Missione africana per la pace in Ucraina mentre la guerra diventa sempre più feroce
Si chiama Cammino verso la pace la missione dei capi di Stato africani – e dell’Unione africana – che in questi giorni si recano a Kiev e a San Pietroburgo per presentare un piano ai presidenti dei due paesi, Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin.
I capi di Stato coinvolti sono Cyril Ramaphosa del Sudafrica, Azali Assoumani dell’Unione delle Comore, presidente di turno dell’Unione africana, Denis Sassou Nguesso della Repubblica del Congo (Brazzaville), Yoweri Museveni dell’Uganda, Macky Sall del Senegal, Hakainde Hichilema dello Zambia. Dovrebbe partecipare, per il Nordafrica, il Abdel Fattah al-Sisi.
La notizia – significativamente ripresa da Vatican News – viene dalla Brazzaville Foundation. Questa organizzazione, che ha favorito importanti incontri diplomatici preparatori e accompagna i capi di Stato nella missione negoziale, promuove e sostiene iniziative africane per la pace e lo sviluppo sostenibile. Il suo motto è «far discutere gli irreconciliabili».
Le conseguenze del conflitto fra Russia e Ucraina colpiscono in modo particolare io continente africano. Inflazione, rotture di approvvigionamenti in campo agricolo, effetti delle sanzioni occidentali che mirano a isolare la Russia. Così, nel mondo multipolare, i paesi africani – non certo alieni da conflitti interni – sono fra i più attivi nel cercare una via d’uscita con la mediazione.
Non da oggi. Nel giugno 2022, all’indomani dell’incontro, a Sochi, fra il senegalese Macky Sall (all’epoca presidente di turno dell’Unione africana) e Putin, si è avviato un percorso. Una delegazione della Fondazione, formata fra l’altro da ex presidenti africani, ha in seguito effettuato visite nelle due capitali in guerra, per discussioni con rappresentanti diplomatici. Il lavoro è andato avanti ad Addis Abeba nel febbraio 2023, a margine del vertice dell’Unione africana. Là si è creato un pool negoziale.
Consultati, il governo russo e ucraino hanno espresso disponibilità all’ascolto. Così la Fondazione Brazzaville è andata avanti con i suoi incontri, fra il 22 maggio e il 5 giugno, a Mosca, Kiev e in sei paesi africani, in vista della «Road to peace».
Secondo il Jornal de Angola, il presidente sudafricano Ramaphosa ha avuto una conversazione telefonica con il presidente Putin sulla missione di pace dei leader africani (oltre che sul vertice Russia-Africa, che si terrà a fine luglio a San Pietroburgo).
Insomma dal Sud globale si susseguono i piani di pace. Nei mesi scorsi, oltre all’iniziativa africana ci sono stati il piano cinese, la proposta dell’Indonesia, il tentativo del Brasile. Un ruolo, questo dei non allineati (più la Cina), finora senza successo, ma salutato da parte dei movimenti per la pace occidentali i quali sembrano, al solito, non ottenere nulla dai governi dei loro paesi, impegnati coralmente in uno strenuo invio di armi e nella mano tesa a Kiev per il suo ingresso non solo nella Ue ma nella Nato: proprio una delle ipotesi che ha contribuito alla guerra.
In compenso, il presidente del Portogallo (Stato membro della Nato), in visita in Sudafrica, ha salutato il ruolo del presidente Ramaphosa impegnato nella missione africana per la pace, affermando che questo «è ciò che in sostanza tutti vogliamo: che ci sia pace e sicurezza, che è europea, ma anche globale». Delega o parole vuote?
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