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In un convegno Rifondazione ha passato sotto la lente il piano regionale

Energia: l’attacco del Prc

Rifondazione comunista passa sotto la lente la produzione di energia a Brescia e in Lombardia. E trova che la fusione di Asm-Aem in a2a risponde più alla logica del business che alle esigenze della gente.
20 gennaio 2008
Mimmo Varone
Fonte: Brescia Oggi

- Tra tutte, l’accusa che emerge dal seminario coordinato ieri dal segretario regionale Prc Alfio Nicotra nella Casa della Sinistra di via Cassala, è di puntare su una produzione energetica (e di altri servizi) che va oltre il fabbisogno regionale, con scarsa attenzione all’ambiente e con un sistema sempre più svincolato dal controllo pubblico.

Al centro dell’attenzione finisce soprattutto il Piano d’azione per l’energia (Pae) varato dalla Regione il 17 giugno dell’anno scorso che, nonostante una capacità delle centrali esistenti in grado di «soddisfare e persino superare il fabbisogno, permette ai produttori di continuare a presentare nuovi progetti», come dice il mantovano Matteo Gaddi.

RISPETTO AD A2A, il consigliere comunale Manlio Vicini esprime preoccupazione sul futuro controllo pubblico della società, a causa della necessità di ingrandirsi. E «c’è il rischio - aggiunge - che ponga nel suo orizzonte non tanto l’interesse dei cittadini e l’attenzione all’ambiente bensì i dividendi». E, sul modello tedesco, propone una «ripubblicizzazione della multiutility per centrarsi più fortemente sull’interesse della gente».
A puntare il dito contro la logica del profitto che sottende la produzione di energia elettrica in Lombardia è Marino Ruzzenenti (Cittadini per il riciclaggio di Brescia), che sottolinea la scarsa incidenza delle fonti energetiche rinnovabili. Dati alla mano, ricorda che il 41 per cento della produzione regionale viene da gas naturale, il 28.6 dall’importazione, il 7.9 dall’olio combustibile, l’1.7 dal carbone, lo 0.1 da gasolio e il 20.5 da fonti rinnovabili.

TRA QUESTE ULTIME, però la parte del leone la fa il sistema idroelettrico con il 17.8 per cento, mentre l’eolico è a un insignificante 0.0001 e il solare allo 0.004 per cento. E dentro c’è pure il 2.2 per cento prodotto dai 13 inceneritori regionali, con quello bresciano di via Codignole che vale tra un terzo e un quarto della produzione.

Produzione redditizia, perché Ruzzenenti valuta in circa 240 milioni di euro all’anno i contributi Cip 6 agli inceneritori lombardi per produrre quel 2 per cento o poco più, pari a 0.4 punti dell’energia consumata. Nel bilancio Asm del 2004 - nota Ruzzenenti - i contributi Cip 6 hanno valso oltre 55 milioni, saliti a 63,4 nel 2007. «Quante coibentazioni di edifici, piccole centraline idroelettriche, quanto solare termico si sarebbe potuto fare con quei soldi?», si chiede l’ambientalista bresciano.

Da parte sua, Gaddi nota nel Pae una certa correzione di tiro rispetto al Piano regionale del 2003, che prevedeva nuove centrali o ampliamenti delle esistenti per 6.100 MegaWatt in modo da ridurre il deficit dal 38 al 10 per cento. «Alla luce di nuovi dati - dice Gaddi -, il Pae 2007 stima che gli impianti installati oggi siano in grado di soddisfare il fabbisogno regionale, anche se la propensione dei produttori a presentare nuovi progetti, come ha fatto da ultimo Endesa a Ostiglia, non cambia».

LE AGGREGAZIONI societarie tipo Asm-Aem (ma anche Iride in Piemonte-Liguria ed Hera in Emilia Romagna) non aprono prospettive diverse. «In a2a i comuni di Brescia e Milano possiedono adesso il 55 per cento del capitale sociale - sottolinea Gaddi -, ma nello Statuto di a2a c’è scritto che potranno scendere sotto il 50 e allora all’elezione della governance si andrebbe con i voti di lista secondo Codice civile». E i privati potrebbero inseguire il business senza intralci.

MENO TENERO con il Pae è il consigliere regionale Osvaldo Squassina, tra gli intervenuti insieme al ricercatore Elio Montanari e al responsabile nazionale Prc Gianni Naggi. Squassina nota che il Pae «esiste per decisione della Giunta Formigoni, senza neanche passare dal Consiglio regionale», e nel merito sottolinea che «mentre l’Autorità per l’energia dice che la Lombardia non ha bisogno di altre centrali per il 2007-09, il Piano vuole superare il 22.4 per cento di deficit elettrico esistente tra produzione e consumi, con il rischio di aprire altre centrali termoelettriche».

Ma «avrebbero un effetto devastante - avverte - in una regione che produce 80 milioni di tonnellate di anidride carbonica, che doveva ridurre del 6.5 per cento e invece le ha aumentate del 15, con i risultato che dovrà comprare con i soldi dei contribuenti ‘quote blu’ per 12 milioni di tonnellate da paesi puliti».

Constatare come la logica del profitto orienti la produzione energetica lombarda e rischi di portarla a livelli eccessivi, tuttavia, significa pure constatare - nota il mantovano Gaddi - il tempo perso dalla sinistra «attaccata al mito dei municipi mentre si consolidano le aggregazioni e i beni comuni restano solo un lontano ricordo».

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