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Dal 1998 L'Eni è riuscita a spuntare un favorevolissimo accordo con la Regione Basilicata di durata ventennale per lo sfruttamento dei giacimenti lucani

Petrolio: “ L'olio nero continua ad ammaliare i cugini lucani ”

Proprio quando i comitati e i cittadini lucani hanno cominciato a dissentire - facendo fronte comune - sulla possibilità di assistere all’ennesima opera di ricerca e perforazioni petrolifere nella nostra regione segnalando gravi carenze informative e di continuità circa la rilevazione dei dati del monitoraggio ambientale in Val d’Agri...
1 novembre 2007
Pietro Dommarco (Coordinatore OLA - Organizzazione Lucana Ambientalista)

- Previsto nel Protocollo di Intenti Eni-Regione del 1999 - ha avuto inizio sui mass media locali una sorta di “sciame mediatico” alquanto fastidioso e dissonante. Ad aprire le danze rituali di difesa dell’”ape regina”, ci hanno pensato alcuni assessori regionali, sponsorizzando qua e là poli di ricerca, opere architettoniche suggestive e progetti di sostenibilità ambientale, sulla falsa riga della meticolosa vita di ogni buon alveare dove “[…] le operaie provvedono alla conservazione del miele, le opercolatrici sigillano gli alveoli dov’è custodito il tesoro e le amazzoni del corpo di guardia sorvegliano giorno e notte che l’alveare sia al sicuro, controllando la soglia […]”. (La Vita delle Api - Maurice Maeterlinck).

Gli interventi hanno riaperto antiche ma sempre attuali discussioni circa la compatibilità tra petrolio e parco, tra sfruttamento e tutela. Nelle opere sussidiarie propinateci a mezzo stampa si parla di nuovi “polmoni verdi” e di aree per migliorare la vivibilità dei centri urbani, creati grazie ai progetti di compensazione ambientale finanziati dall’accordo fra Eni e Regione. Stiamo parlando di 5.681.025 €.

Le opere programmate interessano i territori dei 30 comuni sui quali ricadono i pozzi petroliferi ed avranno il compito di ridurre gli impatti delle attività di produzione di idrocarburi sulla biodiversità, di migliorare i boschi esistenti, di favorire la creazione e l’adeguamento di infrastrutture per rendere fruibile il bosco dal punto di vista turistico e ricreativo. Nel merito, l’assessore regionale all’Ambiente, Santochirico, afferma che “La presenza di efficienti sistemi forestali nelle adiacenze delle aree di estrazione, con il suo 'effetto-filtro' riduce i gas e le polveri prodotti dalla combustione […]”.

Meno male che non si sia pensato a ritinteggiare le trivelle di verde per ammortizzare l’impatto visivo. Potremmo essere d’accordo con lo scenario ipotizzato dall’assessore, se considerassimo l’operazione “più pozzi = più alberi” una lineare equazione matematica, al di là del tempo e dello spazio, sperimentata in vitro senza condizionamenti esterni. Ma, purtroppo, siamo di fronte ad opere invasive che hanno il carattere dell’irreversibilità e dove il tempo è un dato reale e certamente considerabile.

Il nostro ecosistema, soggetto per anni a sollecitazioni disarmoniche è stato privato dell’equilibrio ambientale ed ogni intervento conseguente, come ad esempio un possibile rimboschimento, per avere il citato effetto-filtro - rivolto a ristabilire un certo equilibrio - necessita di passaggi quasi epocali indispensabili per mirare al soddisfacimento del concetto di sostenibilità ambientale, che vuole delle generazioni future le destinatarie della complessiva vivibilità.

Invece, stiamo assistendo ad un puro esercizio contraddittorio; basti pensare che mentre “oggi” si parla di far aumentare la densità boschiva regionale, “ieri” si sono autorizzati tagli e contro-tagli in virtù dei piani di assestamento forestale. E poi in questi anni - diciamola tutta - la Basilicata ha dato tanto in termini di compensazione ambientale rappresentando un contributo importante per l’intero fabbisogno energetico nazionale derivanti da fonti fossili, ottenendo in cambio il solito “piatto di lenticchie”, perentoriamente entrato a tutti gli effetti nella cucina tipica lucana.

Anche perché - è bene ricordarlo - i risvolti occupazionali derivanti dalle attività estrattive sono esigui, dato il loro alto contenuto tecnologico (pochi i lucani, pochi presso i pozzi, pochi gli addetti diretti presso i due Centri Oli di Viggiano e Corleto Perticara ed, infine, i “bisonti del petrolio” stanno per essere sostituiti del tutto dai tubi degli oleodotti).

Se gli obiettivi sono quelli della compensazione ambientale in nome della sostenibilità, perché non puntare allora all’investimento delle royalties nelle fonti rinnovabili e nel risparmio energetico? Il solare termico ed il fotovoltaico, assieme al risparmio energetico, potrebbero essere le soluzioni, considerando anche che il nostro “motore eolico regionale”, tra il ridisegno del Piano Energetico e i sequestri della magistratura a iosa si è inceppato.

Oppure, avvalendosi dell’Art. 15 della Legge 394/91, perché non si incentivano i comuni interessati a non effettuare disboscamenti? Intanto, l’assessore Santochirico - intervenuto nuovamente sulla stampa - rassicura tutti sia sui permessi di ricerca richiesti dalla Shell sia sull’istituzione del Parco dell’Appennino Lucano-Val d’Agri Lagonegrese, i cui ritardi rientrano in una tempistica normale: 15 anni! Ritardi normali, solo se adottassimo come metro di paragone la realizzazione e l’adeguamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria.

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