Enrico Letta, Michele Santoro, Edward Luttwak e la guerra
Lettera di Enrico letta a Michele Santoro
Caro Michele,
nella tua lunga e appassionata lettera ho cercato, senza trovarla, una parola: "resistenza". Il valore fondante della nostra Repubblica, il segno distintivo della vicenda della sinistra in Italia.
La resistenza contro l’aggressore di un popolo che combatte casa per casa per la sua libertà. Che è anche la nostra libertà di cittadini italiani ed europei. Da un lato un esercito invasore, dall’altro un popolo invaso.
Io sto con quel popolo. E il Pd è e sarà sempre dalla parte dei popoli oppressi: dalla parte di Jan Palack proprio come te. Prima ancora, nel giudizio storico, contro i carri armati russi, a Budapest come a Praga, o sotto il muro di Berlino per festeggiare la ritrovata libertà.
Se per il popolo ucraino oggi oppresso - proprio ora sotto le bombe e i missili - c’è anche solo una possibilità di negoziato, lo si deve a un atto di resistenza fiera e senza compromesso. Lo si deve alla ribellione di chi non si consegna, non si arrende, non si inginocchia. Chi siamo noi per dire loro di inginocchiarsi? La lista degli errori dell'Occidente non può essere un argomento sufficiente per persuaderli alla resa.
E non possiamo nemmeno negare che se Zelensky si fosse arreso, con la nostra colpevole inerzia sullo sfondo, oggi non ci sarebbero né un tavolo delle trattative, né forse una parvenza di speranza per il futuro della democrazia.
Del resto, non solo in Ucraina ma anche in Polonia, a Vilnius o a Praga, a Stoccolma o Helsinki, non ci sono processi alla Nato, ma appelli alla protezione della Nato e dell'Europa.
Un'Europa che peraltro ha avuto una reazione ferma, intransigente, finalmente degna.
Dici che non esiste, l'Europa. Io dico che esiste eccome e che anzi sta dimostrando, come diceva Jean Monnet, di trovare dentro la crisi le ragioni più profonde della propria unità. È accaduto con la pandemia, con un piano di ricostruzione finanziato con debito comune. Accade oggi, con la guerra. Questo sono le sanzioni. Questo è il sostegno alla resistenza ucraina. Questo è il sì, finalmente senza ambiguità, all'accoglienza di milioni di profughi. Questa è anche, per inciso, la reazione ferma e unitaria agli accenti troppo marcati di Biden sul cambio di regime, che in tanti in Europa abbiamo stigmatizzato, me compreso.
Atti politici inequivocabili coi quali a Putin diciamo che non si cede ai ricatti.
Se abbiamo fatto errori in passato, il primo è nell'aver sottovalutato per anni la natura di Putin e dopo il 2014 l'aggressività di un regime che invadeva Paesi sovrani, soffocava il dissenso e violentava la verità.
A proposito di verità: bisogna dire con chiarezza quanto pervasiva sia stata per anni e anni in Occidente la propaganda di Putin. Davvero avvaloriamo una par condicio delle fonti che mette sullo stesso piano la Tass e Reuters? Sputnik e Le Monde o il Guardian? L'ultimo dei media occidentali ha una credibilità infinitamente più alta di quelli che sono solo portavoce di Putin nella propaganda di Stato.
E a proposito di pluralismo: in Russia c’è un regime che i giornalisti li ammazza e i dissidenti li incarcera; l’Italia è certamente il Paese europeo dove più intenso è il dibattito e dove le voci critiche rispetto alle scelte del governo hanno più spazio rispetto a quelle favorevoli.
L’idea che ci sia qui da noi un tentativo di oscurantismo nei media, per di più avallato o alimentato da Pd, è falsa e inaccettabile. Perché un conto sono le posizioni sull’invasione della Russia, sulle quali continueremo a confrontarci, un conto il presunto soffocamento delle voci “libere”. Che in verità sono squillantissime su tutti i nostri media.
Per quanto ci riguarda l'indignazione, più che un maccartismo immaginario, la continueremo a riservare a un’aggressione che in una notte, tra il 23 e il 24 febbraio scorsi, ha portato milioni di ucraini a non svegliarsi più in casa propria. Che ha causato la morte di migliaia di civili ucraini e di migliaia di giovani militari russi. Persone che hanno terminato la propria esistenza per colpa, prima di tutto, dell’imperialismo di Vladimir Putin e del suo regime.
Michele Santoro esprime il suo punto di vista sulla guerra
"Va in giro a dire che la guerra è una bella cosa"
"Edward Luttwak va in giro a dire che la guerra è una bella cosa. E' un pazzo furioso. Bisognerebbe impedirgli di parlare con un'accusa grave, quella di istigazione alla violenza". E' quanto ha dichiarato all'Adnkronos il regista e attore Moni Ovadia. "Forse lui durante la guerra si sarà divertito - ha proseguito Moni Ovadia - Ma come si fa ad affermare che in fondo la guerra è soltanto un po' di distruzione, un po' di morti e che poi si ricostruisce tutto con più energia. E 80 anni di pace non sono un'anomalia per l'Europa - ha aggiunto il direttore della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara - Dovrebbe invece essere la regola. Dovremmo contrastare questo clima ed essere solidali con tutti sempre avendo nel cuore, lo ripeto, la pace e non la guerra".
Articoli correlati
- Tempi duri in Ucraina per i renitenti alla leva
Testimone di Geova in carcere a Kiev per obiezione di coscienza al servizio militare
Oggi il testimone di Geova Volodymyr Baranov è stato posto in detenzione preventiva dal tribunale distrettuale Darnitsky di Kiev, giudice Olha Prosalova.10 gennaio 2025 - Yurii Sheliazenkho - Una nuova puntata da Odessa dell'inviato Mauro Zanella
Rogo della Casa dei Sindacati, la memoria rimossa di Odessa
Odessa era sempre stata una città cosmopolita e multietnica. Poi arrivò la lunga onda della rivolta di piazza Maidan a Kiev.8 gennaio 2025 - Mauro Carlo Zanella - La petizione è stata redatta ai sensi dell’articolo 50 della Costituzione
Stop invio nuove armi italiane in Ucraina
Oggi 34 esponenti della cultura, della società civile e del movimento pacifista presentano una petizione al Parlamento contro il nuovo decreto per invio di armi italiane in Ucraina. Primi firmatari monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi, e Alex Zanotelli, missionario comboniano8 gennaio 2025 - Redazione PeaceLink - Il caso delle diserzioni nella 155ª Brigata meccanizzata «Anna di Kiev»
Ucraina, il fallimento dell'accanimento guerrafondaio di Macron
Già durante l'addestramento in Francia, 50 soldati avevano disertato. Rientrati in Ucraina, le cifre sono cresciute in modo esponenziale: altri 1.700 uomini hanno disertato, abbandonando la brigata. Arrivati a Pokrovsk, nel Donbass, quelli che non hanno disertato sono stati mandati a morire.3 gennaio 2025 - Alessandro Marescotti
Sociale.network