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Taranto, è allarme inquinamento. Anchei bovini contaminati

Dopo le pecore alla diossina ora tocca alle mucche e anche ai vitelli da latte
29 luglio 2010
Fulvio Colucci
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno - 29 luglio 2010

Sembra quasi una maledizione biblica, ma dopo le pecore alla diossina ora tocca alle mucche e anche ai vitelli da latte - secondo un’analisi scientifica - portare nel corpo come «stimmate» i tragici segni dell’inquinamento. Anche se, proprio ieri, dall’Arpa e dall’Asl ionica sono giunte alcune precisazioni che ridimensionano l’allarme.

I fatti. Lunedì pomeriggio è rimbalzata dalle pagine della rivista scientifica «Folia Histochimica et Cytobiologica» la notizia secondo cui nei polmoni e nel fegato dei bovini nati e allevati in provincia di Taranto sono presenti metalli pesanti. Sostanze come carbonio, alluminio, silice, ferro e titanio hanno lesionato i loro organi. La scoperta è frutto del lavoro di studiosi del Dipartimento di Veterinaria dell’Università di Bari e di colleghi dell’Università Federico II di Napoli. La ricerca è italiana; ad illustrarla Anna Morelli, specializzanda in Ispezione degli alimenti di origine animale all’Università di Bari: «Gli animali presentavano lesioni a livello polmonare ed epatico dovute all’accumulo di metalli pesanti».

«Gli esami sui bovini - spiega - sono iniziati qualche anno fa dall’osservazione casuale di lesioni sospette negli animali, nel corso di un lavoro in alcuni mattatoi. Abbiamo quindi deciso di prendere in esame i bovini come specie sentinella per rilevare segni di rischio ambientale nell’area di Taranto».

L’analisi ha riguardato 183 bovini. Le ispezioni hanno dato risultati che attendono ancora la pubblicazione, ma Anna Morelli non esita a parlare di elementi «che fanno riflettere». Per esempio in 60 bovini è stata accertata la presenza «di lesioni marcate dovute a depositi di metalli pesanti a livello polmonare o linfonodale».

In un vitellino da latte di 4 mesi e mezzo «abbiamo notato - sottolinea ancora la dottoressa Anna Morelli - la presenza di metalli pesanti». I ricercatori, però, ritengono che le tracce degli inquinanti rilevate nel piccolo esemplare non possono essere considerate segno di una malattia come, invece, nel caso degli animali adulti vista «la differenza nei valori riscontrati nei bovini allevati all’interno della zona più vicina all’area industriale».

Lo studio sui bovini allevati in aree ad alto rischio d’inquinamento induce a una serie di riflessioni: «Può essere utile - sottolinea Anna Morelli - per stimare il pericolo di esposizione umana a contaminanti ambientali». La ricerca non si ferma e pare che il nuovo obiettivo ora sia quello di verificare la presenza di metalli pesanti anche nel corpo di altri animali presenti nella zona industriale tarantina. Bovini al pascolo

Come detto, però, nel pomeriggio di ieri è arrivata una «precisazione» congiunta di Arpa e Asl tarantina. Firmato dal direttore generale dell’Arpa Giorgio Assennato, dal direttore generale dell’Asl, Domenico Colasanto e dal direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Asl ionica, Michele Coversano, il comunicato spiega: «L’area di Taranto soffre di una condizione di inquinamento ambientale molto critica, ma quella ricerca non si occupa di metalli pesanti, bensì di alcuni metalli e di altri elementi non metallici la cui presenza è stata indagata su 183 campioni di linfonodi e polmoni di bovini genericamente definiti come provenienti dall’area di Taranto.

L’articolo pubblicato non può essere considerato in alcun modo - si legge nella nota di Arpa e Asl - un’indagine epidemiologica». Gli organismi scientifico-sanitari spiegano che questo non è possibile perché avrebbero dovuto essere selezionati soggetti «sani» e soggetti «malati», con una ricostruzione dell’esposizione ai fattori di rischio. Inoltre, secondo la nota, sui 183 campioni, solo 51, il 28 per cento del totale, hanno confermato la presenza di depositi di quei materiali. Infine dai risultati si evince «un modesto contenuto di ferro» riscontrato negli animali: «Le analisi condotte con la medesima metodica sulle polveri nel quartiere Tamburi - si legge ancora nel comunicato - hanno mostrato una presenza di questo metallo, come è ovvio data la contiguità con il più grande stabilimento siderurgico d’Europa».

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