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Diffidenza, vincoli, opportunità: il bilancio resta magro. Giacovelli: con poche risorse non si fanno miracoli

Parco delle Gravine: storia di un mancato decollo

Marinella Marescotti: "e' mancato un lavoro di concertazione per definire un piano di maturazione del territorio e le modalità attraverso cui le aziende devono organizzarsi; il Parco è un’opportunità, non è solo vincolistica”.
16 dicembre 2007
Fonte: Corriere del Giorno

La primavera del mandorlo delle gravine A due anni dall’istituzione del Parco Terra delle Gravine, cosa si è fatto e cosa si deve ancora fare.

Questo il tema dell’incontrodibattito a più voci, per fare il punto della situazione, organizzato dal Coordinamento provinciale per il Parco delle Gravine e moderato dal giornalista Tito Manlio Altomare, che si è tenuto venerdì sera, presso l’Appia Palace Hotel, alla presenza di rappresentanti di associazioni di agricoltori, allevatori e di associazioni ambientaliste.

Al tavolo dei relatori, Pietro Giacovelli, assessore provinciale alle Aree Protette, Giovanni Cappiello, direttore dell’associazione provinciale allevatori, Francesco Catapano, vicepresidente regionale della Cia Puglia, Marinella Marescotti, del Coordinamento provinciale per il Parco “Terra delle Gravine”. Il moderatore ha subito focalizzato il problema, quello della “lunga gestazione del Parco e del mancato decollo, una volta che il Parco è nato”.

La Marescotti, dopo aver sottolineato l’importanza di “improntare tutte le iniziative alla salvaguardia e alla valorizzazione delle identità locali, in modo da diventare portatori di interessi per una forma di sviluppo duratura, basata sulla connotazione del territorio”, si è soffermata su un articolo della legge regionale che “riconosce alle imprese agricole e zootecniche, il ruolo di guardiane del Parco, in un periodo di crisi congiunturale”. Di qui, la necessità di “un lavoro di concertazione per definire un piano di maturazione del territorio e le modalità attraverso cui le aziende possono organizzarsi”.

Concertazione che, secondo la relatrice, è mancata nei due anni dalla istituzione dell’area protetta e che è fondamentale per “far capire che il Parco è un’opportunità, non è solo vincolistica”.

Dunque, per ripartire a abbandonare la fase di stallo, secondo quanto affermato dalla Marescotti, occorre “che si cominci di nuovo a parlare di Parco con progetti di lavoro”, ricorrendo a personale competente e ad una metodologia di lavoro, con il coinvolgimento delle popolazioni locali e con una politica di partecipazione attiva delle comunità alla sua gestione.

Cappiello, dopo aver delineato la situazione di “crisi di identità” attraversata dal mondo agricolo e zootecnico e di “isolamento e difficoltà delle aziende”, ha indicato come strada da percorrere quella della “formazione” che permetta a chi opera nel settore di “creare occasioni nuove, trasformando e vendendo, ad esempio, i prodotti invece di limitarsi alla fase della produzione”.

Nel corso dell’incontro, più volte, è stata sottolineato il mancato funzionamento del Parco, la diffusa diffidenza, il fatto che non venga visto come una risorsa. A dimostrazione di ciò, le numerose domande di esclusione dall’area protetta. Anche Catapano ha parlato di “mancanza di pianificazione e concertazione”.

“Non c’è stata nessuna riunione, a livello provinciale e regionale, per discutere sulla costituzione e sullo sviluppo del Parco. Non c’è un solo cartello che indichi l’entrata nell’area protetta, non c’è un progetto di identificazione della gente con il Parco”. Il vicepresidente regionale della Cia ha evidenziato lo stretto collegamento tra Parco, agricoltura e turismo, la necessità di sviluppare l’agriturismo, di promuovere la spesa nell’area protetta e di affidare agli agricoltori le attività di sportello.

La parola è passata allora all’assessore Giacovelli che ha subito tenuto a precisare: “Non si è partiti male. I risultati acquisiti sul Parco delle Gravine sono estremamente positivi. In questi due anni, come ente di gestione provvisorio, non potevamo fare miracoli. Non sono sufficienti due anni per passare da un territorio, in cui era diffusa la diffidenza e la paura nei confronti di una novità, ad un territorio in grado di darsi in poco tempo strategie diverse e innovative”.

“Occorreva impegnarsi – ha continuato – in un’operazione che permetteva al territorio di misurarsi con questa nuova realtà, un’opera di sensibilizzazione per far maturare un’identità del Parco. I risultati raggiunti in questo senso sono straordinari”.

Giacovelli ha fornito esempio di privati che avevano avanzato la domanda di esclusione dall’area protetta e che si stanno ricredendo e ha sottolineato che anche i cacciatori, nonostante continuino a lamentare alcuni problemi quali la tabellazione, stiano cambiando atteggiamento, in quanto “si stanno rendendo conto che il Parco può rappresentare un luogo in cui c’è la riproduzione della cacciagione”.

“Quando si va ad istituire un Parco – ha poi spiegato l’assessore provinciale – un obiettivo importante è quello di disporre di un organico che permetta di organizzare tutto ciò che è necessario. Dobbiamo misurarci con le risorse minime di cui disponiamo e con gli obiettivi massimi che ci poniamo. Occorre progettualità. Ci sono le risorse e bisogna capire come utilizzarle. Nel mese di gennaio, andrà istituita la Consulta del Parco, con compiti propositivi e consultivi. Ci servirà un tavolo di concertazione per avviare una programmazione persino economica”.

Si è poi aperto il dibattito. Tante le questioni discusse, tra le quali: il coinvolgimento dei Comuni e la necessità che si mettano in rete, l’opportunità di incamerare i finanziamenti europei 2007-2013, l’avvio di una campagna di comunicazione nelle scuole, e i casi di “multe”

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