e che mal sopporta il carico di energia richiesto per raffreddare gli ambienti di vita. Ci stiamo avvicinando ad infrangere tutti i record di consumi elettrici e presto si toccheranno i 60 megawatt. A fonti di energia come stiamo? Male! I nostri fornitori di energia elettrica sono: la Francia, la Svizzera, l’Austria, la Slovenia ed anche la Grecia. Le fonti dell’Italia sono: 17,8% Idroelettrica, 1,7% Eolica-Fotovoltaica-Geotermoelettrica, 15,8% Estero, 64,7% Termoelettrica.
Siamo consapevoli che ancora oggi non esiste una politica sulle emergenze in campo energetico e nulla si sta facendo per risolvere gli inevitabili black-out che dovremo subire in futuro.
Se poi consideriamo il problema della siccità, i quadri nazionale e locale diventano preoccupanti. Nel 2002 furono persi i fondi europei per le reti idriche e l’irrigazione. Furono stanziati circa 10 milioni di euro per la sperimentazione dell’inseminazione delle nuvole con lo ioduro d’argento che serve per creare nuclei di condensazione delle particelle d’acqua e forse il 40% in più di pioggia. Si parlò anche di dissalatori e sulla loro convenienza rispetto all’inseminazione artificiale delle nuvole poiché con 10 milioni di euro si sarebbero garantiti 50 milioni di metri cubi di acqua, pari al fabbisogno annuo di circa 250 mila persone. Cosa è stato fatto?
Siamo nella calda estate del 2007 ma nulla è mutato! Anzi la situazione è peggiorata e con la riapertura dei pozzi da parte dell’acquedotto, per far fronte all’emergenza idrica a Taranto, ci si troverà ad utilizzare acqua con percentuali di sale e di ammoniaca fuori dai valori consentiti dalla legge e che provocherà danni all’ag ricoltura. Il patrimonio idrico sotterraneo della Puglia è di oltre due milioni di metri cubi e l’emergenza va affrontata con un utilizzo razionale di questa risorsa, cioè delegando ai geologi il controllo delle estrazioni per la tutela del territorio e dell’ambiente
Le politiche sull’ambiente a Taranto sono finora risultate fallimentari. L’aria , l’acqua , il suolo hanno un livello di inquinamento che non ha pari in Italia e a nulla servono i falsi ottimismi e le verità non dette. La situazione reale a Taranto è preoccupante e conosciuta in parte. Un esempio potrebbe essere quello dei siti da bonificare - la discarica all’interno dello stabilimento Cementir, utilizzata dall’Ilva ed il capannone della Cemerad, tra Taranto e Statte, contenente fusti con rifiuti radioattivi – che tanto scalpore fecero qualche anno fa.
Cosa è stato fatto? Forse mi è sfuggito qualcosa ma sono troppe le domande a cui non sono state date risposte! La gente di Taranto è ormai sensibile a tutto ciò che è fonte di inquinamento e che mette a repentaglio la salute. Ha il diritto di conoscere come le politiche locali e nazionali si sono mosse e si stanno movendo per aiutare la città di Taranto ad uscire da queste emergenze. Ormai siamo fuori dai margini di sicurezza ambientale e l’auspicio è quello di ritrovare il buonsenso e la voglia di venire fuori da questo pericoloso pantano. Le potenzialità e le tecnologie ci sono e la gente è disposta a sopportare ulteriori sacrifici per un migliore nostro futuro ma ad una sola condizione: essere costantemente informata! Lei Direttore continui ad informarci, non ci abbandoni! Grazie e speriamo in tempi migliori.
Vincenzo Popio
Dr. in Scienze Marine e Ambientali
Taranto
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Caro direttore
ho letto con interesse sul Corriere del 22/07/2007, a firma Luisa Campatelli l’articolo relativo al rapporto sbilanciato tra Ilva e la città di Taranto. La vostra brava giornalista in un articolo che onestamente meritava la 1ª pagina ha tratteggiato con grande autonomia e indipendenza di pensiero lo scarso coraggio del potere politico nell’alzare il prezzo da chiedere a Riva. A mio parere l’articolo può costituire un punto di partenza forte per un serio dibattito sul significato, il senso, e la convenienza che l’Ilva può ancora avere per Taranto. Un dato probabilmente prossimo al vero fa risalire a non più di 5/6mila unità i tarantini effettivamente impiegati all’Ilva. Beh salvaguardando il sacrosanto diritto al lavoro dei nostri concittadini nonchè degli altri operai impiegati si potrebbe pensare a una chiusura dell’Ilva nell’arco dei prossimi 10 anni.
E’ una scelta che Napoli ha fatto e che non ha provocato alcun dramma. E’ una scelta di coraggio per la quale è necessaria una classe politica che sappia guardare un po’ oltre e, lasciatemelo dire, anche dei giornalisti più liberi proprio come la Campatelli ha dimostrato di essere. Il prezzo che Taranto sin’ora ha pagato all’Ilva è stato troppo alto, in morti e qualità della vita, intesa come salute, deteriorata, per continuare a rapportarsi all’Ilva in questa maniera che da sbilanciata come è adesso diventerebbe definitivamente perdente.
Enzo Mastromarino
Taranto
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