Conflitti

Israele e il fronte del Libano : ma Beirut non e' responsabile

Una posizione per qualcuno, "moderata", questa di Shorsh Surme, ma ugualmente interessante da riportare. E con un accenno di storia del "partito di Dio", gli Hezbollah.
18 luglio 2006
Shorsh Surme (Giornalista kurdo iracheno e direttore del sito www.panoramakurdo.it)

Come se non bastasse il conflitto israelo-palestinese che prosegue con le bombe e i razzi di al Qassam palestinesi da una parte e i carri armati Israeliani che entrano ed escono a Gaza dall'altra, il problema nucleare Iraniano che sta preoccupando tutta la comunità internazionale ed infine la drammatica e delicata situazione Irachena, ora si apre un altro fronte pericolosissimo, quello tra Libano e Israele.
Certo che la reazione israeliana è stata spropositata per liberare i suoi due soldati rapiti da parte dall'esercito di Hezbollah, il governo Libanese non poteva prevedere quello che avevano in mente i dirigenti del partiti di Dio nel sud del Llibano, anche perché gli Hezbollah - anche dopo il ritiro Israeliano dal sud del Libano nel 2000 dopo 30 anni d'occupazione - hanno continuato a provocare l'Israele sotto la spinta dell'Iran.
Per chi conosce la storia di questo partito, sa che la sua nascita coincise con il rientro dell'ayatollah Khomeini in Iran 1979 e che la maggior parte dei membri fondatori di Hezbollah hanno studiato nella città sante sciite di Najaf e Kebela nel sud dell'Iraq, e per loro il clero sciita Iraniano viene presa come punto di riferimento.
Nel 1984 cominciarono con le loro azioni militari contro Israele. Da allora i civili libanesi ed israeliani continuano a subire la sofferenza arrecata dagli scontri, desiderano la pace, ma gli attacchi gli hanno portato soltanto terrore e ostilità, e la pace è sempre più lontana.
Nel timore che nei prossimi giorni la sopravvivenza diventi difficile, se continueranno le azioni belliche - che da ieri non appartengono più soltanto allo scambio di messaggi minacciosi del linguaggio militare utilizzato a scopi politici - centinaia di civili, tanto a Beirut che in centri minori, si sono precipitati in negozi e magazzini a rifornirsi di generi di prima necessità, a cominciare dal pane, e nelle stazioni di servizio per farsi scorte di carburante.
Le immagini proposte da varie tv arabe, con cavalcavia, ponti e strade ridotti in macerie, contrastano con i visi sorridenti di miliziani Hezbollah che distribuiscono dolcetti e caramelle agli automobilisti per festeggiare le operazioni di ieri contro Israele, sventolando le loro bandiere gialle.
Sono anche queste testimonianze - che ignorano con ostentazione le devastazioni delle ultime ore - a rendere sempre più incerta la posizione del governo libanese e del suo primo ministro, Fuad Siniora, dall'anno scorso capo di un esecutivo che comprende ministri di quella formazione che gli israeliani vogliono isolare e mettere in grado di non nuocere, il Partito di Dio, largamente più noto con il nome arabo di Hezbollah.
Il premier può limitarsi solo a denunciare la sproporzione della risposta di Tel Aviv alle operazioni di ieri dei miliziani e a non riconoscere alcuna responsabilità di quanto avvenuto sin da ieri ad opera del partito di alcuni suoi compagni di governo.
Ora, la comunità Internazionale non dovrà perdere tempo per trovare una soluzione pacifica, perché la continuazione del conflitto non fa altro che dare la forza ai terroristi di agire non solo in Iraq ma in tutto il medio oriente, strumentalizzando la libertà del popolo palestinese o pure dei Musulmani del mondo.

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